martedì, Ottobre 8, 2024
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Renfield, recensione del monster movie con Nicolas Cage

La recensione di Renfield, il monster movie targato Universal con Nicolas Cage nei panni di Dracula. Dal 25 maggio nelle sale.

Non è facile reinventare il mito senza cadere nel tranello di decostruirlo a tal punto da svuotarlo completamente di significato; un rischio che oggi corrono molti archetipi della pop culture, rimaneggiati (con scarsa cura) nel tritacarne mainstream del cinema contemporaneo. E ad essere colpiti da questo fenomeno sociologico sono, soprattutto, i personaggi che hanno valicato i confini dello spazio e del tempo, migrando dalla fine del secolo breve (e non solo) fino ai giorni nostri perché incarnazioni di messaggi subliminali più profondi e radicati nella psiche umana. Ne sono un perfetto esempio i mostri dell’immaginario collettivo, figure inquietanti che popolano il sonno (della ragione) e gli incubi perturbanti degli ignari spettatori. Ma i protagonisti di un ricco filone dei film dell’orrore (i monster movie) hanno sempre incarnato altro, configurandosi come allegorie complesse di malesseri e disagi ben più profondi che si annidano nelle inconfessabili pieghe dell’animo umano.

Il vampiro, ad esempio, oltre a rappresentare dal punto di vista letterario determinati luoghi comuni e stereotipi della società vittoriana britannica, ha rappresentato in un secondo tempo innumerevoli incarnazioni cinematografiche: dal mostro straniero assetato di sangue passando per l’affascinante nobile e, infine, il tormentato dandy romantico; Dracula e i suoi figli hanno cambiato pelle innumerevoli volte, attraversando indenni gli oceani del tempo e permettendo così al loro mito di sedimentare, silenziosamente, nella memoria del grande pubblico. La figura del vampiro ha avuto anche un ritorno ciclico nella storia della settima arte, nella speranza di poter aggiungere sempre qualche nuovo tassello alla sua narrazione interna: quando c’è qualcosa da dire, un messaggio da veicolare in tempi di crisi, ecco che il nobile non-morto ritorna sbucando dal buio, portatore sano dei suoi contraddittori orrori. Il rischio di svalutarne la figura, depauperandola a tal punto da trasformarla in un vuoto involucro sterile (e manieristico) è all’ordine del giorno; ma Chris McKay (La guerra di domani) ha messo a segno un interessante colpo con la sua horror comedy Renfield, nelle sale dal 25 maggio e, già nel titolo, chiaramente schierata dalla parte di un personaggio “minore”.

Perché Robert Montague Renfield, nel Dracula di Bram Stoker, è sì un personaggio fondamentale ma, al contempo, marginale nell’economia del racconto, motore immobile dell’azione drammatica e testimone (pazzo) degli eventi narrati. Nel film di McKay, invece, Renfield diventa la voce narrante della vicenda fornendo la sua versione della storia: nessuna traccia di pazzia, un aggiornamento anche estetico (e tematico) che lo traghetta nella moderna New Orleans e un rapporto tossico da troncare con il suo padrone, il conte Dracula. Il nuovo famiglio è comunque costretto a procurare vittime fresche al suo padrone ed a eseguire ogni suo ordine, per quanto spregevole. Ma ora, dopo secoli di servitù, il giovane uomo è pronto a scoprire se c’è una vita al di fuori dell’ombra del Principe delle Tenebre… ma porre fine a quella co-dipendenza sembra quasi un’impresa impossibile.

La patina del genere racconta un rapporto tossico

Renfield parte da un’importante consapevolezza: abbiamo superato il post-modernismo, tutto è già stato detto o scritto e riportare lo spettatore in sala è sempre un’impresa. Bisogna offrire al pubblico un’esperienza che rasenta il videoludico, il divertimento dettato dall’evasione, una visione che alza sempre di più l’asticella dell’inverosimile a costo di mettere a repentaglio quel sacro patto chiamato “sospensione dell’incredulità”. Nel film di McKay si vedono scene d’azione improbabili e situazioni grottesche ma già la premessa narrativa è incredibile: Dracula è vivo e lotta tra noi per affermare il suo regno delle tenebre, con la complicità del suo famiglio Renfield. Eppure, contro ogni pronostico, il film riesce nell’impresa paradossale di bilanciare perfettamente l’intrattenimento con una sostanza, una forma pantagruelica con un contenuto profondo che riesce ad analizzare, tra le pieghe di eccessi (e decessi) di varia natura.

