Articolo a cura di Marco Lombardi
Da più di 40 anni Steven Spielberg culla l’immaginario degli spettatori con i suoi film spettacolari e drammatici, a volte retorici ma mai banali. Chi non ricorda almeno una scena o una frase di uno dei suoi film di successo? L’autore americano è senza dubbio uno degli artisti più influenti del ventesimo secolo, forse al pari di Stanley Kubrick o Andy Warhol.
La sua ultima fatica, Il GGG – Il Grande Gigante Gentile (in originale The BFG) , nelle sale italiane dal 30 dicembre, tratta una miscela di elementi che hanno fatto grande il regista di E.T. L’extra- terrestre, come il tema dell’infanzia legato a grandi storie di fantasia.
Sophie è una nottambula bambina di 10 anni. Una notte mentre legge nel suo letto dell’orfanotrofio di Londra sente degli strani rumori. In men che non si dica viene rapita da una grande figura oscura e portata in un altro mondo. Fortunatamente per Sophie si tratta del Grande Gigante Gentile (così chiamato dalla bambina) , che si mostra fin da subito affettuoso e ingenuo a differenza degli altri giganti che sono spaventosi e mangiatori di esseri umani. Il GGG è vegetariano e la difenderà dai suoi fratelli malvagi.
Viste le premesse il romanzo di Roald Dahl non poteva che finire nelle mani di Spielberg che, grazie alla combinazione tra live action e performance capture, riesce a dar vita ai personaggi fantastici della storia. Canniballi e assassinistri che scorrazzano nel magico mondo dei giganti hanno offerto numerose opportunità di invenzione al team creativo e al regista stesso che dopo aver sperimentato tale tecniche ne Le Avventure di Tintin Il Segreto dell’Unicorno è ritornato a farle sue scegliendo però un processo diverso che si avvicinasse di più al live action.
Invece di girare separatamente le performance reali e digitali per poi fonderle in post-produzione, infatti, il grande narratore americano ha deciso di ricreare il set naturale in modo che gli attori “reali” non dovessero immaginare l’ambiente circostante. Un risultato soddisfacente che ha permesso una maggiore veridicità nel rapporto di amicizia tra la piccola Sophie (interpretata dalla giovane promessa Ruby Barnhill) e il GGG (l’attore premio Oscar per Il Ponte delle Spie, Mark Rylance), capace di trasmettere sentimenti positivi semplicemente con il suo sguardo dolcissimo allo spettatore più anaffettivo.
Spielberg ritorna nella Londra di Hook: Capitano Uncino con una storia di vera amicizia tra due personaggi che hanno sofferto e soffrono la loro diversità: uno è orfano mentre l’altro è chiamato nano dai giganti (anche se è in realtà alto 7 metri). Nonostante la cattiveria e l’ingiustizia che li circonda, la solidarietà nei confronti del prossimo li porterà a perseverare in una unica quanto rara forma di gentilezza.
Il GGG – Il Grande Gigante Gentile è un film quanto mai attuale che esclude ogni forma di violenza e di vendetta che forse per la generazione anni ’80 che ha vissuto i capolavori del genio spielberghiano sembrerà un tantino sottotono, ma che al tempo stesso non potrà non riconoscere lo sforzo del regista di non ripetersi, perché capolavori come E.T. e Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo sono copie uniche e inimitabili.