Lesley Manville è una delle attrici britanniche più talentuose della sua generazione, attiva non solo al cinema, ma anche in ambito teatrale e televisivo. In Italia, il suo nome è principalmente legato alla longeva collaborazione con il regista Mike Leigh (che l’ha diretta ben sette volte) e, forse ancora di più, al ruolo di Cyril Woodcock ne Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, grazie al quale ha ricevuto la sua prima (e ad oggi unica) candidatura agli Oscar come miglior attrice non protagonista.
In attesa di vederla nei panni di Margaret, contessa di Snowdon, nella quinta stagione dell’acclamata serie The Crown (che sarà disponibile su Netflix a partire dal prossimo 9 novembre), di recente Lesley Manville ha anche interpretato il ruolo della protagonista nella commedia drammatica La signora Harris va a Parigi (Mrs. Harris Goes to Paris in originale), che è stata presentata in anteprima italiana nella cornice della 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma (in programma dal 13 al 23 ottobre) e che arriverà nelle sale a partire dal 17 novembre.
Il film, diretto dal regista britannico Anthony Fabian (Più forte delle parole – Louder Than Words), è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense Paul Gallico (già adattato per il piccolo schermo in un film del 1992 interpretato dalla compianta Angela Lansbury). La storia è ambientata nella Londra degli anni ’50 e racconta della vita di Ada Harris, un’umile donna delle pulizie che, in seguito alla morte del marito, sembra essersi rifugiata in una vita semplice e ordinaria, scandidata dalla solita, monotona routine quotidiana. Un bel giorno, però, mentre è al lavoro nell’appartamento di un ricco cliente, Ada si accorge di un bellissimo abito di Christian Dior custodito in un guardaroba: folgorizzata da quello che considera una vera e propria opera d’arte, decide di risparmiare il più possibile per poterne acquistare uno tutto per sé. Una volta raccolti i soldi necessari, Ada vola a Parigi con l’obiettivo di visitare la famosa casa di moda e trovare il vestito dei suoi sogni, pronta a farsi travolgere da una serie di sorprendenti eventi.
Il romanzo senza tempo di Gallico, pubblicato nel lontano 1958 (primo capitolo di ben quattro libri), prende vita in un’opera delicata e incantevole, una favola piena di buoni sentimenti che, pur non raccontando nulla che il cinema non ci abbia già abbondantemente propinato in passato, si approccia ad una storia essenzialmente classica – l’avventura di una vita, quella dell’eroina ingenua e un po’ svampita, capace di trovare il coraggio per stravolgere un destino all’apparenza già scritto e realizzare i propri sogni, nonostante gli anni che avanzano – in maniera autentica e accurata.

Un feel-good movie in tutto e per tutto
Anthony Fabian, che del film è anche co-produttore e co-sceneggiatore, si impegna per restituire allo spettatore un ritratto della sua protagonista capace di esplicarne al meglio le ragioni profonde, al fine di non sminuire mai, in nessun punto della storia, tutte quelle scelte che di primo acchitto potrebbero apparire come frivole e superficiali, ma che in realtà celano un dolore quasi sempre invisibile agli occhi.
Ada è una donna vedova che ha congelato le proprie emozioni e che giorno dopo giorno si è crogiolata in una vita di solitudine. In questo senso, l’abito di Dior che arriva a diventare quasi un’ossessione, un feticccio per lei, rappresenta una sorta di metafora: non solo la sorpresa nello scoprire di essere ancora in grando di provare emozioni e di lasciarsi travolgere da un impeto di desiderio, ma anche la consapevolezza che il tempo può essere comunque ingannato, e che non esistono limiti di età quando si ha voglia di concretizzare un sogno, di riaprire il proprio cuore e di tornare ad amare ancora.
La storia di Ada diventa la storia di chiunque abbia rinunciato a sperare e a lottare, svelando quasi subito quell’innata astuzia che certe opere hanno di ergersi a straordinari racconti universali, capaci di superare qualsiasi tipo di confine e di scaldare il cuore di qualsiasi tipologia di pubblico. In questo senso, La signora Harris va a Parigi è in tutto e per tutto un feel-good movie pieno di scene divertenti e cariche di ritmo ma anche di momenti intensi ed emozionanti, con Fabian che si rivela il direttore d’orchestra perfetto, abilissimo nel far convivere armoniosamente la realtà con il desiderio e nel dare il giusto vigore ad un film sicuramente radicato nei tempi che racconta, ma che al tempo stesso non perde mai quel carattere e quello spirito di favola per adulti.
E come in tutte le favole, c’è bisogno chiaramente di una protagonista che sia in grado di prendere per mano chi avrà la fortuna di intraprendere assieme a lei questa meravigliosa avventura, catturandone l’animo: Lesley Manville ci regala un personaggio ricco di calore, genuinità e fascino, che solo un’attrice dotata della sua versatilità e sensibilità poteva riuscire ad esaltarne le qualità straordinarie, dalla dolcezza estrema alla forza infinita. Attorno a lei gravitano una quantità di comprimari altrettanto eccezionali, fondamentali per far emergere al meglio le infinite sfumature della personalità variopinta di Ada (donna remissiva, tollerante, ma anche ironica, spiritosa e caparbia), tra cui spiccano Isabelle Huppert, Lucas Bravo, Ellen Thomas e Jason Isaacs.
Facendosi beffa anche di numerosi cliché (l’archetipo di Cenerentola, l’ambiente della moda, il divario culturale, ecc.), La signora Harris va a Parigi centra ottimamente il suo obiettivo primario: trasportare lo spettatore in un’atmosfera da sogno, in cui lasciarsi sorprendere da ciò che il destino ci riserva e imparare ad aprirsi alle novità della vita qualunque sia la direzione. In un’epoca in cui sembra che soltanto le grandi produzioni di Hollywood possano dettare legge su come gettarsi alle spalle le difficoltà del quotidiano, Fabian ci ricorda che l’opportunità di evadere può esserci concessa anche da una storia incredibilmente semplice, in grado lo stesso di infonderci energia e di farci emozionare. Com’è che si dice? A volte basta veramente poco.