sabato, Aprile 1, 2023
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Le vele scarlatte, recensione del film di Pietro Marcello

La recensione de Le vele scarlatte, il nuovo film di Pietro Marcello, già regista dell'acclamato Martin Eden. Nelle sale dal 12 gennaio.

Le fiabe popolari hanno sempre cercato di riflettere, esattamente come uno specchio, le contraddizioni e le dinamiche che animano la nostra realtà: dietro schemi fissi tradizionali, figure ricorrenti – eroi, principi e principesse, mostri in cerca d’amore o di vendetta, donzelle in distress, aiutanti magici e nemici crudeli – ma anche topoi comuni nell’immaginario collettivo, si annida il tentativo di mettere ordine nel caos della realtà, divulgando – tramite degli archetipi – messaggi importanti che altrimenti rischierebbero di essere sommersi dalla frenesia quotidiana.

E mai quanto al giorno d’oggi, nel logorio ininterrotto dello stress che alimenta la routine, c’è bisogno di fiabe (pop) e racconti archetipici per alimentare l’immaginazione: una riflessione che pervade Le vele scarlatte, l’ultima fatica del regista Pietro Marcello (Martin Eden), coinvolto in questa co-produzione italo-francese che vede protagonisti Juliette Jouan, Raphaël Thierry, Noémie Lvovsky e Louis Garrel (L’innocent), attori al centro di un racconto sospeso nello spazio e nel tempo che arriverà nei nostri cinema dal 12 gennaio.

Liberamente ispirato alla novella omonima dello scrittore russo e pacifista Aleksandr Grin, il film è ambientato da qualche parte nel nord della Francia dove Juliette, giovane orfana di madre, vive con il padre – Raphaël – un soldato sopravvissuto alla prima guerra mondiale, nella casa di Adeline, una donna eccentrica che conosce molto bene il folklore popolare. Juliette, nonostante le difficoltà, attraversa un’infanzia umile ma spensierata appassionandosi, nel frattempo, di musica e di canto, coltivando uno spirito solitario amante della poesia e del tepore familiare. Ma un giorno, lungo la riva di un fiume, incontra una maga che le rivolge una profezia: molto presto delle vele scarlatte arriveranno per portarla via dal suo villaggio. Juliette non smetterà mai di credere nelle parole della donna.

Attraverso Le vele scarlatte, Pietro Marcello riesce ad assemblare diversi elementi insieme (proprio come un esperto artigiano) fino a creare un delicato equilibrio tra realismo magico e un realismo dal sapore documentaristico, orchestrati ad arte per narrare una “piccola” storia dal sapore universale incentrata su un legame indissolubile: quello che lega un padre ad una figlia. Perché l’intero film è attraversato dal concetto stesso di “legame”, di vincolo tra esseri umani difficile da recidere nonostante gli abissi dello spazio, del tempo, della vita e della morte.

Raphaël e Juliette, padre e figlia, vivono un’intima simbiosi che emerge dai loro gesti, dagli sguardi complici e dalle attenzioni minuziose che dedicano l’uno all’altra; ma nel loro microcosmo ci sono altri elementi, tutti personaggi fondamentali che compongono una grande famiglia allargata dove non contano tanto i legami “di sangue”, ma quelli che si scelgono nella vita. Padri e figlie, sì, ma anche sorelle acquisite e madri putative; tutti attori che si muovono sullo stesso palcoscenico – quello dell’esistenza – forti della loro unione, percorsa da un fil rouge invisibile e inossidabile.

Tra romanticismo e modernità incalzante

Pur volendo raccontare semplicemente la storia di un legame così intenso tra un padre e una figlia (come dichiarato nel corso della nostra videointervista), Pietro Marcello immortala una fiaba popolare sospesa tra un’attenzione minuziosa verso i particolari – e che ricorda da vicino, soprattutto nella rappresentazione della vita rurale, il migliori cinema di Ermanno Olmi – e un’attrazione verso il realismo magico, popolato spesso da profezie, presenze esoteriche folkloristiche (maghe, streghe, etc.) e fantasmi del passato che aleggiano ancora nel presente, per osservare silenziosamente da vicino le vite dei propri cari.

