Il 18 dicembre uscirà sulla piattaforma Netflix Ma Rainey’s Black Bottom, ovvero l’adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale di August Wilson (drammaturgo statunitense, due volte vincitore del premio Pulitzer) del 1986. La pellicola, girata da George C. Wolfe, noto regista teatrale, racconta una giornata della cantante blues Ma Rainey, interpretata magistralmente da Viola Davis (che aveva già lavorato con il regista in Come un uragano), all’interno di uno studio di registrazione.
Ma Rainey fin dai primi minuti del film appare come un personaggio molto particolare, carismatico, ma soprattutto impossibile da contraddire. Con un trucco a dir poco pesante, pelle estremamente sudata, vestiti appariscenti con importanti scollature e dentatura spettacolarmente artificiale, la madre del Blues ha tutti gli atteggiamenti tipici della diva ma, come i galli, due dive nello stesso pollaio non possono convivere. L’altro personaggio, circondato dalla stessa aurea divina, è il trombettista Levee, interpretato da Chadwick Boseman (l’attore che ha interpretato Black Panther per la Marvel e che sfortunatamente ci ha lasciati pochi mesi fa).
Tutta la vicenda, che segue le unità aristoteliche di luogo e tempo, avviene in un solo giorno e in unico luogo, uno studio di registrazione, che però è diviso a sua volta in tre scenari diversi: la sala principale, un piccolo soppalco con gli attrezzi di registrazione, e la squallida stanza di prova al piano seminterrato. Il personaggio di Ma lo vedremo sempre e solo al piano superiore; i suoi musicisti, Levee, Toledo (Glynn Turman), Cutler (Colman Domingo), Slow Drag (Michael Potts), trascorreranno la maggior parte del loro tempo nel seminterrato a provare; i due produttori, gli unici personaggi bianchi della storia, saranno quasi sempre sul soppalco a registrare la performance.
La divisione di questo spazio sembra quasi simbolica, soprattutto se contestualizzata all’interno del periodo e del luogo in cui ambientata la storia, ossia gli anni ’20 negli Stati Uniti. Nello spazio più alto, a gestire tutta la situazione quasi fossero dei burattinai, troviamo i produttori bianchi, che però hanno la libertà e la volontà di muoversi anche attraverso gli altri spazi, come per avere la possibilità di controllare maggiormente quello che accade; nello spazio intermedio troviamo Ma, un personaggio socialmente borderline, con un portafoglio da bianco ma con la pelle nera, rispettata dai bianchi perché loro grande fonte di guadagno, e dai neri per la sua fama e per un sentimento di rivalsa.
Nel seminterrato ci sono i musicisti, l’ultimo gradino di questa gerarchia, che trascorrono il loro tempo a provare senza mai lamentarsi o farsi avanti con delle pretese, dediti al lavoro e con un atteggiamento di riverenza nei confronti di Ma. L’unico ad uscire da questo coro è il personaggio di Levee, un ragazzo giovane, con un passato complicato, fatto di ingiustizie razziali subite tanto da lui quanto dalla sua famiglia, che non riesce a stare al suo posto; consapevole del suo talento, ha l’obiettivo di far conoscere a tutti la propria musica, anche non rispettando gli arrangiamenti pretesi da Ma, e mostra la sua voglia di rivalsa talvolta esagerando con l’esuberanza e la presunzione. Levee è il personaggio più dinamico della storia, quello che non sa stare al proprio posto, che infastidisce tutti per il suo modo di fare, soprattutto Ma, che lo vorrebbe fuori dalla sua band; la sua psicologia è molto complessa e racconta come i neri siano stati rinchiusi dal razzismo in una cella da cui non è solo difficile, ma anche pericoloso, uscire.
Ma Rainey’s Black Bottom è un film che sa riportare perfettamente, dal punto di vista contenutistico, le contraddizioni del fenomeno del razzismo, un po’ come aveva fatto Peter Farrelly in Green Book. Dal punto di vista formale, è uno dei pochi film tratti da un’opera teatrale che non dimenticano le proprie origini ma che, anzi, riescono a risaltarle. Da mesi ormai è impossibile recarsi in teatro a vedere una piece e, nonostante alcune compagnie stiano cercando di sopravvivere mettendo in scena spettacoli che gli spettatori possono guardare in streaming, quest’arte è stata fortemente messa a dura prova.
Vedere Ma Rainey’s Black Bottom consola in un certo senso l’appassionato del palcoscenico, grazie anche ad un montaggio poco invasivo, una regia lineare e a una recitazione incentrata molto sull’espressività facciale e del corpo in generale, portata avanti dai grandi interpreti di questa pellicola, specie da Chadwick Boseman che, senza ombra di dubbio, ci ha salutati lasciandoci un bel ricordo del suo talento.