lunedì, Giugno 5, 2023
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Manchester by the Sea, recensione del film con Casey Affleck

Manchester by the Sea è il lanciatissimo dramma atipico, firmato da Kenneth Lonergan, pronto ad affrontare anche l’uscita nelle sale italiane a ridosso della stagione dei premi più importanti che lo vedono tra i trionfatori assoluti: con ben sei nomination – tra le quali Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista (Casey Affleck), Miglior Attore non Protagonista (Lucas Hedges), Miglior Attrice non Protagonista (Michelle Williams) e Miglior Sceneggiatura Originale – si candida a diventare un titolo cult della cinematografia moderna in brevissimo tempo.

Il vero asso nella manica vincente, calato da Lonergan, è legato alla rappresentazione emotiva del lutto: invece di raccontare la rielaborazione di una perdita, il regista ha scelto volontariamente di narrare, attraverso la staticità delle immagini, dei paesaggi e degli animi, l’incapacità da parte di una persona di arrendersi all’inesorabile evidenza dei fatti, con la conseguente impossibilità nell’affrontare un enorme dolore scavalcandolo e rifacendosi una vera vita.

Manchester by the Sea è il nome della cittadina dov’è nato Lee Chandler (Affleck), un tuttofare riservato e schivo che vive una rassicurante – quanto monotona – routine a Boston. Ma quando anche il fratello muore, non solo è costretto a rientrare per badare al nipote, ma è messo di fronte alle tragedie inesorabili che hanno segnato il suo passato e che si manifestano sia nella sua incapacità di relazionarsi con il lutto, che con la comparsa sulla scena della sua ex moglie, Randi (Williams).

L’abilità registica di Lonergan risiede proprio nel precario, quanto ammaliante, equilibrio che riesce a creare tra dramma e banalità: bandita la commedia, lo spettatore non si ritrova di fronte ad una tradizionale dramedy quanto ad un improbabile prodotto ibrido, dove la crescente tensione emotiva viene ridimensionata proprio dalla ciclicità ripetuta ed immobile dei movimenti reiterati, delle situazioni paradossali pronte a ripresentarsi ogni giorno, come la neve spalata da Lee, ogni mattina, sulle scale.

A rafforzare questo stile particolare che permette di immergersi, lentamente, nel dramma umano di una persona segnata dal marchio indelebile del lutto (che non sa affrontare) è la musica distopica rispetto alla narrazione, il paesaggio immobile che sottolinea la stagnazione della quotidianità e la recitazione, calibrata, dei protagonisti della vicenda: Michaelle Williams e soprattutto Casey Affleck, che riesce definitivamente ad affrancarsi dall’ombra del “fratello minore” dimostrando le sue capacità interpretative in un ruolo talmente scomodo che lo ha portato, direttamente, sulla strada della corsa all’Oscar.

L’unica pecca di questo piccolo gioiello è l’eccessiva lunghezza: per raccontare una simile storia, dove tutto accade per permettere allo status quo di non cambiare mai, 135 minuti costituiscono una sorta di punizione/espiazione per lo spettatore.

Guarda il trailer ufficiale di Manchester by the Sea

Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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