sabato, Dicembre 2, 2023
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Scordato, recensione del film di Rocco Papaleo con Giorgia

La recensione di Scordato, il nuovo film diretto e interpretato da Rocco Papaleo al fianco della cantante Giorgia. Dal 13 aprile al cinema.

Molti registi hanno affrontato il tema della crisi personale e creativa dell’uomo moderno, diviso tra desideri (spesso irrealizzabili), aspettative tradite e malinconici rimpianti: riflessioni simili sono state affrontate di recente da Gabriele Salvatores nel suo ultimo film, Il ritorno di Casanova, ma anche da altri cineasti di culto come Federico Fellini (in 8 ½), Ingmar Bergman (Il posto delle fragole) e soprattutto Woody Allen, attraverso le sue amarissime commedie brillanti Stardust Memories, Harry a pezzi e il più recente Rifkin’s Festival. E soprattutto a due titoli in particolare sembra rifarsi, involontariamente, Rocco Papaleo con il suo ultimo film da regista, la dramedy Scordato, che sarà nelle sale dal 13 aprile e che sembra configurarsi come un posto delle fragole tutto lucano alla ricerca di un’identità a pezzi, completamente da ricostruire.

Una commedia malinconica e irresistibile che sembra costituire, quindi, il punto di incontro metaforico (ed ideale) tra i già citati Il posto delle fragole e Harry a pezzi, nel quale un uomo che ha appena compiuto sessant’anni approfitta di una serie di svolte inaspettate della propria vita per rivedere il suo passato alla luce del presente, forse pronto a cambiare il futuro dopo aver maturato nuove consapevolezze. E così la vita di Orlando (Papaleo), mite accordatore di pianoforti, tormentato da dolori alla schiena, cambia radicalmente quando incontra Olga (la cantante Giorgia) – un’affascinante fisioterapista – che gli diagnostica una contrattura “emotiva” e gli chiede di portarle una sua foto da giovane, così che lei possa aiutarlo a risolvere i suoi problemi. L’insolita richiesta spingerà Orlando a mettersi in viaggio e a rivivere quasi come uno spettatore gli eventi della sua vita che lo hanno reso l’uomo solitario e “contratto” che è oggi.

Papaleo aveva già dimostrato il proprio talento da autore e regista (con una spiccata sensibilità musicale) nei suoi tre precedenti film: Basilicata coast to coast, Una piccola impresa meridionale e Onda su onda. Ma è con quest’ultima fatica che riannoda i fili già tessuti dai precedenti lavori scavando molto più a fondo nelle emozioni, senza paura di raccontare una storia universale – a partire da un racconto particolare – permeata di una dolcissima malinconia struggente. Perché Orlando Bevilacqua, il suo protagonista (al quale presta voce, corpo e soprattutto sguardo) è un antieroe che attraversa, malconcio, l’esistenza limitandosi a “galleggiare”: non vive né sopravvive, si limita solo a restare in bilico sul filo di seta della vita, senza finire schiacciato sotto il peso di un passato dal quale cerca di scappare, lontano dalla proiezione di un futuro che potrebbe spiazzarlo e ferirlo, se solo almeno riuscisse a scorgerlo.

La battuta comica che lascia spazio all’ironia

E ad accompagnarlo in questo on the road sui luoghi dei ricordi e dell’autoconsapevolezza c’è una stralunata teoria di personaggi, capitanata proprio… dalla sua versione ventenne (interpretata da uno strepitoso Simone Corbisiero) ancora piena di speranze e sogni, pur avendo osservato da vicino che piega ha preso la propria promettente esistenza dopo una serie di colpi mancini messi a segno dalla vita. Ad innescare la molla del cambiamento sono una serie di crepe, di increspature nel vecchio muro che Orlando ha edificato intorno a sé per difendersi dagli attacchi del mondo esterno; e a contribuire ad abbattere questa difesa è una fisioterapista – Olga – interpretata dalla vera rivelazione del film, una Giorgia musicale e incantevole, perfetta incarnazione di una musa gentile, intelligente e “mutevole” come, metaforicamente, sa essere solo la musica stessa: le si addice il titolo È nata una stella, visto l’apporto fondamentale che la sua presenza dà al personaggio (e alla riuscita dell’intero film), contribuendo a crearne sfaccettature, contraddizioni e irresistibili comportamenti che ne dipingono un ritratto complesso e sfaccettato.

