giovedì, Ottobre 3, 2024
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Quando Un Padre, recensione del film con Gerard Butler

Quando Un Padre è il nuovo film che segna il ritorno, sul grande schermo e in un ruolo in parte inedito, dell’attore scozzese Gerard Butler, volto e corpo prestati in genere a ruoli d’azione che si appresta in questo caso ad interpretare il dramma umano di un comune padre di famiglia.

Dane Jensen (Butler, appunto) è un cacciatore di teste presso una famosa azienda di recruitment; uomo spietato e cinico che ha improntato la propria vita sul guadagno e su uno stile di vita agiato, ha però sacrificato in nome di tutto questo la propria famiglia, composta dalla moglie Elyse (Gretchen Mol) e dai tre figli. Ma la sua vita subisce un radicale cambiamento quando il suo primogenito si ammala gravemente, ponendo l’uomo di fronte ad un drammatico dilemma morale: sacrificare il lavoro in nome della famiglia o continuare lungo la propria strada, lanciata verso il successo e una vantaggiosa promozione?

Alle volte non basta un cast di ottimi attori – soprattutto di caratteristi dall’altissimo profilo, citando Willem Dafoe e Alfred Molina – per sostenere il ritmo, fiacco e “moribondo”, di un film americano, molto più che americano.

La fragile – e confusa – sceneggiatura che costituisce l’ossatura di Quando Un Padre segue pedissequamente le regole d’oro di qualunque manuale di scrittura, ma riesce a mancare l’appuntamento più importante: quello con la stravaganza e la creatività.

Bill Dubuque, lo sceneggiatore, tesse la tela di un racconto audiovisivo che tocca alcuni dei temi più scontati nei nostri pazzi tempi moderni e iperattivi – come, ad esempio, il tema della disoccupazione e il complesso rapporto con il lavoro – riuscendo allo stesse tempo ad intersecarsi con universali topoi immortali pronti a suscitare emozioni forti nella platea degli spettatori (la malattia di un figlio ne è l’esempio lampante).

Allo stesso tempo, la scrittura di Dubuque non riesce a gettare un nuovo sguardo originale sull’argomento: si limita invece ad eseguire una fiacca variazione sul tema assecondata dalla regia a “focalizzazione zero” di Mark Williams, più un occhio umano che meccanico, lontano dal racconto per immagini e immerso invece nel costante pensiero di traghettare il pubblico nell’odissea di questo comune “family man”.

Un uomo qualunque affetto da quel cinico qualunquismo dissacrante tutto a stelle e strisce che, invece di commuovere con la sua totale incapacità nei confronti della Vita e delle sue tremende sorprese, indispone nei limiti della propria grezza ingenuità.

Butler torna nei panni già vestiti per il “nostro” Gabriele Muccino (nel film Quello Che So sull’Amore), cerca di prestare il corpo imponente e lo sguardo da canaglia guascona per raccontare una divagazione sul macro-tema padri-figli, ma risulta difficile metterlo a fuoco in un film smarrito nel limbo incerto del prodotto che aspira a far pensare con leggerezza e a sogghignare tra le lacrime, muovendosi nell’incerto terreno della dramedy del tutto incapace di trovare una propria identità definita, senza mai schierarsi apertamente.

Guarda il trailer ufficiale di Quando Un Padre

Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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