Ci sono storie legate a doppio filo con la terra da cui provengono e nella quale sono nate; storie tessute intrecciando i fili dei racconti popolari e delle tradizioni della gente che abita determinati luoghi, creando in tal modo inscindibili legami; vincoli che somigliano a fili sottili che collegano tutto, creando un ponte ideale tra passato e presente, memoria ed esistenza, hic et nunc e ricordo.
Deve saperlo bene Roddy Doyle, apprezzato scrittore irlandese, che come molti suoi celebri connazionali – potremmo citare, ad esempio, Bram Stoker, Joseph Sheridan Le Fanu e Oscar Wilde – ha lasciato talvolta contaminare il proprio stile dall’elemento fantastico, insito nella fisionomia di una terra – l’Isola Verde, l’Irlanda appunto – che sembra popolata di creature magiche e spiriti annidati nei boschi verdeggianti o nelle brughiere lambite dal vento, elementi di una tradizione lontana eppure così viva, ancora, nel caotico presente. Doyle trasforma l’Irlanda in una peculiarità e lo fa scegliendo la via dell’autobiografia in un romanzo intitolato A greyhound of a girl (tradotto La gita di mezzanotte), nel quale ripercorre eventi personali attraverso la propria sensibilità e soggettività, lasciando che l’elemento fantastico e mitico li contamini per poter provare a spiegare l’inspiegabile, spesso invisibile agli occhi.
A partire da queste premesse si è mosso il regista italiano Enzo D’Alò, autore di culto di film d’animazione come La gabbianella e il gatto, Momo alla conquista del tempo, La freccia azzurra e Opopomoz; un uomo che, attraverso il proprio sguardo incantato, è già riuscito a dare corpo alle suggestioni delle parole scritte da qualcun altro sulla carta, adattando celebri opere per lo schermo d’argento e soprattutto oggettivando, per il grande pubblico, processi che partono dall’interiorità dei singoli scrittori. E questa magia si è riproposta ancora una volta con l’ultimo film Mary e lo spirito di mezzanotte, ispirato appunto al romanzo omonimo di Doyle ma liberamente contaminato dalle idee di D’Alò stesso.
E contaminazione sembra essere proprio la parola chiave che, come un fil rouge, attraversa l’intera operazione, che approderà nelle sale dal prossimo 23 novembre. La protagonista del film è Mary, una ragazzina di 11 anni con un’incontenibile passione per la cucina: vuole diventare una grande chef. Sua nonna Emer, con cui ha un rapporto davvero speciale, la incoraggia a realizzare il suo sogno. Ma ogni percorso ha i suoi ostacoli, anche imprevedibili, e affrontarli può diventare un’avventura; Mary inizia così un emozionante viaggio che supera le barriere del tempo, in cui quattro generazioni di donne avranno modo di confrontarsi e conoscersi profondamente.
Una tenera riflessione sullo scorrere del tempo
Non è facile affrontare certi temi universali, ingombranti, talvolta considerati ancora dei tabù soprattutto in un film d’animazione pensato per i più giovani (o per il bambino interiore che teniamo ben nascosto). D’Alò dimostra di avere le capacità – e tutte le carte in regola – per poter rischiare, mettendo in scena una tenera riflessione sulla morte, sullo scorrere inesorabile del tempo che riannoda tutti i fili trasformando il passato, il presente e il futuro in un unico gomitolo da srotolare, lentamente, sul pavimento dei ricordi.
E per raccontare tutto questo si affida a correlativi oggettivi e metafore potentissime nella loro semplicità, passando attraverso un dialogo transgenerazionale per approdare ad un libro di ricette tramandato all’interno di una famiglia e alla presenza di un fantasma, Banshee positiva che torna a vegliare sul vivi per proteggerli e scortarli nell’Aldilà. l’Irlanda di Doyle è parte integrante dello storytelling, inscindibile e fondamentale per scivolare nel cuore pulsante delle avventure di Mary; a sottolineare questo legame è la scelta dei fondali, i dettagli, le ambientazioni e soprattutto la musica, composta dal noto chitarrista David Rhodes (habitué di Peter Gabriel) sotto la supervisione dello stesso D’Alò, e che è capace di evocare non solo delle immagini – e delle emozioni – attraverso le parole, ma anche tramite le note di una composizione; a tal proposito, è impossibile non citare la presenza di Matilda De Angelis, impegnata vocalmente nella canzone Ribellati e vai.
Mary e lo spirito di mezzanotte è un film d’animazione atipico e fieramente “fuori tempo massimo” perché lontano da qualunque standard ruffiano attuale: dalla scelta di un’animazione 3D passando per le voci di talent famosi, ogni passo compiuto nel film si muove in direzione “ostinata e contraria”, in vistosa controtendenza, guardando solo alla qualità e all’effetto finale, all’impatto emotivo – ed emozionale – che il prodotto avrà sul pubblico in sala, parlando trasversalmente a tutti, dai più piccoli ai grandi.
Raccontare un passato necessario per il futuro
In un’epoca in cui si grida (quasi) sempre in modo sguaiato per richiamare l’attenzione, Mary e lo spirito di mezzanotte sussurra come il vento tra le fronde, scegliendo attentamente quali argomenti trattare e come farlo con la grazia di una carezza o di un bacio sulla fronte, affidandosi al sincretismo culturale ed estetico per rappresentare un mondo credibile anche al di fuori dei confini dello schermo. Per tale ragione D’Alò ha optato, ad esempio, per una tecnica mista per rappresentare i vari stadi presenti nel film: la bidimensionalità del reale, colorato e in 2D, il groviglio confuso, inestricabile ma vivo, dei ricordi ancora pulsanti nella memoria e il tratto nervoso, simile all’effetto delle xilografie, per rappresentare l’incubo, il perturbante che arriva a sconvolgere il sogno.
Tanti dettagli preziosi per comporre un film d’animazione ambizioso e moderno, capace di dar voce a ben quattro generazioni diverse di donne immortalandole in un dialogo costante, fitto e ininterrotto, capace di valicare i limiti del reale per sconfinare nel reame del fantastico. Un mondo che, allo stesso tempo, è pervaso di una spiritualità profonda e radicata che abita nelle pieghe silenziose della nostra esistenza quotidiana, ricordandoci cos’è davvero importante e cosa non dobbiamo mai dimenticare, cucendolo nella tasca interna del nostro cuore, dove portiamo sempre con noi gli affetti più caro. E il ricordo si trasforma così in tradizione ma anche folklore, memoria di un passato necessario per lanciare un ponte verso il futuro: un ponte che somiglia ad un arcobaleno, con spiriti, fate, Leprecauni e folletti ad attendere i viaggiatori alla fine del suo percorso.
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