Samaritan è il nuovo film a tema supereroistico, interpretato e prodotto da Sylvester Stallone, disponibile su Prime Video dal 26 agosto. Una pellicola che si colloca perfettamente in questa ultima fase della carriera dell’attore, iniziata nel 2006 con Rocky Balboa, dove Stallone ha abbracciato definitivamente il ruolo dell’eroe al tramonto, ormai non più giovane. Una sorta di “Clint Eastwood” dell’action, qui a confronto con il genere del cinecomic.
Scritto da Bragi F. Schut (Escape Room), Samaritan è diretto Julius Avery (dietro la macchina da presa anche in Overlord, delirio nazi zombie prodotto da J. J. Abrams). La pellicola distribuita da Amazon ci porta per le strade di Granite City, città fittizia, non dissimile da tante metropoli americane contemporanee (le riprese si sono svolte principalmente ad Atlanta). Con un alto tasso di povertà e disoccupazione, la città è sull’orlo della rivolta, istigata dal criminale Cyrus (Pilou Asbæk).
Cyrus ha assunto come simbolo della sua rivolta Nemesis, supercriminale antisistema morto venticinque anni prima in uno scontro con il fratello gemello, l’eroe Samaritan, anche lui ritenuto deceduto durante la succitata battaglia. In questo contesto, facciamo la conoscenza di Sam (Javon Walton), ragazzino di un quartiere degradato della città e super fan di Samaritan. Un giorno, durante un’aggressione da parte di un gruppo di bulli, Sam viene salvato dal solitario netturbino Joe (Sylvester Stallone), che mostra una forza sovrumana. Che sia lui il redivivo supereroe Samaritan?
Non abbiamo citato Clint Eastwood per pura casualità all’inizio dell’articolo; si potrebbe considerare Samaritan, per certi versi, una sorta di Gran Torino supereroistico. Un ragazzo, orfano di padre, che viene salvato da uno scorbutico e misantropo vecchio vicino. Quest’ultimo, in seguito, diviene una sorta di figura paterna per il giovane; un protettore che a sua volta, grazie a questo rapporto, imparerà a riaprirsi al mondo e a sviluppare nuovi affetti, sfuggendo alla solitudine.
Una storia che è calata in un contesto urbano degradato; un futuro molto prossimo, dove le tensioni sociali hanno raggiunto il limite, molto simile a quello presentato in pellicole come RoboCop di Paul Verhoeven o in fumetti come “Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro” di Frank Miller (anche questo classico graphic novel parla del ritorno in azione di un anziano eroe, sparito da tempo dalle scene, in un mondo sempre più nel caos). Un racconto dove trova spazio un villain capopopolo anarchico, pronto a cavalcare e sfruttare il diffuso malcontento, non dissimile dal Bane interpretato da Tom Hardy ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno, ultimo capitolo della trilogia diretta da Christopher Nolan.
Tutte idee di base interessanti, con delle innegabili potenzialità, che vengono purtroppo sviluppate in Samaritan in modo molto sbrigativo, se non addirittura superficiale. Non aiuta una regia dall’occhio televisivo, che pecca soprattutto nella messa in scena delle sequenze d’azione, tutte molto modeste e per niente memorabili (una morigerata resa dei conti finale che ha luogo nello spazio angusto di un magazzino, avvolto da posticce fiamme digitali). Samaritan sembra a tratti uno di quei prodotti direct-to-video che affollavano un tempo gli scaffali delle videoteche, realizzati solo per sfruttare il nome famoso del protagonista in copertina. Peccato.