Se avete intenzione di andare a vedere John Wick 3 – Parabellum al cinema, è molto probabile che abbiate già visto i precedenti due capitoli della trilogia imbastita da Chad Stahelski (in coppia con David Leitch), stuntman di Keanu Reeves in Matrix e artefice della rinascita del divo, la cui stella si era appannata a causa di un decennio disseminato di film non memorabili.
È molto probabile, quindi, che siate stati conquistati dagli ingredienti che dal 2014, anno di uscita del primo film, hanno reso John Wick un successo (circa 260 milioni di dollari di incasso a fronte di una spesa di 60 e una serie TV, The Continental, attualmente in produzione dal canale televisivo statunitense Starz); in tal caso, questo capitolo “conclusivo” della saga non vi deluderà affatto – e lo si capisce già dal titolo, tratto dal detto latino Si vis pacem, para bellum, ovvero Se vuoi la pace, preparati alla guerra.
All’appello, infatti, non manca niente: spettacolari e rocamboleschi scontri all’ultimo sangue; scenari mozzafiato che ampliano ulteriormente il mondo in cui si muove il protagonista, di cui vengono approfondite le origini; una ricercatezza visiva che insiste sull’estetica pop fatta di pioggia, illuminazioni al neon, vetri e specchi già apprezzata nel secondo film; un’attenzione assoluta, quasi totalizzante, per le coreografie di lotta, durante le quali fanno capolino pochissimi tagli di montaggio.
Quanto già visto nei precedenti due film, insomma, viene ampliato, irrobustito e, soprattutto, spinto fino al limite. Ed è questo, probabilmente, il maggior pregio di John Wick 3 – Parabellum (qui il trailer italiano ufficiale), nonché il suo principale difetto: aver voluto a tutti i costi alzare l’asticella fino al limite, producendo interminabili scene d’azione fini a se stesse che rendono le due ore e dieci minuti di film a stento sopportabili per lo spettatore medio.
La quantità di tempo dedicata ai combattimenti – nel loro complesso un’autentica enciclopedia dei modi di uccidere, a tratti sorprendentemente creativa e/o cruenta – rende difatti il film sempre più irrealistico (neanche il T-1000 di Terminator 2 avrebbe avuto la stessa resistenza di John Wick) e faticoso da sopportare (gli stessi schemi vengono reiterati più e più volte, senza una regia particolarmente intrigante a smorzare l’azione).
Nonostante la discreta dose di autoironia, che enfatizza le situazioni più paradossali e gioca con il citazionismo (almeno tre i riferimenti a Matrix), l’impianto resta terribilmente serioso e la sensazione finale è che 20 minuti di scazzottate in meno avrebbero alleggerito notevolmente il film.
A pesare ulteriormente su quest’ottovolante impazzito fatto di sparatorie e combattimenti, dialoghi trascurabili, una musica meno incisiva che nei precedenti film e la bidimensionalità dei personaggi, di cui molte scelte appaiono incomprensibili; lo stesso Keanu Reeves, per quanto carismatico, sembra un’arma di distruzione di massa pilotata da remoto.
È davvero un peccato, perché le risorse per miscelare con più senno storia, personaggi, azione e un innegabile gusto per l’intrattenimento dei registi, c’erano tutte; d’altra parte, come detto, è probabile che la maggior parte di chi ha apprezzato i precedenti due film possa amare questo terzo capitolo proprio per il suo suo essere sbilanciato verso un’azione nonsense, irrefrenabile e a tratti ultraviolenta.
Alla fine dei 131 minuti, quando le carte sembrano rimescolarsi nuovamente per dare un ormai tardivo senso al leitmotiv del film, “nessuno vive al di fuori delle regole”, l’unica cosa certa è che se gli Avengers avessero avuto dalla loro parte John Wick, per Thanos non ci sarebbe stato scampo sin dall’inizio.