I Care a Lot è il titolo del thriller – con venature da black comedy – diretto da J Blakeson e con protagonisti Rosamund Pike (L’Amore Bugiardo – Gone Girl, Hostiles e il recente Radioactive), Eiza González (Baby Driver), Dianne Wiest (musa di Woody Allen in più di un film e co-protagonista di Edward mani di forbice) e Peter Dinklage (Game of Thrones). Il film sarà disponibile su Amazon Prime Video a partire dal prossimo 19 febbraio, dopo il successo di pubblico e critica riscontrato durante il debutto al Toronto Film Festival nel 2020.
Armata di una spietata sicurezza di sé, Marla Grayson (Pike) è una tutrice legale di professione affidata dal tribunale a decine di anziani; ma la donna – tramite metodi loschi e discutibili eppur legali – truffa astutamente i suoi assistiti sottraendo loro i risparmi. È un metodo ormai ben rodato che, insieme alla sua partner d’affari e amante Fran (González), Marla utilizza con un’efficienza brutale soprattutto sulla sua ultima preda, Jennifer Peterson (la due volte premio Oscar® Wiest), una pensionata benestante senza eredi o famiglia. Ma quando le due scoprono che Jennifer ha un segreto altrettanto losco e alcune connessioni con uno sfuggente gangster (Dinklage), Marla e Fran sono costrette ad alzare la posta in gioco, in una partita a cui possono partecipare solo i predatori e in cui la sfida non sarà affatto leale.
I Care a Lot è un arguto thriller, con venature da black comedy, affilato come un rasoio: brillante e feroce, riflette sulla spietata società capitalista in cui stiamo vivendo e nella quale il concetto di “cane-mangia-cane” si trasforma in una massima da rispettare assolutamente, un comandamento al quale non si può sfuggire. Non tutte le commedie intrise di umorismo nero, toni thriller e atmosfere crime riescono a creare un’alchimia così perfetta tra intrattenimento e tensione, riflessione e adrenalina: il film di Blakeson riesce alla perfezione, regalando al panorama attuale della settima arte una serie di gustose performance attoriali. Principalmente l’opera è declinata al femminile: sono le donne a dettare le regole del gioco sporco messo in scena, a rivelarsi crudeli manipolatrici pronte a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi, insensibili professioniste del raggiro e dell’inganno.
Donne pericolose ma terribilmente affascinanti, intelligenti e magnetiche: donne che hanno i volti di Rosamund Pike, Eiza González e del Premio Oscar Dianne Wiest. La Pike, che già aveva mostrato le sue camaleontiche doti nel fincheriano Gone Girl, qui si prende tutta la scena creando un’incarnazione femminile memorabile e disturbante, pericolosa ma seducente e impossibile da non seguire nelle sue mirabolanti avventure criminali, grazie soprattutto all’intelligenza lucida che la spinge, come uno squalo, a non fermarsi mai nei suoi loschi piani per non perdere la vita. Accanto a queste donne conturbanti e pericolose c’è un uomo che fa da controcanto, il loro perfetto riflesso criminale: è il boss interpretato da Peter Dinklage, spietato e magnetico, un villain sardonico e imprevedibile che aleggia, come un’ombra di morte, sulle vite degenerate delle protagoniste.
Ma I Care a Lot non si basa solo sulla forza dei personaggi e degli interpreti che prestano loro volti, corpi e caratteri: la sceneggiatura scritta dallo stesso Blakeson sorregge perfettamente la struttura drammaturgica in tre atti coinvolgendo lo spettatore fino a trascinarlo in un maelstrom pericoloso – e senza uscita – di situazioni ad alto rischio, nelle quali si rimane invischiati proprio come i protagonisti del film e delle quali si è curiosi di scoprire, fino in fondo, quali saranno i vari epiloghi. Inoltre lo stile che caratterizza il film, patinato al punto giusto e glam, tra luci a neon e abiti dai colori sgargianti, trasporta in un’atmosfera retrò anni ’80 rampante e rapace (evocando, come un’eco, lo spettro degli spregiudicati yuppies) grazie anche all’uso della colonna sonora techno-pop.
I Care a Lot è una lente deformante che riflette, distorcendola fino all’iperbole delle situazioni, la nostra realtà: l’avidità, l’egoismo, il disprezzo nei confronti del prossimo, dei sentimenti altrui e dell’empatia vengono analizzati e filtrati fino a restituire un ritratto accurato e pungente, scorretto e cinico, dei nostri tempi moderni. In un mondo dove si deve decidere se essere prede o predatori, agnelli o leoni; un mondo nel quale la società sembra premiare sempre il più forte e vincente (senza mai riflettere sul costo delle azioni compiute), la settima arte è capace di dimostrare, ancora una volta, quanto sia potente il valore di filtro sociale che riveste grazie alla capacità di raccontare le idiosincrasie del reale.