Viaggiare attraverso lo spazio-tempo; agire sulla storia, modificandola e svelandone effetti e conseguenze sul presente, capaci di alterare lo status quo per sempre. Premesse che permeano l’archetipo del viaggio nel tempo, accomunando attraverso tematiche specifiche film distanti – e distinti – nel tempo e nella storia (del cinema, ma non solo). Dalla trilogia di Ritorno al futuro, passando per gli innumerevoli adattamenti del romanzo di H.G. Wells, “L’uomo che visse nel futuro”, i loop temporali di Ricomincio da Capo, Palm Springs e, infine, la complessità semantica di Tenet: sono solo alcuni titoli, veri e propri masterpiece di un universo narrativo complesso e pionieristico, tutto da esplorare.
E anche in Italia abbiamo cominciato a sentire questo richiamo seducente e vertiginoso, iniziando a giocare con i viaggi nel tempo – e i loro paradossi – in barba alle strette logiche commerciali e produttive: ci aveva già pensato Gabriele Mainetti a spianare la strada con il suo Freaks Out, ma anche la commedia all’italiana più tipica ha cavalcato quest’onda attraverso C’era una volta il crimine, terzo capitolo della trilogia nata dalla creatività di Massimiliano Bruno; oggi, invece, ci pensa Ludovico Di Martino (La belva) insieme al produttore Matteo Rovere per Groenlandia, a riscrivere le regole di un nuovo gioco. E I viaggiatori è il risultato di questo curioso esperimento che mescola le note più sci-fi con il coming of age, il racconto di formazione che svela le infinite sfumature dell’adolescenza attraverso l’occhio del genere (e della macchina da presa).
Disponibile in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW dal 21 novembre, il film vede protagonisti due fratelli: Beo e Max Fulci. Il primo è un giovane ricercatore di fisica quantistica che scompare assieme al suo capo in circostanze misteriose; suo fratello quattordicenne, ragazzino svelto e dall’intelligenza vivace, trova conforto nei due amici più cari che ha: Flebo – 14 anni, impacciato e ansioso, appassionato di videogiochi e tecnologia – e Greta, 15 anni, coraggiosa e indipendente. Nonostante il dolore di quella perdita l’abbia reso sfuggente, Max cerca di trovare nuove informazioni sulla scomparsa misteriosa del fratello; e proprio una sera, i tre finiscono per scoprire una strana macchina del tempo. Dopo aver trovato un modo per farla funzionare, si ritrovano così catapultati nel 1939, in una Roma scossa dalle leggi razziali: insieme, dovranno salvare il mondo dalla minaccia di un’arma che potrebbe cambiare il corso della Storia.
Quando la scrittura della suspense fa rima con l’azione
I viaggiatori, grazie alla compresenza di un cast di giovanissimi e di attori consolidati come Fabrizio Gifuni, Vanessa Scalera (vista di recente nella serie Romulus II – La guerra per Roma) e Gianmarco Saurino (Maschile singolare), riesce a sparigliare le carte del (multi) genere strizzando l’occhio al mercato internazionale, citando la cultura pop e il MCU, Iron Man, il mondo dei videogiochi e Assassin’s Creed. I ragazzi protagonisti sono figli della Generazione Z, fluidi e liberi, ribelli e fragili, emotivamente alla ricerca di un loro posto nel mondo e di una mappa degli affetti (stabili) da rimettere a posto; gli adulti sono personaggi fondamentali e, allo stesso tempo, di supporto che si muovono nelle loro vite, determinandole e influenzandole. Fratelli, genitori e mentori sono presenti e assenti, cause ed effetti delle vicende nelle quali si ritrovano coinvolti e che li proiettano, direttamente, sullo sfondo della Grande Storia, con l’ascesa rapida del fascismo nella Roma del 1939.
Seguendo la lezione tarantiniana di Bastardi senza gloria, Di Martino agisce sulla linea temporale della storia plasmandola e modificandola, suggerendo un what if…? profondo come una crepa nel tessuto spazio-temporale; le conseguenze sono ben note, ma il fascino del genere contamina la fantasia (soprattutto quella dello spettatore) accendendola di nuovi colori, risoluzioni ed immagini. Sullo schermo corrono veloci frammenti frenetici e adrenalinici, dimostrazione – ancora una volta – delle abilità del regista Di Martino dietro la macchina da presa; ne I viaggiatori la scrittura della suspense fa rima con l’azione, con un ritmo indiavolato sostenuto dal montaggio incalzante. Se argomento e tema del film possono ricalcare percorsi già battuti e strade cinefile già percorse, è nella risoluzione e nell’estetica che si differenzia rispetto ad altri prodotti tutti italiani, ritagliandosi un proprio, significativo, spazio vitale nel mare magnum delle produzioni audiovisive spesso stanche e pigre, incapaci di differenziarsi.
Con spirito intraprendente da veri e propri pionieri, Di Martino e i suoi attori hanno percorso le strade sconosciute dello spazio tempo, esplorando temi inediti (tipo il concetto stesso di Multiverso, come ha rivelato lo stesso regista durante la nostra videointervista, citando il recente Everything, Everywhere, All at Once) e rischiando, fino a vincere la scommessa finale: il film non si limita al proprio aspetto da coming of age, ma si trasforma ben presto in un racconto corale in grado di dialogare con un’ampia porzione di pubblico, tra malinconiche vibes anni ‘80 (che richiamano il cinema di Steven Spielberg, Robert Zemeckis e grandi cult come I Goonies) e riflessioni contemporanee, nelle quali ognuno può ritrovare una parte di sé smarrita magari durante la crescita oppure tra le pieghe della quotidianità, mentre si corre alla ricerca di un senso per decifrare le emozioni contrastanti – rabbia, dolore, felicità, amore – che spesso dominano l’essere umano.