Lasciali parlare (Let Them All Talk) è il titolo dell’ultimo film diretto da Steven Soderbergh, che ritorna dietro la macchina da presa – dopo Panama Papers (The Laundromat) – con un nuovo progetto, che vede ancora una volta protagonista la grandissima Meryl Streep (Big Little Lies, The Prom), mattatrice assoluta accanto ad altre due gigantesche presenze sceniche come quelle di Candice Bergen e Dianne Wiest (I Care a Lot) coadiuvate dalle presenze dei giovani Lucas Hedges (Manchester by the Sea, Boy Erased – Vite cancellate) e Gemma Chan (Captain Marvel). Il film arriverà in Italia in esclusiva digitale da giovedì 27 maggio, disponibile per l’acquisto e il noleggio premium su tutte le principali piattaforme digitali.
La scrittrice Alice Hughes (Streep), vincitrice del Premio Pulitzer, è stata invitata in Inghilterra per ritirare un altro prestigioso premio letterario. Ma ha paura di volare: decide così di fare il viaggio in nave, a bordo di un magnifico transatlantico, e di invitare le sue due migliori amiche del college, Roberta (Bergen) e Susan (Wiest), oltre a farsi accompagnare dal suo amato nipote Tyler (Hedges) che dovrà assisterle durante la crociera. La nuova agente di Alice, Karen (Chan), con l’obiettivo di carpire dettagli sul manoscritto attualmente in lavorazione della sua cliente, si intrufola sulla nave, approcciando Tyler per avere informazioni su come avvicinare al meglio la zia. Tyler però finisce per innamorarsi di Karen, così Alice e le sue amiche vengono lasciate a se stesse. Mentre Alice si impegna a completare il suo tanto atteso manoscritto – cercando di riconciliarsi con Roberta e seppellendo l’antico astio tra le due, con Susan a fare da mediatrice – la scrittrice prova a mantenere la sua vita personale avvolta nel mistero, intraprendendo nel frattempo un viaggio di una settimana pieno di ricordi, risentimenti e battute.
Lasciali parlare rappresenta il ritorno di Steven Soderbergh ad un cinema più intimo e sperimentale, un Kammerspiel mainstream che lascia agli attori lo spazio necessario per brillare, improvvisare ed esprimersi sulla scena sfruttando pienamente il potenziale della macchina cinema. La settima arte, nella filmografia del regista americano, ha assunto tante forme diverse, oscillando sempre tra una patina più commerciale e talvolta glam (la trilogia di Ocean, La truffa dei Logan) quanto nel mondo dell’indie, quello che lo ha incoronato regista di culto in gioventù – come dimenticare il cult Sesso, bugie e videotape? – e che lo ha portato a dirigere, ad esempio, un thriller come Unsane, un film sperimentale girato con un iPhone.
Perché Soderbergh, maestro della macchina da presa e “direttore d’attori”, può permettersi di sperimentare con il cinema stesso, scomponendolo in moduli infinitesimali visibili al microscopio; ed è in quest’ottica che, pur essendo un consolidato autore, decide di firmarsi con ben due pseudonimi dedicandosi anche alla fotografia e al montaggio per sperimentare (ancora una volta), azzerare il grado zero della finzione e immortalare sullo schermo d’argento la vita vera, quella della quale tutti siamo protagonisti, passeggeri accidentali su un treno lanciato a folle velocità in transito nel presente e proiettato nel futuro. La storia di Alice, delle sue amiche, del suo romanzo e del microcosmo che la circonda è come un acquario nel quale i personaggi navigano attraverso lo spazio, seguendo il movimento della nave da crociera sulle onde dell’oceano.
Un acquario nel quale gli attori duettano, si immedesimano nei loro personaggi fino ad entrare nella loro pelle, contribuendo così ad abbattere – insieme a Soderbergh – due grandi tabù di Hollywood: il primo, legato ai film declinati al femminile e il secondo incentrato invece sui cast più agée. Due realtà che vengono viste con un certo sospetto nella mecca del cinema, ma che Lasciali parlare ha saputo infrangere con la forza della propria naturalezza. Perché le performance di Meryl Streep, della Bergen e della Wiest sono imperdibili, incalzanti e irresistibili, rappresentando per le attrici un’ulteriore possibilità per mostrare il loro talento (qualora ce ne fosse comunque bisogno). Le tre donne “sfruttano” gli assist della (fragile) trama per offrire uno spaccato riflessivo su tematiche più ampie: la fama, il peso del successo, l’amicizia, il tempo che passa, la morte.
Massimi sistemi che vengono vivisezionati dal Soderbergh-chirurgo con precisione, sfruttando il vantaggio imperdibile della luce naturale e dei dialoghi improvvisati – a partire da un “canovaccio” scritto da Deborah Eisenberg – che permettono al film di abbattere i limiti “claustrofobici” dello spazio ma soprattutto della trama plot-oriented, dando piuttosto risalto alla complessità dei personaggi che è speculare rispetto a quella dell’esistenza stessa. Un talento che è proprio di Soderbergh, quello di far dialogare temi importanti e d’attualità nascosti dietro la patina del genere, che rende più godibile l’esperienza cinematografica strizzando l’occhio al pubblico.
E, mai come in Lasciali parlare, è proprio la parola – Il logos di cui parlavano i greci – a mandare avanti l’azione, ricoprendo quella funzione specifica che ha nel teatro ma che raramente si vede sul grande (o piccolo) schermo, terra della scrittura per immagini. La parola è la base dell’esistenza di Alice, ne permea l’essenza stessa del suo mestiere da scrittrice; ma la parola è anche il collante, agrodolce, tra le vite delle tre amiche e quel filo indistruttibile che attraversa le varie esistenze, rendendole tutte straordinarie nella loro disarmante normalità.