Sono Solo Fantasmi è la nuova horror-comedy che porta di nuovo, dietro la macchina da presa, l’attore Christian De Sica che si è ritrovato coinvolto in quest’inedita avventura (come ha raccontato durante la conferenza stampa) insieme agli attori Carlo Buccirosso, Gianmarco Tognazzi e Leo Gullotta in un piccolo cameo. Una produzione impegnativa ed inedita per il nostro panorama cinematografico, che ha visto coinvolta anche la Medusa Film e che debutterà nelle sale il 14 Novembre.
Thomas (De Sica), ex mago in bolletta, e Carlo (Buccirosso), napoletano, sottomesso a moglie e suocero settentrionali, sono due fratellastri che si rincontrano dopo anni a Napoli per la morte del padre Vittorio, giocatore incallito e donnaiolo. Scoprono di avere un terzo fratello, Ugo (Tognazzi), apparentemente un po’ tonto ma in realtà un piccolo genio. L’eredità, agognata da Thomas e Carlo, sfuma a causa dei debiti del padre e i tre hanno una grande idea: sfruttare la superstizione e credulità napoletana, diventando degli “acchiappafantasmi”. Proprio quando l’attività inaspettatamente sembra avere molto successo, lo spirito del padre Vittorio s’impossessa del corpo di Carlo. Thomas e Carlo si convincono che i fantasmi esistono davvero. Nel frattempo i fantasmi catturati dal trio si liberano e vanno a risvegliare il fantasma di una strega che minaccia di distruggere Napoli: solo con l’aiuto del padre, i tre fratelli cercheranno di salvare la città.
Sono Solo Fantasmi, per quanto si addentri coraggiosamente in un territorio poco battuto dal cinema italiano odierno, riconferma però quella cifra stilistica che la nostra industria audiovisiva – soprattutto nel corso degli anni ’70 – ha avuto come segno distintivo: la contaminazione di generi come ragion d’essere, il “pulp” inteso (tecnicamente) come guazzabuglio creativo.
Il nuovo film diretto da De Sica mescola la commedia all’italiana, cialtrona e disperata, erede della grande tradizione avviata da I Soliti Ignoti in poi con l’horror più pop, quello definito in modo magistrale dai due Ghostbusters nati dalla fantasia iperattiva di Ivan Reitman; e anche in questa specifica produzione nostrana non mancano le contaminazioni anni ’80, le strizzate d’ occhio alla popular culture che si trasforma in folklore, colore e suoni nella Napoli luminosa che fa da sfondo alle vicende.
E appunto proprio la metropoli partenopea diventa il fulcro dell’azione, quella conditio sine qua non la storia dei tre fratellastri ritrovati non potrebbe esistere; perché è proprio tra i suoi vicoli, a ridosso del porto, alle pendici del Vesuvio e tra la sua gente che l’impossibile diventa plausibile, finendo quindi per trasformare tre misfits della società, tre disadattati con alle spalle una famiglia disfunzionale e un padre malandrino, in cacciatori di anime prima e in eroi “della Domenica” dopo.
A dispetto delle produzioni a cui siamo abituati, Sono Solo Fantasmi strizza l’occhio alla patina della confezione, ad una forma accattivante per richiamare trasversalmente pubblico: il continuo gioco ininterrotto di citazioni finisce per riflettere su sé stesso, tirando in ballo non solo i modelli di riferimento originali, ma il cinema di genere a cui è ispirato, la commedia nazional popolare della quale Christian De Sica è stato un illustre portabandiera e perfino la ricca produzione di Vittorio De Sica, riconosciuto padre soprattutto del nostro cinema.
Perché la horror-comedy, nonostante le affascinanti premesse di partenza centrate in pieno dal meccanismo ludico architettato già in scrittura, si trasforma infine in qualcosa di diverso, in una malinconica riflessione sul ricordo, sulla presenza costante dei nostri cari (estinti) nei corridoi del palazzo della memoria. De Sica cita suo padre, si trasforma letteralmente in lui – come in un curioso transfert – e prova ad evocare la sua presenza attraverso questo curioso esperimento; un modo per sentirlo vicino, coinvolgendo nella “evocazione” due attori come Carlo Buccirosso e Gianmarco Tognazzi: comici, misurati, ben lontani dalla macchietta, l’intero cast riesce nell’impresa di risultare credibile, portando in vita dei personaggi che hanno palesemente un bagaglio di storie legate tanto al passato quanto al presente (in medias res) nel quale sono immersi.
La vera debolezza del film sta nella sua fragilità disorganica, nella voglia di inglobare al proprio interno – a tutti i costi – generi diversi e spunti stilistici differenti (la commedia amara e sentimentale, le battute più grezze degne di un film di Natale anni ’90, la commedia che “deve” far ridere ad ogni costo tutti) che finiscono per farlo sembrare un prodotto “schizofrenico”, dal ritmo alternato e spezzato.
Per un set up lento ma incalzante c’è poi un brusco rallentamento e una perdita di tono improvvisa, mentre man mano l’horror di genere cede il posto all’allegoria della memoria, al tenero omaggio nei confronti di una presenza quanto mai presente nella propria assenza. E così De Sica figlio gioca con la memoria e l’immagine (quanto con l’immaginario) di De Sica padre facendolo tornare in vita per l’arco di una commedia, mentre tra le risate si cerca di gettare le fondamenta per un ritorno al cinema italiano commerciale degli anni ’70, capace di intersecare i generi intrattenendo il pubblico, spingendolo così a tornare nel buio accogliente delle sale.