venerdì, Settembre 29, 2023
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Quando Hitler rubò il coniglio rosa, recensione del film di Caroline Link

La recensione di Quando Hitler rubò il coniglio rosa, film di Caroline Link tratto dal celebre romanzo autobiografico di Judith Kerr. Dal 28 aprile al cinema.

Un ritorno dietro la macchina da presa per Caroline Link, dopo l’Oscar al miglior film straniero nel 2003 per il suo Nowhere in Africa, con Quando Hitler rubò il coniglio rosa, tratto dal bestseller omonimo edito nel 1971 di Judith Kerr. Il lungometraggio uscirà nelle sale italiane a partire dal 28 aprile grazie alla distribuzione di Altre Storie.

Quando Hitler rubò il coniglio rosa mantiene esattamente il titolo del testo d’origine, romanzo per ragazzi basato sulle reali vicissitudini della famiglia di Kerr alla vigilia della presa di potere del nazionalsocialismo in territorio tedesco. Siamo infatti nel 1933, anno di ascesa al potere di Adolf Hitler. Anna (Riva Krymalowski) e Max (Marinus Hohmann) Kemper vivono assieme ai loro genitori Arthur (Oliver Masucci) e Dorothea (Carla Juri) nella loro confortevole casa piena di giochi, fra cui un piccolo coniglio di pezza rosa cui Anna è molto affezionata. Ben presto, tutti loro dovranno affrontare un lungo peregrinaggio attraverso l’Europa – passando tra i confini di Svizzera, Francia e Inghilterra – per fuggire al pericolo imminente e Anna sarà costretta ad abbandonare il suo gioco preferito assieme alla spensieratezza della sua infanzia.

Quando Hitler rubò il coniglio rosa soffre un poco di quella “sindrome da adattamento” che colpisce tutti quei romanzi di formazione adatti alla lettura scolastica – si pensi a un grande classico letterario e cinematografico come Il buio oltre la siepe. Purtroppo, in questo specifico frangente, il film non riesce a decollare, quasi incapace di trovare una tara specifica e personale al suo modo di narrare gli eventi. Sembra quasi venire a mancare quel – seppur difficile – dialogo tra storia personale del personaggio protagonista (in questo caso la piccola Anna) e la Storia, quella con la “S” maiuscola, rapporto che avrebbe dato a Quando Hitler rubò il coniglio rosa uno spessore sicuramente più durevole.

Caroline Link sembra perdersi in grandi momenti di vedutismo – basti pensare alle numerose sequenze dedicate alla maestosità delle Alpi Svizzere firmate dalla fotografia di Bella Halben – e ad altri invece dedicati più al dettaglio e ai particolari che, purtroppo, non riescono a legarsi e rendono il lungometraggio troppo altalenante.

Per quanto sia difficile rendere il flusso interiore di un gruppo di personaggi, il comparto attoriale non se la cava affatto male. Giusti i giovanissimi protagonisti Riva Krymalowski e Marinus Hohmann come lo sono anche Carla Juri e Oliver Masucci – portato al successo internazionale con, ironia della sorte, da Lui è tornato (2015) -, nella loro dolce compostezza di genitori in difficoltà.

Quando Hitler rubò il coniglio rosa rischia, quindi, di rimanere solo una narrazione visiva di un libro certamente formativo e di aderire nello specifico ad un target di pubblico molto, molto giovane.

Guarda il trailer di Quando Hitler rubò il coniglio rosa

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Quando Hitler rubò il coniglio rosa soffre un poco di quella "sindrome da adattamento" che colpisce tutti quei romanzi di formazione adatti alla lettura scolastica. Purtroppo, il film non riesce a decollare, quasi incapace di trovare una tara specifica e personale al suo modo di narrare gli eventi.
Carlotta Guido
Carlotta Guido
Dopo la visione de Il Padrino Parte II capisce che i suoi film preferiti saranno solo quelli pari o superiori alle tre ore | Film del cuore: Il Padrino | Il più grande regista: Aleksandr Sokurov | Attore preferito: Marlon Brando | La citazione più bella: "Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me" (Frankenstein Junior)

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