Le trasposizioni in live action dei classici d’animazione Disney finiscono, puntualmente, col genere notevole rumore, dando spesso vita ad un chiacchiericcio strumentale e infondato che riguarda esclusivamente un gusto personale, e che di fatto non ha nulla a che vedere con la riuscita o meno del film in questione: le polemiche sterili dei leoni da tastiera – parte inevitabile di un gioco perverso che favorisce comunque la discussione, nel bene e nel male! – hanno sempre echi lontanissimi, iniziando a gonfiarsi molto prima dell’arrivo del prodotto finale sul grande schermo.
Nella maggior parte dei casi, sono polemiche che nascono rispetto a determinate scelte di casting, visto e considerato che lo spettatore medio sembra essere totalmente incapace di svincolarsi da un immaginario preesistente che – sorpresa! – esiste soltanto nella sua mente e che non ha nulla a che vedere con la possibilità di poter stravolgere una storia anche in quelli che appaiono ai nostri occhi come degli aspetti determinanti. È quello che accade ne La sirenetta, adattamento in live action dell’omonimo classico Disney del 1989, basato a sui volta sulla popolare fiaba di Hans Christian Andersen, travolto da lamentele sterili e inutili da quando è stato annunciato – ormai più di quattro anni fa – che l’attrice e cantante Halle Bailey avrebbe interpretato il ruolo di Ariel.
Soffermarci sulla trama del film sarebbe pressoché inutile, dal momento che anche l’operazione di Rob Marshall – già al servizio di Disney per Into the Woods e Il ritorno di Mary Poppins – ricalca, in termini di struttura narrativa, il classico originale a cui siamo tutti affezionati. Piuttosto, sarebbe importante riuscire a mettere in luce quali sono gli aspetti che – almeno dalla prospettiva di chi scrive – ci permettono di affermare che il live action de La sirenetta, al di là di quanto possa essere opinabile il fatto di giustificarne l’esistenza, risulta comunque riuscito.
E con buona pace di tutti i detrattori, il merito di questa riuscita è da ricercare – in prima istanza – proprio nel cast. Halle Bailey risponde a tutte le discussioni nate a causa della sua etnia con l’unico strumento a disposizione di ogni artista: il talento. La nuova Ariel ha le fattezze di un vero e proprio angelo: un’interprete semplicemente perfetta, dotata di una voce in grado di far vibrare le corde dell’anima e di una fisicità armoniosa che le permette di dare vita ad un personaggio a dir poco irresistibile, da cui si farà enorme fatica a staccare gli occhi di dosso e di cui sarà impossibile non innamorarsi.
Bailey ruba la scena, ma di certo non è l’unica: al suo fianco, una gigantesca Melissa McCarthy si fa carico di un’impresa ancora più titanica, dare corpo, voce e anima a Ursula, la potentissima Strega del Mare, uno dei villain più iconici della scuderia di antagonisti creati da Disney. L’attrice, che in passato aveva già dimostrato di essere particolarmente duttile e di riuscire a spaziare con disinvoltura dal registro comico a quello drammatico (si pensi al film Copia originale), incarna magnificamente quell’imprescindibile miscellanea di arte manipolatoria e persuasiva che sono da sempre i tratti distintivi del personaggio, restituendone non solo il fascino e il carisma tipico di qualsiasi presenza ingombrante, ma anche l’oscurità e il perfido senso dell’umorismo.
Ridare nuova vita a una storia e una magia eterne
Anche il doppiaggio si rivela particolarmente azzeccato: là dove l’assurdo design dei personaggi di Sebastian, Flounder e Scuttle appare indubbiamente come uno degli aspetti più stridenti della realizzazione, sono le performance di Daveed Diggs, Jacob Tremblay e Awkwafina a restituire dignità agli animali parlanti amici di Ariel, catturandone lo spirito in parte tenero in parte comico di ognuno solo attraverso la voce, permettendo così allo spettatore di travalicare la stramberia del loro aspetto e riconoscere comunque il valore aggiunto che tutti e tre riescono ad apportare alla storia.
A completare il “cast degli umani”, invece, troviamo il premio Oscar Javier Bardem nei panni di Tritone, che forse – proprio a causa della sua caratura – è quello che risulta più dissonante rispetto al contesto, e l’attore misconosciuto Jonah Hauer-King nei panni di un Eric inedito, molto diverso dalla controparte animata, a cui la sceneggiatura – opera di David Magee (già dietro il sopracitato Il ritorno di Mary Poppins, ma anche dei più recenti Non così vicino e L’amante di Lady Chatterley) – regala una tridimensionalità atta a giustificare nel profondo la sua attrazione nei confronti di Ariel, dettata finalmente da una concreta affinità e non da una banale convergenza astrale, con la storia d’amore tra i due personaggi che assume inevitabilmente dei contorni più definiti e appassionati.
Oltre all’impegno di attori e sceneggiatori, però, non si può non lodare anche lo sforzo condiviso del regista Rob Marshall, del compositore Alan Menken e del cantautore Lin-Manuel Miranda (nella vita anche regista e attore) di mettere a segno un’operazione realizzata con evidente amore nei confronti dell’originale: Marshall se la cava egregiamente nel garantire quel minimo di armonia e precisione alle scene ambientate sott’acqua (aiutato chiaramente dai prodigi della CGI), mentre Menken – già dietro la colonna sonora del classico originale – e Miranda – le colonne sonore di Encanto e Oceania – si addentrano in un prezioso lavoro di riadattamento e arricchimento delle musiche, enfatizzando la potenza delle immortali note di brani come “Part of Your World“, “Under the Sea” e “Poor Unfortunate Souls“, e ampliando la nuova direzione del racconto attraverso alcune composizioni inedite, realizzate appositamente per il live action (come “Wild Uncharted Waters“, la canzone di Eric).
Alla fine de La sirenetta riemergiamo dalle acque, torniamo sulla terraferma, tiriamo un sospiro di sollievo e magari siamo anche disposti ad emozionarci nel rivedere quel tenero abbraccio tra Ariel e Tritone: trattandosi di uno dei classici d’animazione più amati di sempre, il rischio che questa rivisitazione potesse rivelarsi fallimentare era altissimo; e invece, siamo di fronte ad uno dei migliori remake “in carne ed ossa” sfornati dalla Casa di Topolino, in grado di dare nuova vita a quell’eterna magia che accompagna da sempre una storia che non è soltanto d’amore, ma anche – e soprattutto – di presa di coscienza di sé e del mondo. In una parola, di libertà.
- LEGGI ANCHE – La sirenetta: la realizzazione del live action nelle parole di Rob Marshall e dei filmmaker
- LEGGI ANCHE – La sirenetta: Halle Bailey, Melissa McCarthy e il resto del cast raccontano il live action