La protagonista de La Syndicaliste, dopo l’aggressione e gli accertamenti sanitari, chiede uno specchio per truccarsi, destabilizzando il medico. Come se non volesse interrompere quel gesto quotidiano, semplice, ripetitivo, che la porta ad essere Maureen Kearney, la sindacalista dal rossetto rosso e chignon.
È anche però, forse, un tentativo di ricordare le circostanze della violenza iniziata proprio mentre si stava preparando davanti allo specchio. Perché sì, in tutto il film di Jean-Paul Salomé, presentato nella sezione Orizzonti della 79esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, alla protagonista (Isabelle Huppert) viene chiesto di ricordare con dettagli minuziosi tutto l’accaduto, ma più si sforza e più il tutto appare sfocato, con momenti poco chiari e contraddittori; da vittima, quindi, passa a sospettata di simulazione.
Cosa significa essere una buona vittima? Ci sono caratteristiche particolari che ne danno un profilo ideale? Sono queste le riflessioni che porta la Salomè nel film La Syndicaliste, prendendo spunto da una vicenda vera sulla sindacalista dei lavoratori di Areva, multinazionale del nucleare: la Kearney ha infatti denunciato un segreto di stato che ha scosso l’industria nucleare in Francia e, da sola contro tutti, ha lottato contro ministri e industriali per portare alla luce questo scandalo e difendere più di 50.000 posti di lavoro. Fino al giorno in cui è stata violentemente attaccata e ha visto la sua vita sconvolta.
Agli occhi delle istituzioni, Maureen non può che essere colpevole perché non c’è alcuna prova a suo favore né un testimone. Non può essere vittima una che non porta le mutandine, a cui piacciono i gialli e che ha bruciato la sedia dove diceva di essere stata legata. Lei che si batte per i diritti dei dipendenti, che ha 50.000 posti di lavoro sulle sue spalle (come afferma più volte), ma che nessuno difende. Maureen che a casa gioca a poker, legge, ha una famiglia più o meno unita, ma che sul lavoro è invece un treno in corsa, fa telefonate a tutti per scoprire la verità, addirittura al presidente della Repubblica. Col procedere dell’indagine, però, Maureen la combattiva si spegne, il rosso delle labbra svanisce e le tute prendono il posto dei tipici vestiti da “donna in carriera”, con gli occhi magnetici della Huppert a delineare il volto di chi si è ormai rassegnato.
La Syndicaliste, una miscela di thriller e dramma
Jean-Paul Salomé mescola i generi del thriller e del dramma per fare una riflessione su un vero caso di cronaca giudiziaria/politica e anche sui ruoli femminili e maschili nella gestione degli affari che riguardano il mondo del lavoro (la manager alleata di Maureen, ad esempio, viene fatta fuori perché non ci si fida delle manager donne, preferendo le garanzie maschili pronte ad avallare gli accordi segreti).
Permane poi il pregiudizio che ci sia una qualche “colpa femminile” per ogni stupro subito, per ogni ingiustizia dove dall’altra parte c’è un uomo. Anche la nota solidarietà femminile viene smentita, con la giudice che risulta tra coloro che più attaccano la Kearney. Non poteva esserci, quindi, titolo più azzeccato, La Syndicaliste… una sindacalista al centro della storia, messa da parte da chi ha più potere di lei, ma che al tempo stesso non rinuncia alla verità, specialmente quando a pagarne le conseguenze possono esserne i più fragili.