Unire le suggestioni pirotecniche e mainstream degli anni ‘80 alle atmosfere di genere delle riviste pulp, famose negli Stati Uniti degli anni compresi tra i ‘20 e i ‘40; infine, mettere al centro dell’azione una famiglia con le proprie dinamiche interne (e generazionali) con un adolescente in primo piano, vero e proprio “motore immobile” del film, simbolo della Generazione Z che erediterà il nostro mondo e le sue criticità.
Il risultato finale è Strange World – Un mondo misterioso, il nuovo film prodotto dai Walt Disney Animation Studios, che riporta dietro la macchina da presa il regista Don Hall (già Premio Oscar per Big Hero 6 e autore di Raya e l’ultimo Drago), pronto a realizzare questa storia avventurosa e sentimentale “formato famiglia” che si trasforma però in una sentita lettera d’amore intergenerazionale dedicata al pianeta Terra, come dichiarato durante la conferenza stampa di presentazione del film, nelle sale dal 23 novembre.
Il film racconta la storia della famiglia Clade, nella quale tutti i componenti sono esploratori e gestiscono una fattoria di famiglia. Un giorno bussa alla loro porta la presidentessa di Avalonia, Callisto, giunta da loro per chiedere aiuto: il pando, una pianta scoperta da Searcher Clade anni prima, è in pericolo. Quella che è stata, a tutti gli effetti, una vera e propria rivoluzione per gli abitanti di Avalonia, ora è in pericolo e anche la popolazione si trova nei guai. È così che la famiglia Clade si mette in viaggio per svolgere una nuova missione: salvare Avalonia. Durante questa impresa, però, sorgeranno tra loro diverse contrarietà, ma saranno costretti a metterle da parte nel momento in cui faranno una scoperta sensazionale: una terra misteriosa popolata da creature fantastiche che vivono nel sottosuolo del loro pianeta.
Demolire il classico cliché della mascolinità tossica
Strange World nasce chiaramente con la volontà di guardare al cinema Disney di una volta, a quei grandi classici per famiglie che richiamavano un pubblico variegato in sala: ci sono tutti gli elementi giusti, dall’avventura selvaggia e sconosciuta, passando per l’azione, l’umorismo, l’intrattenimento e infine dei personaggi nei quali riconoscersi. Il conflitto generazionale che anima Ethan, suo padre Searcher e il nonno Jaeger permette a chiunque di immedesimarsi, considerando l’altissima qualità di scrittura che lo rende forse uno degli snodi narrativi più complessi – e solidi – della produzione Disney più recente.
Quella che si ammira sullo schermo è una dinamica familiare quasi esclusivamente maschile, che incarna diverse sfumature e prototipi pronti a demolire il classico cliché della mascolinità tossica: nonno Jaeger, come un novello Hemingway, la ostenta ma non schiaccia mai chi ha intorno con la sua presenza ingombrante; il quarantenne Searcher è tornato alle origini per costruire, anche nella propria vita privata, un sano rapporto paritario con sua moglie Meridian; infine c’è Ethan, figlio della generazione fluida, curioso e determinato, più interessato a dialogare che a distruggere. Il suo fine non è quello di combattere, affermando chissà quale supremazia, ma di coesistere e convivere in un unico ambiente che può ancora essere salvato, nonostante le difficoltà.
E il vero messaggio che anima Strange World è proprio questo: la Terra è una, ed è arrivato il momento di prendercene cura tutti insieme. Usare varie narrazioni, diverse storie per veicolare un messaggio potente e contemporaneo: sembra questa la strategia adottata da Hall e dallo sceneggiatore (e co-regista) Qui Nguyen, che si sono interrogati su un’importante domanda fondamentale: quale eredità abbiamo accolto e cosa lasciamo ai nostri figli? Ma Strange World, a fronte di una regia e di un’estetica semplicemente spettacolari ed immersive che permettono, allo spettatore, di sospendere l’incredulità finendo per credere alla realtà delle immagini iperboliche (e multicolor) che scorrono sullo schermo, soffre proprio delle sue ambizioni su carta.
La sensazione è proprio quella di assistere ad una storia “fuori fuoco”, messa in ombra dall’attenzione meticolosa dedicata alla rappresentazione dei singoli personaggi: ognuno è un correlativo oggettivo ideale di messaggi più importanti e simboli rappresentativi, ma a soffrirne è proprio l’aspetto legato all’intrattenimento, la leggerezza dell’avventura disimpegnata e stupefacente, il piacere del cinema fine a sé stesso. Una realtà importante ancora difficile da trovare per il nuovo corso degli Studios, per costruire un equilibrio drammaturgico davvero vicino alle formule (magiche) dei grandi classici Disney destinati a tutta la famiglia.