In un’atmosfera da fine secolo, tra romanticismo e modernità, si muovono ninfe post-moderne e preraffaellite che non hanno mai smesso di credere nella magia (e nelle loro stesse capacità); streghe indipendenti che possono sopravvivere anche senza un uomo accanto, padri dalla presenza austera che incentivano le passioni delle figlie “tramandando” loro anche quelle (oltre alla genetica) e infine avventurieri con la testa tra le nuvole, scapigliati “principi” dell’aria che hanno bisogno di essere salvati, ormai senza più una bella dama in pericolo da difendere. E la modernità de Le vele scarlatte sta tutta nel ritratto di un universo femminile quanto mai contemporaneo, “fiero come un lupo” (come viene apostrofata la stessa Juliette) e in cerca del proprio posto nel mondo, seguendo la via dell’indipendenza e scacciando via ogni ombra di rimpianto o paura, relegate nel buio delle notti o negli angoli oscuri di un paese ostile nei confronti di tutto ciò che è diverso, difficile da comprendere e poco omologato rispetto al tessuto sociale.

L’atipica famiglia allargata di Juliette e Raphaël trova, nei “vicini”, i propri antagonisti ideali, mentre la figura indomita della ragazza è solo uno dei tanti frammenti di un femminino complesso e completo, declinato attraverso sfumature che divergono tra loro per età, vissuto, estrazione sociale e aspettative ma accomunato dallo stesso grande sogno: trovare sempre il proprio ruolo specifico negli equilibri del cosmo, senza attendere l’arrivo di un principe azzurro che… non esiste (almeno, non come è stato descritto convenzionalmente nelle fiabe). Dal punto di vista tecnico, infine, Le vele scarlatte conferma la cifra stilistica che Marcello aveva già infuso nel premiato Martin Eden, ovvero quella curiosa e sofisticata commistione tra immagini d’archivio e fotogrammi fictional, reale e immaginario che si mescolano sapientemente insieme contestualizzando un’epoca e arricchendo di dettagli suggestivi una storia senza tempo.

Un collage di frammenti che riflettono l’essenza del regista (che tende naturaliter al ruolo da archivista) e una sua particolarissima sensibilità, ancora una volta esaltata nel cruciale passaggio dalle parole di carta alle immagini sullo schermo d’argento, com’era già accaduto nella trasposizione del romanzo di Jack London; un istinto che gli permette di lasciarsi ispirare dai paesaggi che fanno da sfondo alla vicenda narrata, trasformandoli progressivamente in protagonisti che conquistano la ribalta fino a fondersi con la presenza umana, ennesime incarnazioni di quei solidi legami che attraversano l’intero film.

Guarda il trailer ufficiale de Le vele scarlatte

GIUDIZIO COMPLESSIVO

In un'atmosfera da fine secolo, tra romanticismo e modernità incalzante, Pietro Marcello immortala una fiaba popolare sospesa tra un’attenzione minuziosa verso i particolari – e che ricorda da vicino, soprattutto nella rappresentazione della vita rurale, il migliori cinema di Ermanno Olmi – e un’attrazione verso il realismo magico, popolato spesso da profezie, presenze esoteriche folkloristiche (maghe, streghe, etc.) e fantasmi del passato che aleggiano ancora nel presente, per osservare silenziosamente da vicino le vite dei propri cari.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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In un'atmosfera da fine secolo, tra romanticismo e modernità incalzante, Pietro Marcello immortala una fiaba popolare sospesa tra un’attenzione minuziosa verso i particolari – e che ricorda da vicino, soprattutto nella rappresentazione della vita rurale, il migliori cinema di Ermanno Olmi – e un’attrazione verso il realismo magico, popolato spesso da profezie, presenze esoteriche folkloristiche (maghe, streghe, etc.) e fantasmi del passato che aleggiano ancora nel presente, per osservare silenziosamente da vicino le vite dei propri cari. Le vele scarlatte, recensione del film di Pietro Marcello