lunedì, Dicembre 4, 2023
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Sly, recensione del documentario Netflix dedicato a Sylvester Stallone

La recensione di Sly, il documentario sulla vita e la carriera di Sylvester Stallone diretto da Thom Zimny. Disponibile dal 3 novembre su Netflix.

Riassumere una carriera ed una vita intera, tra emozioni, difficoltà, traguardi, rivincite, amarezze e fallimenti, in appena un’ora e trentacinque minuti di contenuti non è un’impresa semplice. Ma il regista Thom Zimny (noto per la sua longeva collaborazione – in videoclip e documentari – con Bruce Springsteen) ha comunque ottenuto un ottimo risultato girando il documentario Sly, incentrato sulla figura di Sylvester Stallone.

Quella di Stallone non è una banale narrazione, né la classica esposizione cronachistica degli episodi più importanti della sua esistenza. Si tratta, piuttosto, di una confessione a 360 gradi, intensa, commovente, dolorosa, sincera, inaspettata, come fosse una generosa concessione allo spettatore a guardare per un attimo attraverso il buco della serratura della sua anima. Un’intimistica sequenza di rivelazioni, intervallata dalle interviste di alcuni personaggi di spicco, tra cui i registi Quentin Tarantino e John Herzfeld, gli attori Arnold Schwarzenegger e Talia Shire, il fratello Frank Stallone, in cui ogni ricordo, ogni cimelio conservato, ricostruisce l’arduo e ammirevole cammino di un uomo che ha raggiunto meritatamente la grandezza, dopo aver saputo abbattere ogni ostacolo lungo il proprio percorso con il sacrificio e la determinazione di un combattente.

Il racconto di una vita complicata

Sylvester Stallone decide di spogliarsi completamente a nudo davanti alla macchina da presa, raccontando la sua infanzia complicata per le strade degradate di New York, le quotidiane tensioni tra i suoi genitori e, soprattutto, le ruvide asprezze subite dal padre per tutta una vita. Tuttavia c’è il cinema a dare conforto a quello sperduto ragazzino di Hell’s Kitchen, che, mentre trascorre i pomeriggi a guardare i capolavori del suo tempo, comincia a maturare una passione sfrenata per la recitazione e per quell’incredibile mondo fatto di pellicola, capace di proiettare sullo schermo storie mozzafiato.

Devono però passare parecchi anni prima che una di quelle storie porti non solo la sua firma, ma anche il suo volto, prima che arrivi, insomma, la grande occasione. Dopo tante piccolissime e trascurabili parti, spalmate qua e là in una serie di film, qualche ruolo da comprimario, come quello in Happy Days – La banda dei fiori di pesco, finalmente una sua sceneggiatura viene notata da alcuni produttori, che decidono di utilizzarla per la realizzazione di un film.

Nel 1976 Rocky prende respiro e compare per la prima volta nelle sale, riscuotendo fin da subito un clamoroso successo, che di fatto sancisce l’ascesa di Stallone all’Olimpo della settima arte. È l’inizio della leggenda di un attore destinato a diventare il simbolo per eccellenza del genere d’azione degli anni ‘80/’90. Un attore che nel suo curriculum può vantare di aver recitato da protagonista in ben tre diverse saghe: quella di Rocky, per l’appunto, quella di Rambo ed infine quella più recente de I Mercenari, tutt’ora in corso.

Non solo forza e muscoli tirati fino allo spasmo…

Sylvester Stallone, però, come lui stesso evidenzia a più riprese di fronte alla telecamera, non è solo questo. Non è soltanto quel pugile immortale, dal gancio sinistro granitico e il cuore buono, né tantomeno quel reduce di guerra, mortale flagello dei nemici e sano portatore di giustizia. Al di sotto quell’involucro di forza fisica e marmorea vigoria c’è infatti anche uno straordinario professionista, che ha tentato più volte di mettersi in gioco con ruoli differenti. Al di là di quella montagna di muscoli, lo sguardo da duro e quell’arcigno ghigno labiale, che lo hanno reso un’icona vivente nel panorama hollywoodiano, si cela una persona estremamente acuta, creativa e profonda, dotata di una sensibilità disarmante e di un’arguzia sopraffina.

Sarebbe davvero riduttivo etichettare Sly sotto la definizione di semplice documentario, dal momento che, invece, si tratta di un’opera decisamente più toccante e di eccezionale impatto emotivo. Quello che Thom Zimny si è impegnato a realizzare è infatti un intenso e bellissimo scandagliamento tra le pieghe del passato di un essere umano, che invecchia, riflette su stesso, analizza il proprio lavoro, ama la sua famiglia, prova paura, tristezza, rimpianto, dolore, orgoglio, fatica e soddisfazione.

Perché dietro alla maschera di quei personaggi immortali, del campione Rocky Balboa, del veterano John Rambo, del tenente Marion Cobra, del giudice Joseph Dredd, del camionista Lincoln Hawk o del detenuto Frank Leone, si erge la meravigliosamente fragile umanità del vero supereroe che con la sua magia ha reso tutto questo possibile: Sylvester Stallone.

Guarda il trailer ufficiale di Sly

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Quella di Stallone non è una banale narrazione, né la classica esposizione cronachistica degli episodi più importanti della sua esistenza. Si tratta, piuttosto, di una confessione a 360°, intensa, commovente, dolorosa, sincera, inaspettata, come fosse una generosa concessione allo spettatore a guardare per un attimo attraverso il buco della serratura della sua anima.

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