venerdì, Dicembre 6, 2024
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Scoop, recensione del film con Gillian Anderson

Ispirato alla famigerata intervista del principe Andrea su Newsnight, Scoop è disponibile su Netflix dal 5 aprile.

«Never Complain, Never Explain». Mai lamentarsi, mai dare spiegazioni. Questo il motto che per decenni è stato fatto proprio dalla casa reale britannica. Un’istituzione abile nel corso del tempo ad alimentare la propria legittimazione e il proprio ascendente tramite il controllo della narrazione. Ma il tempo passa e con esso cambiano anche i mezzi di fare informazione e racconto. Ce l’ha insegnato bene la serie The Crown, che rendeva il legame tra mutamento della corona e mutamento dei media un pilastro della sua dissertazione sulla percezione dei reali. Scoop, il nuovo arrivato nel catalogo Netflix, si pone allora nei confronti del celebrato show ideato da Peter Morgan quasi come una piccola prosecuzione apocrifa.

The Crown si fermava a metà degli anni Dieci. Quando quel motto era acciaccato, ma ancora saldo e sopravvissuto a scandali come quello del divorzio tra l’ex principe Carlo e Diana Spencer, e poi anche al trauma della tragica scomparsa di quest’ultima. Scoop affonda invece le unghie tra il 2010 e il 2019, coprendo l’arco temporale in cui sono stati resi noti i collegamenti tra Jeffrey Epstein – imprenditore e criminale condannato per abusi sessuali e traffico di minorenni – e il principe Andrea, terzogenito della regina Elisabetta II.

Il commento apocrifo all’affanno della corona britannica

Non solo. Scoop, che è diretto da Philip Martin (in regia, tra l’altro, pure di alcuni episodi della serie), arriva forse nel periodo storico meno favorevole per la salute della corona inglese. In un periodo in cui quel «Never Complain, Never Explain» è andato progressivamente in frantumi a seguito della dipartita della regina. Le bizzarrie imbronciate del principe Harry e Meghan Markle, poi la malattia di re Carlo III. Con ultimo, in ordine cronologico, il pasticciaccio della gestione comunicativa sulla situazione clinica di Kate Middleton, che ha costretto la futura regina consorte a fare qualcosa che i reali non sono soliti fare: rompere il codice, spiegare e dare goffe motivazioni. Per di più su di un tema così delicato e personale.

Il film è quindi come uno stiletto che si conficca tra le costole di una creatura che nell’era dei social è affannata nel garantire il principio fondativo della quietezza, della messa a distanza. Anzi, della vicinanza controllata. La pellicola allunga l’ombra lì dove The Crown, per aplomb ma forse anche per naturale fine di un ciclo vitale, non aveva osato spingersi. E lo fa inserendosi nel filone cinematografico dell’inchiesta giornalistica, dove nello specifico condivide punti di contatto con un film come She Said. Il tema di fondo è quello. Anche i protagonisti, in qualche maniera. L’oggetto dell’inchiesta al centro di She Said era infatti lo smascheramento degli abusi ad opera di Harvey Weinstein, nome che ritorna anche in Scoop tra le ambigue personalità che hanno frequentato Epstein, le sue proprietà e le sue feste.

L’elogio al ruolo dell’informazione come araldo di verità

Il lavoro di Martin lavora sulla sceneggiatura di Peter Moffat tratta dal libro “Scoops: Behind the Scenes of the BBC’s Most Shocking Interviews”, scritto dall’ex editor Sam McAlister (interpretata qui da Billie Piper) e che racconta dell’inchiesta e dei negoziati per arrivare alla celebre intervista del 2019 al principe Andrea. Una messa a nudo frontale e storica, davanti le telecamere, le domande incalzanti della giornalista Emily Maitlis (Gillian Anderson) e il dileggio dell’opinione pubblica tra Tweet e meme. Un evento che rappresenterà l’inizio della fine per quello che sempre The Crown descrive come il figlio preferito di Elisabetta II (anche qui chiamata più volte “mommy” dal diretto interessato), il cui ruolo in Scoop è affidato a Rufus Sewell e a cui il film dedica uno spazio utile a contornarlo di un’aura puerile (i peluche), tronfia e facilmente arpionabile.

Ma sull’intervista, com’è ovvio che sia, il film sostanzialmente cala il sipario. Si fa interessato soprattutto a raccontare il prima. Cioè la rincorsa alla notizia nel dietro le quinte, i faticosi tira e molla redazionali, i differenti posizionamenti ideologici, allargando sullo sfondo il quadro della grande onda di licenziamenti a cui è andata incontro la BBC in quegli anni. Insomma, Scoop è pensato come sottolineatura diretta, non troppo metaforica e neanche particolarmente sfumata, al ruolo che l’informazione gioca anche in momenti storici in cui gli editori chiudono i rubinetti e le autorità sbraitano minacciando il bavaglio. Ci riesce, seppur privo di particolari guizzi, ricordando allo stesso tempo come quella dell’affare Epstein sia una faccenda tutt’altro che chiusa. Magari accantonata, patteggiata, ammutolita con risarcimenti milionari, ma affondata così a fondo tra nomi di regali, presidenti e miliardari da non poter essere semplicemente sepolta in un cassetto.

Guarda il trailer ufficiale di Scoop

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Scoop è un film composto, diretto e senza particolari guizzi che accoglie la formula cinematografica dell’inchiesta giornalistica per farsi araldo del ruolo dell’informazione cinematografica. Al centro resta l’intervista al principe Andrea d’Inghilterra che mette sotto accusa la sua amicizia con il criminale Jeffrey Epstein, ponendo il film quasi a prosecuzione apocrifa di The Crown e commento alle fragilità della corona britannica contemporanea.

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Scoop è un film composto, diretto e senza particolari guizzi che accoglie la formula cinematografica dell’inchiesta giornalistica per farsi araldo del ruolo dell’informazione cinematografica. Al centro resta l’intervista al principe Andrea d’Inghilterra che mette sotto accusa la sua amicizia con il criminale Jeffrey Epstein, ponendo il film quasi a prosecuzione apocrifa di The Crown e commento alle fragilità della corona britannica contemporanea.Scoop, recensione del film con Gillian Anderson