The Aeronauts è il nuovo film targato Amazon Prime Video – e presentato in anteprima alla 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma – che vede tornare, sul grande schermo, la coppia costituita da Eddie Redmayne e Felicity Jones, a distanza di qualche anno dal fortunato La teoria del tutto; anche questa volta i due tornano a far ruotare le esistenze dei loro personaggi intorno alla scienza e all’esigenza di esplorare l’ignoto, pur essendo calati nell’Inghilterra vittoriana e con uno sguardo rivolto verso l’alto.
Il film, infatti, è incentrato sulle vicende dello scienziato James Glaisher (Redmayne) e la pilota di mongolfiere Amelia Wren (Jones) che nel 1862 intrapresero un viaggio straordinario alla scoperta dei segreti del cielo, convinti che da quest’esplorazione pioneristica si potessero ricavare dei dettagli fondamentali per comprendere meglio la nostra atmosfera, prevedendo perfino i cambiamenti climatici. I due viaggiarono ad una altezza mai sperimentata prima e fecero una serie di scoperte assolutamente sensazionali: ma una volta raggiunti i più alti livelli di CO2 nell’atmosfera le avverse – quanto inesplorate – condizioni li costrinsero a dover lottare aspramente per la sopravvivenza.
Tom Harper, regista di The Aeronauts, si dimostra perfettamente in grado di cavalcare l’onda di ben due temi caldi al giorno d’oggi: il clima (e i cambiamenti repentini quanto drastici ad esso collegati) e l’indipendenza femminile, essendo ormai entrati nell’era del #MeToo grazie alla quale le donne, anche sul grande schermo, stanno riconquistando spazio calandosi in ruoli sempre più complessi, sfaccettati e completi.
Questo accade all’Amelia Wren interpretata dalla Jones: quella che si vede sul grande schermo è una donna forte e indipendente, sfacciata e post-moderna, un’anomalia nel tessuto socio-culturale vittoriano di fine ‘800; una donna che fa subito irruzione nell’immaginario dello spettatore fin dai primissimi minuti del film. La forza di Amelia è legata però a doppio filo con la sua fragilità, riconfermando la teoria secondo la quale solo chi ha sofferto (o continua a soffrire, a porsi dubbi, domande o perplessità) è più forte.
La linea romantica costruita intorno ai personaggi di Amelia e James si stempera quasi subito: accompagna la visione del film, serpeggia e sembra insinuarsi in ogni sguardo quanto in ogni crepa drammatica, ma viene scelto scientemente di lasciarla ai margini, interessante ma non fondamentale ai fini narrativi perché la “nuova” donna mostrata sul grande schermo è in grado di realizzarsi e sentirsi appagata anche da sola, battendosi per conquistare il proprio spazio e quello vitale per poter far vivere i propri sogni.
Al nobile intento della causa femminile si affianca il discorso sul clima: in un momento così delicato a livello storico, si sceglie di incentrare un film sui pionieri dell’aria, su tutti quegli scienziati (e non solo) poco noti che hanno però contribuito a ridefinire i confini del cielo sopra le nostre teste, scoprendo gli strati dell’atmosfera, la composizione di quest’ultima e delle nuvole; i primi che costruirono un ponte con “l’altro”, con quello spazio così lontano e così affascinante che finì poi per sedurre altri pionieri – quelli della corsa spaziale – alla continua ricerca di una possibilità per poter danzare con le stelle.
Nonostante gli intenti nobili e impegnati, nonostante l’argomento rischioso (soprattutto se collocato in un film mainstream), The Aeronauts rimane purtroppo ingabbiato in uno schema narrativo fin troppo classico e collaudato, finendo per ridimensionare ogni portata “sovversiva” dello status quo della pop culture reindirizzandola all’interno di canoni convenzionali e rassicuranti. Il film risente della scelta spazio-temporale adottata: l’integrità aristotelica che finisce per vincolare le peripezie dei due protagonisti su una mongolfiera alla deriva nell’aria dà alla vicenda una connotazione claustrofobica, nonostante i flashback che costituiscono uno spiraglio sul passato, sull’intimità e su una narrazione più ritmata; e la CGI, per quanto maestosa e capace di raggiungere picchi di lirismo inaspettati, conferisce però al prodotto finale una patina di perfetta finzione, trasformandolo in un quadro suntuoso ma con poca anima.