L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat è il titolo del film che riporta il regista John Madden (Shakespeare in Love) dietro la macchina da presa; davanti, invece, un cast di grandi nomi dello star system britannico come Colin Firth, Matthew Macfadyen, Jason Isaacs, Penelope Wilton (vista di recente nel film Downton Abbey II – Una nuova era) e Johnny Flynn, già protagonista nei panni di David Bowie nel biopic Stardust. Il film uscirà nelle sale italiane dal 12 maggio grazie a Warner Bros. Italia.
L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat racconta gli eventi legati all’omonimo piano condotto nella primavera del 1943 durante la Seconda guerra mondiale dai servizi segreti inglesi, con lo scopo di depistare l’esercito nazista simulando uno sbarco sulle coste greche, mentre il vero obiettivo era la Sicilia. Per mettere in atto il piano e scongiurare un’epica disfatta, vengono coinvolti due ufficiali dell’Intelligence, Ewen Montagu (Firth) e Charles Cholmondeley (Macfadyen), pronti ad escogitare una rischiosa strategia della disinformazione, mettendo in circolazione false informazioni sullo sbarco delle truppe alleate e affidando questo compito a un ufficiale insospettabile… perché già morto. Riusciranno a non far fallire il delicato inganno che hanno architettato?
L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat è un’opera solida, fin troppo tradizionale nell’impianto quanto negli intenti: evocando fasti – e successi – di un cinema che lo ha preceduto, cerca di colmare quei vuoti narrativi nella Storia svelandone retroscena nascosti e misconosciuti, immaginando – o, come in questo caso, ricostruendo – fatti ed eventi verosimili. Come accadeva ne L’Ora più buia, dove si ricostruiva un Churchill privato (e provato), questa volta la sceneggiatrice Michelle Ashford sceglie un evento rimasto segreto fino al 1954, strutturandolo come una solida spy story dove intrighi, menzogne, falsità e inganni si riflettono in un gioco di specchi immerso in un labirinto, atto a disorientare l’attenzione dello spettatore, catturandone al contempo la curiosità.
È questa chiave di lettura nuova, suggestiva e affascinante che regala al film di Madden una nuova chance di raccontare la Storia sotto un’ottica diversa, privilegiata, strizzando quasi l’occhio – per atmosfera, suggestioni ed emotività – ad un cult come Casablanca; non è il classico war movie, né la classica storia di spionaggio e tantomeno un melò d’altri tempi. L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat è tutto questo e molto altro, condensato in un esito finale che è capace di trovare uno splendido equilibrio tra intrattenimento mainstream e riflessione storiografica, profondità e ritmo incalzante; ad arricchire questo campionario, è l’altra accattivante scelta di affidare la voce narrante – una sorta di voice over onnisciente che conosce bene i fatti, ed è capace di raccontarli dall’interno trasformandoli in letteratura – al personaggio di Ian Fleming, il futuro papà di James Bond, qui alle prese con i primi assaggi di quel mondo che contribuirà a celebrare, rendendolo immortale attraverso le sue opere.
E il Fleming interpretato da Johnny Flynn è solo uno dei punti di forza di un film che trasforma ogni personaggio in un essere umano a tutto tondo, non solo una pedina sulla scacchiera della Storia, ma una creatura fatta di carne, sangue, idiosincrasie e contraddizioni, che contribuiscono a renderli imperfetti e affascinanti, vicini al pubblico in sala. I due “eroi” della storia, Montagu e Cholmondeley, sono fragili e contraddittori, animati da determinazione e senso del dovere, ma in difficoltà quando si tratta di gestire la sfera privata; incredibilmente è proprio la linea guida del loro conflittuale rapporto professionale ad intrigare, come del resto il tormentato triangolo che entrambi vivono con Jean (Kelly Macdonald), ritratto di un femminino caparbio e indipendente, determinato ad affermarsi in un mondo del lavoro che rischia di schiacciare – ieri, come oggi – la sfera più intima e privata, quella che riguarda i sentimenti.