Terminator – Destino Oscuro è il nuovo tassello di una delle più longeve saghe della storia del cinema. Questa volta dietro la macchina da presa non c’è James Cameron – che figura comunque come produttore – bensì Tim Miller, regista del primo sfacciato (letteralmente, visto il soggetto!) film incentrato su Deadpool, il mercenario chiacchierone. Con un’abile gestione dello spazio ma soprattutto del tempo, il film riporta sul grande schermo Linda Hamilton e Arnold Schwarzenegger nelle loro versioni giovani e più mature, affiancati da Mackenzie Davis, Diego Boneta e Natalia Reyes.
Sarah Connor (Hamilton) e suo figlio sono riusciti a cambiare il futuro ma a caro prezzo: a farne le spese, ventisette anni dopo la distruzione della Cyberdyne Systems, è la giovane Dani Ramos (Reyes) che diventa oggetto delle attenzioni – mortali – di un nuovo Terminator modificato in metallo liquido, il Rev 9, inviato dal futuro da Skynet per eliminare la ragazza: ma a difenderla ci saranno proprio Sarah, l’umana potenziata (inviata a sua volta dal futuro) Grace (Davis) e un vecchio T-800 (Schwarzenegger), che si impegneranno a salvarla in una lotta per il futuro.
Collegandosi perfettamente alla fine del secondo capitolo della saga – e quindi dei due film firmati da Cameron – ed evitando abilmente i tranelli e le incongruenze maturate lungo il percorso dai vari sequel, Terminator – Destino Oscuro riprende alla perfezione il filo del discorso dove si era interrotto: il già citato Cameron, tornato finalmente in possesso dei diritti di sfruttamento cinematografico, ci mette lo zampino affidando la regia a Miller, che fa dell’eccesso visivo e pirotecnico la parola d’ordine di questo nuovo tassello.
Il gusto è quello della reunion, del revival atteso e auspicato dai fan della saga più che del semplice seguito; una nuova linea narrativa pone le basi per una trilogia altrettanto innovativa, già nei progetti dell’accoppiata produttore/regista, pronta a spostare il focus della vicenda cambiando radicalmente il punto di vista e le parti coinvolte. Sì, perché per quanto questo film sia figlio di una saga iniziata negli anni ’80, mai come in questo caso dimostra di cavalcare l’onda degli eventi restando in sella al cambiamento e finendo per adattarlo a proprio vantaggio.
Prima di tutto c’è il ruolo della donna: non più madre “del salvatore dell’umanità”, ma combattente in prima linea per un futuro che è anche (e soprattutto) il suo; Terminator – Destino Oscuro pullula di figure femminili dal forte carisma, indipendenti, badass capaci di vincere il gioco della guerra – tipicamente maschile – applicando le stesse regole. Sono donne indipendenti che lottano e combattono, ma sono anche madri, figlie, fiori d’acciaio in un’umanità al capolinea con l’Apocalisse.
Fa riflettere il fatto che siano proprio un manipolo di donne a cercare di contrastare una sanguinaria macchina venuta dal futuro: la ricchezza dei sentimenti vs la freddezza dell’intelligenza artificiale. E in questo limbo si colloca il T-800 interpretato, ancora una volta, da Schwarzenegger, che da figura granitica, leggendaria, mitologica (mezza macchina-mezza macchina per uccidere) compie un’evoluzione radicale, recuperando a sua volta un’ampia gamma di sfumature emotive finora completamente inedite.
La macchina da guerra temibile, quella caratterizzata dagli immancabili occhiali da sole e dalla frase di battaglia “Hasta la vista, baby!” viene qui decostruita, ribaltando il mito di un immaginario: invecchiata, impegnata in un’attività collaterale nel commercio, il Terminator venuto dal futuro nei lontani anni ’80 ha scoperto uno dei risvolti più inaspettati dell’umanità: le emozioni. E cerca di viverle fino in fondo pur non afferrandole in pieno, non avendo mai sviluppato una coscienza o non essendo tecnicamente mai diventata umana.
Le premesse che rendono affascinanti questo nuovo capitolo della saga, collocandolo perfettamente all’interno della timeline dell’universo sci-fi pensato da Cameron, affrontano nonostante tutto qualche turbolenza durante i 128 minuti della visione: la ripetitività dello schema (Rev9-pericolo-fuga-salvezza-ancora Rev9 e il gioco ricomincia) a lungo andare comporta una monotonia della forma, che sembra perdere il giusto ritmo; a ciò contribuisce anche l’aspetto più ironico, che funziona finché rimane sul piano di un nostalgico cinismo citazionista, tra strizzate d’occhio alla vecchia saga, battute sagaci e siparietti al vetriolo tra la “vecchia strana coppia” costituita da Sarah Connor e il “suo” Terminator T-800.
Gli effetti speciali mozzafiato contribuiscono a far compiere a Terminator – Destino Oscuro un enorme balzo in avanti, collocandolo come l’anello di congiunzione che mancava tra la vecchia saga degli anni ’80/’90 e un’ipotetica nuova realtà, che riscriverà l’aspetto mainstream e videoludico di un franchising capace comunque di rinnovarsi, restando al passo coi tempi.