La Tartaruga Rossa non sembra un lungometraggio prodotto nel 2017, ma un cartone animato d’altri tempi. Basti pensare che, per circa novanta minuti, non ci sono dialoghi ma solo suoni, rumori e musica. La sensazione è di ascoltare e vedere un lungo inno alla vita e alla natura.
A fare la differenza non è la storia in sé, che potrebbe essere “figlia” di molti naufragi alla Robinson Crusoe, quanto il ritmo dell’animazione e l’uso della metafore. Il film, oggettivamente (e volutamente) lento, ci trasporta in una dimensione spirituale che induce a interrogarsi sui grandi perché dell’esistenza.
La trama è molto semplice: un uomo, causa una tempesta che distrugge la sua barchetta, si ritrova su un’isola deserta. Disorientato e impaurito, cerca in tutti i modi di fuggire da quel luogo solitario, ma il principale ostacolo è un’enorme tartaruga rossa, che distrugge continuamente la zattera faticosamente costruita. Dopo l’ennesimo tentativo fallito, la tartaruga lo seguirà sulla spiaggia. Da quel momento il misterioso animale dalla testuggine color rubino gli cambierà per sempre la vita.
Presentato al Festival di Cannes nella sezione “Un certain regard” e candidato all’Oscar come miglior film d’Animazione, La Tartaruga Rossa è una co-produzione franco-giapponese e ne trasmette tutte le caratteristiche. Mescola sapientemente, infatti, minimalismo nipponico e linee chiare dei fumettisti francesi (il protagonista alle volte ricorda il Tintin di Hergè).
Galeotto l’incontro di Michael Dudok de Wit (regista e illustratore olandese e già vincitore dell’Oscar per miglior cortometraggio d’animazione con Padre e Figlia) con Isao Takahata, produttore e autore dello Studio Ghibli (Nausicaa della Valle del vento e Laputa – Castello nel cielo).
Dodici anni di lavoro per un risultato che certamente non manca di raffinatezza. Un film che affida al simbolismo (a volte eccessivo) tutti i grandi misteri della vita: amore, morte, vita, rinascita, rivelando una grande co-protagonista: la natura, accogliente e pericolosa, materna e ingannevole. E dove la parola non esprime arriva la musica di Laurent Perez, dolce e malinconica.
Un’opera che dimostra che l’esistenza, spogliata del superfluo, trova le sue fondamenta nei sentimenti e nell’importanza delle relazioni: l’amore tra uomo e donna, quello dei genitori nei confronti di un figlio. La bellezza de La Tartaruga Rossa la troviamo anche nell’estetica dei suoi fotogrammi: disegni semplici ma molto curati a livello cromatico, inquadrature in cui i vuoti contano più dei pieni.
Lontano dagli esuberanti personaggi e dalle frizzanti e elaborate animazioni dei colleghi d’oltreoceano, La Tartaruga Rossa si fa amare per ben altri aspetti. Non per tutti i palati. Il film uscirà nelle sale italiane come evento speciale il 27, 28 e 29 marzo, distribuito da BIM Distribuzione.