Over the Moon – Il fantastico mondo di Lunaria è una piacevole sorpresa. La produzione, frutto della collaborazione tra lo studio d’animazione cinese Pearl Studio e Sony Pictures, è profondamente attuale nelle sue modalità di racconto e, allo stesso tempo, ci catapulta nel passato, ad una tradizione animata più classica: un approccio alla narrazione molto vicino a quello generalmente adottato dalla Pixar si fonde, qui, con numerosissime reminiscenze disneyane, in un tripudio di colori e immagini sensazionali abilmente orchestrato dai registi Glen Keane e John Kahrs. Il film uscirà su Netflix il prossimo 23 ottobre.
Ogni anno, in occasione della tradizionale Festa di Mezzo Autunno, le famiglie cinesi si riuniscono, celebrando la luna e la sua dea protettrice, Chang’e. Chang’e, dopo avere ottenuto l’immortalità, fu costretta a dire addio al suo amore terreno, il valoroso arciere Houyi. La dea, ormai sola, abita sulla luna e vaga tra le stelle, vegliando dall’alto sul suo amore perduto, continuando a sperare di potersi un giorno riunire a lui. La piccola Fei Fei è così affascinata dal mito di Chang’e da crederlo reale. Quattro anni dopo la morte della madre, la ragazzina deve fare i conti con una vita che sembra essersi rimessa in moto troppo valocemente. Quando il padre si innamora della dolce Signora Zhong, l’unico scopo di Fei Fei è dissuaderlo, dimostrando la veridicità del mito. Questo sarà possibile soltanto raggiungendo il mondo di Lunaria e confrontandosi con la vera Chang’e, riflesso del ricordo della madre e dell’amore indissolubile che legava i due genitori. Ha così inizio lo straordinario viaggio dell’eroina che, sostenuta dall’esuberante fratellastro Chin, riuscirà finalmente a venire a patti con un passato doloroso e ad avviarsi, con un cuore forse più leggero, verso futuro ancora tutto da scrivere.
La parte iniziale di Over the Moon, incentrata sulla presentazione della piccola Fei Fei e del suo contesto familiare, rievoca gioiosamente molti topoi cari ai più fedeli appassionati della tradizione classica Disney. In particolare, il pensiero va ai film appartenenti al cosiddetto “Rinascimento Disney”: storie semplici all’apparenza ma in realtà dotate di una vigorosa impalcatura morale, con protagonista un eroe valoroso (o, più spesso, un’eroina) che prova a riscattarsi da una situazione insoddisfacente, affiancato da comprimari cui vengono riservati numerosi siparietti comici e brillanti ma a cui viene anche affidata un’importanza assolutamente inedita per l’epoca. Il tutto accompagnato da una colonna sonora accattivante, che trasforma queste opere in veri e propri musical in miniatura.
Tali considerazioni non stupiscono: la straordinaria carriera di animatore di Glen Keane alla Disney, qui al suo primo lungometraggio da regista, si dispiega anche in quegli anni, tra il 1989 e il 1995. Film d’animazione come La Sirenetta, La Bella e La Bestia, Aladdin e Pocahontas sono stati realizzati anche grazie a lui. Non a caso, in Over the Moon, troviamo un brillante esempio della cosiddetta “I Want Song”, strumento narrativo riconoscibilissimo e presente in tutti i film appena citati. La sua funzione è quella di inquadrare immediatamente il personaggio protagonista, con tutto il suo bagaglio di sogni e paure. Il brano Volo Via intonato da Fei Fei riesce a centrare il bersaglio con la stessa potenza di brani ormai divenuti classici, come La Canzone di Belle (La Bella e La Bestia), La canzone della Sirenetta (La Sirenetta) o In fondo al fiume cosa c’è (Pocahontas), giusto per citare alcuni esempi.
Va comunque sottolineato che Over the Moon, pur possedendo tali connotati, non è affatto un’opera nostalgica o retrò. Come promesso dal titolo stesso del film, la vicenda di Fei Fei è destinata a trasferirsi da un contesto tradizionale (il piccolo paesino cinese) ad un universo “spaziale”: Lunaria. Nel momento in cui l’azione entra nel vivo e la protagonista si adopera per raggiungere il suo scopo, il film accoglie un numero assai eterogeneo di influenze. Ed è qui, forse, che vediamo lo zampino del co-regista John Kahrs, animatore di alcuni tra i più famosi film prodotti dalla Pixar. Da un certo momento in poi, infatti, tanto l’aspetto visivo quanto quello narrativo sono perfettamente in linea con prodotti d’animazione più contemporanei. La delicatezza e la (solo apparente) leggerezza con cui vengono affrontati temi estremamente complessi – quali la perdita, il lutto, il prendere atto che la vita ad un certo punto deve necessariamente andare avanti – rappresenta il punto di maggiore forza del film. Ed è in questi momenti che la mente dello spettatore va, inevitabilmente, a gioielli come Up o Coco.
Il carattere fortemente derivativo di Over the Moon si rivela, tuttavia, un’arma a doppio taglio. Nella seconda parte del film c’è di tutto: musica pop contemporanea, favole antiche, videogiochi, citazioni di varia natura (con riferimenti non troppo celati a Il Mago di Oz e a La Storia Infinita). Questi sforzi, atti probabilmente a rendere il film più appetibile per un pubblico di giovanissimi, vanno purtroppo ad intaccare la forza dell’intreccio e l’approfondimento psicologico di alcuni personaggi secondari. Non c’è neanche un vero “cattivo” e quindi il conflitto è pressoché assente (ad eccezione di quello interiore della protagonista): questo fatto, unito alla scelta di mettere un po’ troppa carne al fuoco dal punto di vista citazionistico, toglie una bella dose di pathos alla vicenda.
La trama, da un certo punto in poi, sembra procedere in maniera talmente confusionaria da minare l’efficacia del messaggio. A prescindere dalla storia di formazione incentrata su Fei Fei, in certi momenti è veramente difficile seguire il filo delle azioni della protagonista: non si capisce, insomma, perché si stia affannando tanto. E, a giochi fatti, non viene neanche chiarita la natura del viaggio della ragazzina: si tratta forse di un sogno? O è successo veramente? Il film, con tutta probabilità, sceglie volutamente di aprirsi alla libera interpretazione, ma resta comunque l’impressione che si sia giunti troppo frettolosamente alla conclusione. E questo è un vero peccato, dal momento che il film, oltre ad essere una vera gioia per gli occhi, riesce comunque a tenere desta l’attenzione dello spettatore.
Il coinvolgimento di chi guarda è inevitabile, specialmente (e paradossalmente) nei momenti più scarni dal punto di vista visivo: quando i personaggi restano da soli con i propri pensieri e con i propri “fantasmi”, costretti a confrontarsi con il ricordo e con una dolorosa nostalgia, il film sale di livello, e da film per bambini si trasforma in un’opera “da grandi”, che farebbe vacillare anche l’adulto più imperturbabile. La sceneggiatura del film è opera di Audrey Wells, scomparsa prematuramente nel 2018. Il nucleo tematico del film è senz’altro da ricondurre alla vicenda personale di chi lo ha scritto, fatto che contribuisce a rendere il risultato ancora più toccante. C’è dunque una sincerità di fondo in Over the Moon; una sincerità palpabile che va comunque riconosciuta e apprezzata, al di là di passi falsi e ingenuità.