Di sicuro è merito anche di una perfetta scelta casting, che vede Nicholas Hoult (The Menu) nei panni – questi sì, romantici e tormentati – dell’eternamente giovane e combattuto Renfield, una brillante e sardonica Awkwafina (Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli) in quelli di un’incorruttibile poliziotta eternamente arrabbiata a causa delle ingiustizie della vita, insieme ad uno stuolo di perfetti comprimari (facce giuste al posto giusto) e, infine, alla presenza di un Nicolas Cage ritrovato nei panni del conte dei Carpazi. Perché finalmente l’attore americano può così sfruttare le potenzialità di una recitazione sopra le righe per delineare il profilo di un mostro, seducente ma letale, incrocio tra il Bela Lugosi (targato Universal) del 1931 e il Christopher Lee protagonista del filone horror della Hammer; il Dracula di Cage ha una doppia fila di denti da squalo, è un letale predatore e non conosce il concetto di tormento interiore. Quello che si delinea sullo schermo tra lui e Renfield è un rapporto di forza tossico e letale, con il famiglio/servo che vorrebbe liberarsi, finalmente, dal giogo di quel legame ma non ci riesce perché succube e vittima del narcisismo delirante del suo capo.

Perché in fin dei conti Renfield, dietro la patina del genere, della commedia action contaminata dall’horror e da una violenza grafica fumettistica e paradossale, è la storia di un rapporto tossico (appunto) tra due persone: chiunque abbia affrontato, nella propria vita, un legame del genere, può benissimo riconoscersi in Renfield e può scovare, negli atteggiamenti eccessivi di Dracula, le tracce di quei comportamenti tipici del narcisista patologico, pronto a manipolare la mente altrui per sottometterla al proprio controllo. Il film adempie al compito proprio di ogni film di genere: raccontare, attraverso canoni specifici, la realtà distorcendola attraverso una lente deformante, nella quale noi spettatori possiamo riconoscerci però perdendoci, al contempo, tra le spire rassicuranti dell’intrattenimento più divertito. Renfield offre, senza dubbio, un’esperienza cinematografica mainstream totale, tra grandguignolesche scene senza censure e un divertimento fine a se stesso erede di un certo cinema anni ‘80, che puntava a raccontare delle (buone) storie sullo schermo per intrattenere il pubblico accorso in sala, a caccia del brivido dell’evasione e di qualche buona riflessione da portare a casa, magari filtrata sotto pelle tra risate sghignazzanti e pop-corn.

Guarda il trailer ufficiale di Renfield

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Renfield, dietro la patina del genere, della commedia action contaminata dall’horror e da una violenza grafica fumettistica e paradossale, è la storia di un rapporto tossico tra due persone; in tal modo il monster movie adempie al compito proprio di ogni film di genere, che è quello di raccontare, attraverso canoni specifici, la realtà distorcendola attraverso una lente deformante, nella quale noi spettatori possiamo riconoscerci però perdendoci, al contempo, tra le spire rassicuranti dell’intrattenimento più divertito.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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Renfield, dietro la patina del genere, della commedia action contaminata dall’horror e da una violenza grafica fumettistica e paradossale, è la storia di un rapporto tossico tra due persone; in tal modo il monster movie adempie al compito proprio di ogni film di genere, che è quello di raccontare, attraverso canoni specifici, la realtà distorcendola attraverso una lente deformante, nella quale noi spettatori possiamo riconoscerci però perdendoci, al contempo, tra le spire rassicuranti dell’intrattenimento più divertito.Renfield, recensione del monster movie con Nicolas Cage