Sulla scia di 12 Anni Schiavo, arriva nelle sale italiane The Birth of a Nation, esordio dietro la macchina da presa di Nate Parker presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2016, dove è stato premiato con il Premio del Pubblico e con il Gran Premio della Giuria.
Parker, che del film è anche sceneggiatore e interprete, concepisce un’opera solenne che non glorifica come il controverso film muto del 1915 di David Wark Griffith a cui il titolo fa ironicamente e provocatoriamente riferimento, ma piuttosto accusa e stigmatizza, raccontando con lucidità ed estremo coinvolgimento una delle pagine più sanguinose della storia americana.
Ambientato nella Virginia del 1831, il film racconta la storia di Nat Turner (interpretato da Parker), uno schiavo istruito il cui padrone in difficoltà economiche, Samuel Turner (interpretato da Armie Hammer), sfrutta la sua abilità come predicatore per sottomettere gli schiavi ribelli e tenere così a bada ogni loro volontà di insubordinazione. Dopo essere stato testimone di innumerevoli atrocità, Nat guiderà un movimento di liberazione per condurre alla salvezza la comunità degli schiavi neri della Contea di Southampton, movimento che si tradurrà in una violenta e furente rivolta.
Alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, Nate Parker si confronta con una materia ambiziosa che maneggia con piglio sicuro nonostante le tematiche affrontante – sempre di grande risonanza e di profonda attualità – siano già state ampiamente declinate e sviscerate dall’industria cinematografia hollywoodiana.
Dove il lavoro dell’attore, regista e sceneggiatore statunitense si rivela convenzionale e a tratti anonimo è nella messa in scena, per nulla estranea alla tradizione e fin troppo simile al capolavoro sfornato da Steve McQueen nel 2014. Dove invece la pellicola si rivela vincente è nella costruzione della tensione: Parker non ha chiaramente l’approccio autoriale del regista di HungereShame, ma riesce con sottile abilità a creare, come in un’antica ed onirica leggenda, un crescendo di rancore e risentimento che esplode in un brutale e spietato ultimo atto, e che rappresenta – per costruzione delle scene e per funzione simbolica – forse la parte meglio riuscita dell’intera opera.
The Birth of a Nation è la testimonianza di tutta la necessaria energia che Parker ha messo nella realizzazione di una poderosa parabola dal grande impatto emotivo, dove le immagini prima celano e poi accentuano una rabbia incontenibile che alla fine non risparmierà nessuno. Un film sicuramente costruito a favore del pubblico, diretto e schietto nella sua accusa al genere umano, ma chiaramente non innovativo o memorabile da un punto di vista formale e contenutistico.