A due anni (quasi) esatti di distanza dall’uscita della prima parte, arriva finalmente al cinema IT – Capitolo Due. Il regista Andy Muschietti è pronto a mostrare al pubblico l’epilogo del suo adattamento di un romanzo indubbiamente complesso: il compito questa volta è stato ancora più arduo, dal momento che Muschietti ha dovuto fare i conti non solo con l’aspetto cosmogonico dell’opera originale (totalmente ignorato nel capitolo precedente), ma anche con alcuni temi della poetica kinghiana che il regista e sceneggiatore argentino non aveva ancora avuto modo di sviscerare.
Se IT (qui la recensione) era riuscito a rimodellare e a fare propri tutti quegli elementi provenienti dal romanzo più affini al classico racconto di formazione, concentrandosi esclusivamente sui personaggi dei Perdenti da bambini, in IT – Capitolo Due Muschietti e il team produttivo provano a mettere in piedi un’opera corale dalle sfumature epiche che cerca, attraverso l’introduzione dei Perdenti adulti e il continuo rimando – tramite flashback – alle loro versioni adolescenziali, di espandersi oltre i confini delle legittime cornici da blockbuster. Il risultato finale è un racconto cinematografico di ampio respiro che, seppur nelle sue imperfezioni, è capace di abbracciare tanto l’orrore inquietante quanto il dramma umano.
Ciò che emerge fin dai primi minuti di IT – Capitolo Due sono le comprovate doti registiche di Muschietti: il film si apre con la tanto chiacchierata sequenza dedicata alla morte di Adrian Mellon (interpretato da Xavier Dolan, che riscopre la sua passione per la recitazione), costruita in maniera impeccabile. Un opening straordinario, brutale, in grado di evocare quel dilagante senso di terrore connesso intimamente non solo al ritorno di Pennywise e alla maledizione di una cittadina, ma anche a quella corrosività che ancora oggi attanaglia la nostra società.
Veniamo così catapultati – letteralmente – nella prima parte del film, con Muschietti e gli sceneggiatori che sembrano essersi addentrati a fondo nelle pagine del capolavoro di Stephen King, mescolando delle peculiarità che scalfiscono tanto la drammaturgia quanto la messa in scena e la resa filmica. Attraverso un montaggio invisibile, ritroviamo i Perdenti ormai adulti: chi sono oggi (dopo 27 anni), dove sono dislocati nel mondo e, soprattutto, con quali nuovi “demoni” si trovano a fare i conti. Il potere schiacciante della memoria e l’incisività dei traumi infantili emergono in maniera dirompente, insieme a tutte quelle differenze che un romanzo da sempre definito “infilmabile” comporta naturalmente.
Dell’opera originale questo Capitolo Due ne riprende il modo in cui l’intreccio si snoda, ossia il passato che si sovrappone al presente, con il ricordo di una vita a Derry trascorsa all’ombra della paura che a mano a mano riecheggia di nuovo, sempre più a lungo, nella mente dei Perdenti. Ci addentriamo così nella seconda parte del film, che per diversi motivi risulta la meno riuscita: i Perdenti si preparano ad affrontare Pennywise e per Muschietti è giunta finalmente l’ora di traslare dalle pagine allo schermo la cosmologia e il misticismo di cui è intriso il romanzo originale.
Attraverso espedienti narrativi ingenuamente parziali e cinematograficamente semplificati rispetto alle pagine scritte, vengono spiegate le origini di IT e – prima di essere messo effettivamente in pratica nell’atto conclusivo – il tanto agognato (soprattutto dai puristi del romanzo!) “Rito di Chud”, totalmente assente (a ragione, considerata l’epoca e il budget) nell’adattamento televisivo degli anni ’90. Ne consegue un susseguirsi di situazioni ed eventi parecchio slegati, che quasi privano il racconto di quella compattezza e fluidità iniziali: il ritmo si frammenta e, di conseguenza, la narrazione appare discontinua.
Un secondo atto che sembra quasi fare racconto a sé, “appesantito” da una struttura meno solida e da una regia che diventa più convenzionale (nonostante continui ad offrire spaventi pilotati nella giusta maniera), e che inevitabilmente spiana la strada all’attesissimo epilogo, con lo scontro finale tra i Perdenti e “l’entità”. Riti preparatori e sacre alleanze si mescolano in virtù di un’epica resa dei conti (rielaborata rispetto al romanzo) dall’effetto salvifico: il conturbante, il potere attrattivo della paura in sé si fondono con la forza dell’amicizia e del senso di unione in uno scontro di volontà (umane e non) visivamente caotico, talmente intenso da risultare a tratti intollerabile, dove è fondamentale credere in se stessi ed essere convinti di poter sconfiggere il “Mostro”.
Il grande cast – guidato non dai ben più noti James McAvoy e Jessica Chastain, ma con grande sorpresa da Bill Hader (vera rivelazione del film, la cui verve comica viene sfruttata – forse anche troppo! – per stemperare il terrore) – svolge comunque un lavoro encomiabile, restituendo sia l’alchimia che il senso di appartenenza ad un gruppo, al pari di quanto avevano già fatto i giovani interpreti nel primo film, con i quali le controparti adulte condividono una somiglianza a tratti “spaventosa”, palese testimonianza di uno dei casting più azzeccati di sempre.
Al netto di una struttura narrativa poco coesa e di una regia non sempre equilibrata, IT – Capitolo Due resta un adattamento coraggioso e assai ambizioso, che nell’intento di far saltare lo spettatore dalla sedia o di accompagnarlo in un’avventura fondata sull’importanza del “cerchio”, risulta comunque appassionante, con alcune sequenze terrificanti davvero memorabili.
Congedandosi dallo spettatore con un finale particolarmente emozionante, IT – Capitolo Due riesce nelle battute finali a far rivere sullo schermo l’anima intima del romanzo da cui è tratto, lanciando un messaggio potentissimo: al di là della grettezza, della bassezza e della violenza che impoveriscono il mondo, la paura può essere sconfitta. E anche se alcuni conflitti non troveranno mai risoluzione, l’importante è continuare a credere in noi stessi e nelle persone che non ci hanno mai abbandonato.