In Scordato – e mai titolo fu più profetico: come dicevano i latini, nomen omen – la battuta più comica lascia spazio all’ironia, ad una risata più amara e meno “di pancia” suscitata non tanto dalle situazioni quanto, soprattutto, dalle reazioni dello stesso Orlando nei confronti degli eventi, portatore sano di quella voglia di cambiamento che molte persone auspicano ma, allo stesso tempo, si curano di schivare perché spaventati alla sola idea. Il personaggio dell’accordatore che all’improvviso, preda dei propri ricordi, non riesce più a concentrarsi sulla nota giusta da accordare per creare un’equilibrata sinfonia (nella quale collocarsi) diventa una metafora universale, un piccolo caso particolare trasformato in un esempio archetipico coinvolto in un rito d’esorcismo collettivo nei confronti del potere evocativo – e a tratti pericoloso – dei cambiamenti, soprattutto se non vengono perpetuati spontaneamente.

Complice la scelta delle location (Lauria in Basilicata e Salerno, in Campania) e una certa affinità tematica che si può scorgere nell’essenza intrinseca del film, Scordato ricorda, sotto molteplici aspetti, l’opera prima di Papaleo Basilicata coast to coast, perché anche lì l’autore/regista/attore utilizzava il linguaggio della musica per veicolare la potenza di una trasformazione giunta dopo un viaggio, un lungo percorso compiuto per conoscere dei luoghi (sia fisici che spirituali) che finiscono per definirci, costringendoci talvolta a scoprire molto di noi stessi solo soppesando il nostro passato, dal quale è spesso difficile svincolarsi per vivere il presente; ma al contempo anche il semplice atto liberatorio dell’evocazione e del viaggio (interiore ed esteriore) permette di liberarsi da zavorre e bagagli emotivi, infrangendo finalmente le catene imposte dalla schiavitù della persistenza della memoria.

Guarda il trailer ufficiale di Scordato

GIUDIZIO COMPLESSIVO

In Scordato la battuta più comica lascia spazio all’ironia, ad una risata più amara e meno “di pancia”; inoltre, complice la scelta delle location e una certa affinità tematica che si può scorgere nell’essenza intrinseca del progetto, il film ricorda, sotto molteplici aspetti, l’opera prima di Papaleo perché anche lì l’autore/regista/attore utilizzava il linguaggio della musica per veicolare la potenza di una trasformazione giunta dopo un viaggio, un lungo percorso compiuto per conoscere dei luoghi (sia fisici che spirituali) che finiscono per definirci, costringendoci talvolta a scoprire molto di noi stessi solo soppesando il nostro passato, dal quale è spesso difficile svincolarsi per vivere il presente.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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In Scordato la battuta più comica lascia spazio all’ironia, ad una risata più amara e meno “di pancia”; inoltre, complice la scelta delle location e una certa affinità tematica che si può scorgere nell’essenza intrinseca del progetto, il film ricorda, sotto molteplici aspetti, l’opera prima di Papaleo perché anche lì l’autore/regista/attore utilizzava il linguaggio della musica per veicolare la potenza di una trasformazione giunta dopo un viaggio, un lungo percorso compiuto per conoscere dei luoghi (sia fisici che spirituali) che finiscono per definirci, costringendoci talvolta a scoprire molto di noi stessi solo soppesando il nostro passato, dal quale è spesso difficile svincolarsi per vivere il presente.Scordato, recensione del film di Rocco Papaleo con Giorgia