Riparare i Viventi pone sul piatto un argomento interessante, anche se già dibattuto. Prova a prendere una strada insolita, ma non riesce a spiccare, decisamente non ci riesce. Dove risiede la nostra personalità? Quale può essere considerato l’organo meglio predisposto a contenere la nostra anima? Siamo nel cuore, siamo nel cervello? Cosa accade quando una persona dona ad un’altra un organo non solo vitale, ma anche così carico di significati che trascendono la semplice corporalità?
La regista e sceneggiatrice francese Katell Quillévéré, autrice dei film Un poison violenteSuzanne, torna in cabina di regia portando sul grande schermo l’omonimo best-seller di Maylis de Kerangal uscito nel 2014. Nel cast troviamo Tahar Rahim, Emmanuelle Seigner e Anne Dorval (protagonista di Mommy di Xavier Dolan).
Simon è un giovane ragazzo, appassionato di surf. Quando sta tornando a casa insieme ai suoi amici, dopo una sessione sulle onde, ha un terribile incidente che gli causa la morte celebrale. Il corpo di Simon è tenuto in vita dalle macchine, per lui però non c’è niente da fare; i suoi genitori devono decidere se procedere o no alla donazione dei suoi organi. Intanto una donna di mezza età attende il trapianto di cuore che potrebbe salvarle la vita.
Riparare i Viventi non è solo un titolo altisonante capace di attirare i lettori e gli spettatori. Riparare i Viventi è a tutti gli effetti la descrizione didascalica, quasi uno spoiler se di spoiler possiamo parlare, del film stesso. Non occorre essere dei cinefili esperti per capire fin dall’inizio come andranno le cose, probabilmente per farvi un’idea vi basterà guardare il trailer.
Partiamo però dagli aspetti positivi del film. La recitazione, soprattutto di Anne Dorval e dei giovanissimi Gabin Verdet e Galatéa Bellugi (nei panni rispettivamente di Simon e della sua fidanzatina Juliette) riesce a veicolare il pathos dell’opera originale. La scena del trapianto, ovvero le due scene, sono registicamente molto pulite e conferiscono quell’aura di sacralità verso la quale difficilmente riuscirete a non essere attratti.
I difetti però sono assai maggiori e purtroppo risaltano molto di più. Il film di per sé è davvero povero. In effetti non c’è alcuna storia, ma soprattutto non c’è alcun conflitto. I personaggi vivono un dolore davvero patetico, che viene trascinato fino quasi alla nausea. Ad eccezione della scena iniziale in mare, della scena del trapianto e quella della corsa in bici di Simon, tutto il resto ha un gusto davvero poco cinematografico. La sensazione in generale è quella di vedere un episodio mediocre di una qualsiasi serie medical anonima.
Riparare i Viventi ha nella manica qualche asso: parte da un’idea interessante per quanto comunque non originalissima, ma finisce per essere un prodotto medio, un melodramma “televisivo” senza alcun approfondimento psicologico o slancio creativo e con una struttura narrativa molto sbilanciata.