lunedì, Giugno 5, 2023
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L’Uomo di Neve, recensione del thriller con Michael Fassbender

Un detective laconico, delle donne scomparse. Un segreto dal passato e un sadico serial killer ossessionato dai pupazzi di neve. Si può descrivere con questi tratti essenziali L’Uomo di Neve, la nuova fatica cinematografica diretta da Tomas Alfredson (La Talpa) e adattata da uno dei romanzi scritti dallo scandinavo Jo Nesbø.

Nesbøautore prolifico e molto amato in patria, si è distinto letterariamente per la creazione del personaggio di Harry Hole, detective afflitto dai demoni del proprio passato che macerano sotto la pelle, rendendolo incapace di vivere il presente e di tessere dei sani legami umani.

Ad interpretare questo segugio della polizia dal passato pluridecorato e dalle evidenti intemperanze troviamo Michael Fassbender accanto a Rebecca Ferguson, Charlotte Gainsbourg, Val Kilmer Chloë Sevigny, Toby Jones e il premio Oscar J.K. Simmons. Tutti attori coinvolti in questo adattamento firmato dagli sceneggiatori Hossein Amini e Peter Straughan.

Oslo. L’intemperante e alcolizzato detective della Omicidi Harry Hole (Fassbender) deve indagare sulla scomparsa di una donna accanto alla giovane recluta Katrine (Ferguson). Alcuni elementi del caso, dei macabri dettagli, una serie di coincidenze con vecchi cold case e la prima nevicata di stagione fanno sospettare il detective che dietro la scomparsa ci sia in realtà il disegno di un folle serial killer, ribattezzato “l’Uomo di Neve”, pronto a uccidere delle donne lasciando come traccia un pupazzo di neve. I due cercheranno di scoprire la sua identità prima che possa tornare a colpire in modo efferato, minando la loro stessa incolumità.

L’Uomo di Neve è un tipico esempio di noir scandinavo: un genere codificato a sé, che rientra nei canoni tipici e insieme li adatta alle proprie esigenze culturali. Non c’è troppa azione, non ci sono pirotecnici colpi di scena o atmosfere sdrucite e fumose: tutto segue il ritmo lento delle nevicate, i misteri si dipanano progressivamente svelando un orrore celato sul fondo, sepolto nel ghiaccio antico come La Cosa di Carpenter.

La regia di Alfredson evidenzia questi aspetti, servendosi – a tratti smodatamente – delle musiche composte da Marco Beltrami per sottolineare i passaggi importanti, oppure soffermandosi sulle maestose distese desolate norvegesi, set ideale per rendere al meglio le atmosfere del romanzo di Nesbø.

In un primo momento la trama de L’Uomo di Neve appare confusa, caotica, come una manciata di coriandoli lanciata nell’aria: la vera sorpresa è ammirare come, ricadendo, compongono un disegno di senso compiuto, facendo combaciare tra loro i pezzi del puzzle scritto da Amini e Straughan.

La storia e la sceneggiatura passano da apparentemente casuali a perfettamente congegnate, affilate punte di un fiocco di neve; e proprio a quest’ultimo somigliano le geometrie registiche di Alfredson, raffinate e rarefatte, lente e impeccabili man mano che si avventurano sempre più nell’abisso della follia e dell’orrore.

La vera pecca ne L’Uomo di Neve sono i personaggi: la debolezza di ogni noir che si rispetti, vincolato a schemi fissi e personaggi tipo che si muovono sullo sfondo come simulacri al servizio della storia. Harry Hole, la colonna portante del thriller, appartiene alla scuola di Marlowe ma deve ancora studiare parecchio per diplomarsi in cenciume e seduzione.

Fassbender è impeccabile: lotta con i demoni del proprio personaggio sottopelle, ma forse a risparmio energetico, costretto (per scelta?) ad ingabbiare quell’istinto autolesionista e sfrenato che ha spesso accompagnato i propri personaggi. Gli altri comprimari non hanno troppo tempo a disposizione per entrare in sintonia con gli spettatori.

Nell’insieme L’Uomo di Neve è un discreto thriller noir dall’animo scandinavo con un’estetica british, pronto a far soffiare nuovamente, sul grande schermo, il freddo vento del nord che cela i propri orrori nascosti sotto la neve fresca.

Guarda il trailer ufficiale de L’Uomo di Neve

Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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