giovedì, Marzo 23, 2023
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Saint Omer, recensione del film di Alice Diop

La recensione di Saint Omer, opera prima di Alice Diop, tra i film rivelazione dell'ultimo Festival di Venezia. Dall'8 dicembre al cinema.

Abbiamo sentito parlare molto di Saint Omer, principalmente grazie alla vittoria di ben due prestigiosi riconoscimenti in occasione della 79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, dove è stato premiato con il Leone del futuro – Premio Venezia opera prima “Luigi De Laurentiis” e con il Leone d’argento – Gran premio della giuria. Ora, a pochi mesi di distanza dalla presentazione ufficiale nella kermesse festivaliera, l’esordio alla regia di un lungometraggio di finzione della documentarista francese Alice Diop arriva finalmente nelle sale italiane, dall’8 dicembre, distribuito da Medusa Film per Minerva Pictures. 

Nonostante si tratti di un racconto fictional, il punto di partenza della Diop è sempre lo stesso: l’osservazione della realtà. La vicenda narrata in Saint Omer, infatti, è ispirata alla storia vera di Fabienne Kabou, donna senegalese di 39 anni, che nel 2013 venne accusata di infanticidio dopo aver abbandonato sua figlia Adélaïde sulla spiaggia di Berck-sur-Mer (comune francese situato nel dipartimento del Passo di Calais, nella regione dell’Alta Francia), lasciando che le acque la trascinassero via. Tuttavia, nel portare sul grande schermo questa tragica vicenda, la Diop opta per un cambio di prospettiva: al centro di Saint Omer c’è sempre la storia di un infanticidio, raccontata non dal punto di vista della “madre assassina”, ma da quello di una persona completamente estranea ai fatti.

Laurence Coly (Guslagie Malanda) è accusata di aver ucciso la figlia di 15 mesi dopo averla abbandonata sulla riva di una spiaggia nel nord della Francia. La scrittrice trentenne Rama (Kayije Kagame), incinta di quattro mesi, decide di recarsi a Saint Omer (comune francese situato nel dipartimento del Passo di Calais) per seguire il processo contro la giovane donna senegalese. A mano a mano che i giorni passano, però, Rama si lascia travolgere dagli eventi e arriva a mettere in discussione ogni certezza in merito a quello che è il suo concetto di maternità.

Un film evocativo e annichilente insieme

Alice Diop costringe Rama, la sua protagonista – e di riflesso anche il potenziale spettatore -, a confrontarsi con una delle azioni più incomprensibili che possano essere partorite dalla mente umana, in questo caso specifico dalla mente di una donna e di una madre: uccidere il proprio bambino. La regista francese, però, non è intenzionata a sviscerare i dettagli morbosi di un evento così drammatico; al contrario, l’obiettivo è quello di mettere in scena un dialogo a due voci, dove lo sguardo si sostituisce alla parola, tra due donne che in qualche modo – per motivi diversi – sembrano conoscersi e capirsi l’un l’altra.

Ed è proprio in questo inaspettato confronto, in questo faccia a faccia inevitabile che costringerà Rama a fare i conti non solo con i demoni del passato ma anche con le ansie del futuro, e a mettersi in discussione come non solo come donna, ma anche come figlia e come futura madre, che si cela tutta la bellezza e la potenza di Saint Omer. Un’opera prima che dimostra quanto la Diop abbia piena consapevolezza del mezzo cinematografico, che usa con diligenza e sapienza per costruire, attraverso un linguaggio estremamente contemporaneo, un racconto intimo che si snoda in maniera fluida e mai lieve – al contrario, dolorosa – grazie ad un’estetica rigorosa e mai stilizzata che sfrutta inquadrature quasi totalmente fisse per catalizzare e conquistare l’attenzione dello spettatore, impossibilitato ormai a sfuggire allo sguardo di due donne che raramente vediamo raccontate sullo schermo.

Alice Diop esplora la complessità del tema – spinoso, agghiacciante – che sceglie di indagare focalizzandosi unicamente sui personaggi, cercando di restituire loro quella dignità che da un lato viene inevitabilmente messa in discussione da un comportamento deviante (che può anche non avere nulla a che fare con l’impulso improvviso e incontrollato, il livello di istruzione o la malattia mentale), dall’altro viene costantemente minata dai rituali della giustizia e dalla necessità altrui di dare per forza una spiegazione semplicistica a tutto, anche al gesto più atroce, oscuro e violento che si possa immaginare. Saint Omer è lucido, evocativo e annichilente insieme. Qualcosa di innegabilmente prezioso che è sempre più raro ormai vedere sullo schermo.

Guarda il trailer ufficiale di Saint Omer

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Alice Diop esplora la complessità del tema - spinoso, agghiacciante - che sceglie di indagare focalizzandosi unicamente sui personaggi, cercando di restituire loro quella dignità che da un lato viene inevitabilmente messa in discussione da un comportamento deviante (che può anche non avere nulla a che fare con l'impulso improvviso e incontrollato, il livello di istruzione o la malattia mentale), dall'altro viene costantemente minata dai rituali della giustizia e dalla necessità altrui di dare per forza una spiegazione semplicistica a tutto, anche al gesto più atroce, oscuro e violento che si possa immaginare. Saint Omer è lucido, evocativo e annichilente insieme. Qualcosa di innegabilmente prezioso che non si vedeva da tanto sui nostri schermi. 
Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

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Alice Diop esplora la complessità del tema - spinoso, agghiacciante - che sceglie di indagare focalizzandosi unicamente sui personaggi, cercando di restituire loro quella dignità che da un lato viene inevitabilmente messa in discussione da un comportamento deviante (che può anche non avere nulla a che fare con l'impulso improvviso e incontrollato, il livello di istruzione o la malattia mentale), dall'altro viene costantemente minata dai rituali della giustizia e dalla necessità altrui di dare per forza una spiegazione semplicistica a tutto, anche al gesto più atroce, oscuro e violento che si possa immaginare. Saint Omer è lucido, evocativo e annichilente insieme. Qualcosa di innegabilmente prezioso che non si vedeva da tanto sui nostri schermi. Saint Omer, recensione del film di Alice Diop