martedì, Gennaio 21, 2025
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November – I cinque giorni dopo il Bataclan, recensione del film con Jean Dujardin

La recensione di November - I cinque giorni dopo il Bataclan, film di Cédric Jimenez con Jean Dujardin. Nelle sale dal 20 aprile.

Ci sono eventi storici che finiscono per influenzare la memoria collettiva, scavando un solco profondo nelle coscienze e nella percezione delle persone che, come spettatori passivi al centro della Storia, sopraffatti da emozioni contrastanti, sono immortalate nel mezzo del crocevia della memoria e, successivamente, del ricordo.

È successo dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001, ma anche dopo i terribili attacchi terroristici compiuti a Parigi nel novembre 2015, quando circa 130 persone persero la vita nel cuore di una tranquilla notte di movida spensierata e divertimento, mentre una partita veniva giocata allo stadio e un concerto animava il celebre locale Bataclan… Tutti ricordano esattamente dov’erano quella lunga notte, perché ancora una volta la consapevolezza di essere colpiti al cuore quando si è più vulnerabili, mentre si abbassano le difese e ci si abbandona alla sicurezza della propria “casa”, scuote nel profondo le coscienze segnandole e influenzando gli eventi, determinando in modo significativo l’approccio alle aspettative future.

Partendo dalla Storia e da quei drammatici giorni che scossero le coscienze collettive, il regista Cédric Jimenez (French Connection) torna a rielaborare gli eventi come già aveva fatto nei suoi film precedenti concentrando, ancora una volta, la propria attenzione sulle reazioni emotive, sulle psicologie delle persone che si ritrovarono al centro di queste situazioni finendo per trasformarsi in personaggi di una storia più grande, testimoni involontari di cambiamenti epocali e immortali.

Con November – I cinque giorni dopo il Bataclan, l’attenzione dell’occhio meccanico del regista vira sul racconto concitato di fatti, storie, volti ed esseri umani alle prese con l’imprevisto drammatico, l’inaspettato capace di stravolgere per sempre la quotidianità mutando i contorni del mondo che conosciamo, all’improvviso trasfigurato in un perturbante mostruoso nel quale l’orrore fa incursione senza alcun motivo plausibile. Il film ricostruisce, quindi, con dovizia di particolari (e una spiccata intelligenza sensibile) i giorni di terrore vissuti nel 2015 in Francia, dopo che il 13 novembre una serie di attentati terroristici sconvolse la capitale Parigi e l’intera nazione.

La storia mostrata sullo schermo parte dal gennaio 2015, quando il terrorista belga di origini marocchine Abdelhamid Abaaou riesce a sfuggire a un’operazione internazionale condotta ad Atene, alla quale prende parte anche Fred (il Premio Oscar Jean Dujardin, L’ufficiale e la spia), agente della squadra antiterrorismo francese. Dieci mesi dopo, la tragedia è in agguato: un attacco colpisce l’Ile-de-France, uccidendo circa 130 persone.

Una caccia all’uomo, guidata dalla squadra antiterrorismo, parte subito senza esclusione di colpi nel disperato tentativo di arrestare la fuga dei colpevoli: questa missione, alla quale prende parte anche Fred, durerà ben 5 giorni, durante i quali gli agenti seguiranno le intercettazioni, ascolteranno i testimoni e indagheranno senza sosta, perlustrando ogni angolo di Parigi, Bruxelles e il Marocco, fino alla sua conclusione il 18 novembre 2015 nella zona di Saint-Denis 2, come tutti noi possiamo ben ricordare.

Una scrittura della suspense attraverso le immagini

Il talento di Jimenez si vede nella capacità di mostrare gli eventi con sguardo lucido e adrenalinico, puntando all’hic et nunc emotivo piuttosto che ad una morbosità indolente, furba e degna erede di una certa retorica della “tv del dolore”, nella quale è la cronaca nera a dominare lo share e a condizionare l’opinione pubblica. Lo spettatore medio è ben consapevole degli eventi (reali) che il film si appresta a narrare, anzi: ha ancora in mente le immagini sconvolgenti, gli orrori di quella lunga notte del 2015 e le sensazioni che scaturirono da tutto quel dolore.

Per tale ragione il regista sceglie di non mostrare mai, attraverso il suo occhio meccanico, ciò che accade; piuttosto, dà priorità a cause ed effetti, a tutti gli elementi contingenti che si animano intorno agli attentati, svelando cronologicamente un prima, un dopo e perfino un durante che permette agli spettatori di scivolare “nell’intimità” nascosta dell’anti-terrorismo, di chi ha lavorato fin da subito per cercare di fermare quell’onda anomala di orrore e terrore, mettendo in sicurezza una capitale europea ferita e sanguinante.

In November la collaborazione tra il regista e Dujardin torna a dare i propri frutti, facendo ruotare una storia che affonda le proprie radici nella realtà attorno ad uno dei volti di punta del cinema francese, ambasciatore mondiale del buon cinema d’Oltralpe all’estero; una conferma ulteriore di quanto l’industria del cinema dei nostri “cugini” goda di attenzione, cura e ottima salute grazie ad investimenti oculati che incentivano la creatività, permettendo ai talenti di coltivare nuove storie e punti di vista diversificati, fondamentali per raccontarle.

Il rischio grande che correva November – I cinque giorni dopo il Bataclan era quello di trasformarsi in un “santino commemorativo”, uno sterile film drammatico dove perfino il dolore – e l’orrore – finiscono per arrivare anestetizzati dal filtro della finzione agli occhi del pubblico in sala, senza risvegliare le coscienze o cercare di creare un intrattenimento intelligente. Au contraire, l’abilità di Jimenez sta tutta in una scrittura della suspense compiuta attraverso le immagini, in grado di sostenere il film trasformandolo in un prodotto d’azione ed entertainment che evoca la realtà, ma senza dimenticare l’aspetto ludico proprio del cinema stesso.

Un aspetto ludico, certo, in grado di creare una visione collettiva accentuata dalla sala, luogo adibito all’incontro di più persone: una platea che, per la durata di un intero film, vive, soffre, piange ed esorcizza i propri fantasmi grazie alla potenza stessa delle immagini che si susseguono sullo schermo, mai come in questo caso incalzanti e adrenaliniche (nel rispetto dei canoni dei generi). E ad accentuare l’affascinante riuscita del film è anche l’interesse, privo di morbosità, per i personaggi che si muovono al suo interno, quei caratteri proiettati lungo il confine sottile tra realtà e finzione, reali eppure nati sulla carta, eredi degli eventi e della Storia ma figli della creatività di sceneggiatori, regista e di un’intera crew.

In November i protagonisti delle vicende sono fondamentali, emotivamente complessi, dolenti sul piano drammaturgico, capaci di dare corpo alle ombre e alle dilanianti difficoltà di un’incessante caccia all’uomo dall’epilogo inevitabile. E l’intero film è dominato da dicotomie e chiaroscuri, consapevole dell’eterno contrasto tra vita e morte, redenzione e condanna irreversibile, speranza e rassegnata sconfitta: ancora una volta, l’Arte dimostra di saper imitare la vita nelle sue infinite contraddizioni.

Guarda il trailer ufficiale di November

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Con November - I cinque giorni dopo il Bataclan, l’attenzione dell’occhio meccanico del regista vira sul racconto concitato di fatti, storie, volti ed esseri umani alle prese con l’imprevisto drammatico, l’inaspettato capace di stravolgere per sempre la quotidianità mutando i contorni del mondo che conosciamo, all’improvviso trasfigurato in un perturbante mostruoso nel quale l’orrore fa incursione senza alcun motivo plausibile.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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