Una mucca volteggia, leggiadra, tra nuvole simili a sbuffi di vaniglia in un cielo impressionista: un’immagine potente ed evocativa, carica di un realismo magico che trasfigura la realtà in una bellissima epopea sognante, sospesa tra necessità e desideri, bisogni pratici e aspirazioni dell’anima.
E, in mezzo a queste contraddizioni fin troppo umane, oscilla la speranza di rallentare la frenesia nella quale siamo immersi, per poter finalmente riassaporare il piacere dell’esistenza. Con queste premesse si presenta Evelyne tra le nuvole, il nuovo lungometraggio diretto da Anna Di Francisca (La bruttina stagionata, Due uomini, quattro donne e una mucca depressa) e co-scritto insieme a Laura Fischetto, che approderà nelle sale italiane dal 30 marzo: un’opera delicata che racconta, come in una fiaba post-moderna, molto della nostra società.
Per farlo, la regista sceglie di porre al centro della narrazione una donna sui quarant’anni, Sofia, che vive in montagna, isolata dal mondo, in un luogo dove persino le connessioni internet sono difficili. Gestisce un antico casale, posizionato nel punto più in alto, fuori dal paese, che ha trasformato in un agriturismo e si occupa delle sue mucche, oltre che delle sue erbe e del suo latte. Ha deciso di ristrutturare quel luogo, ereditato dai genitori, per poi convertirlo in un posto dove accogliere turisti che approdano lì un po’ da tutte le parti, in cerca di pace ma anche di sapori imperdibili.
Un giorno si presenta un tale, uno “straniero” di una nota compagnia telefonica internazionale, che ritiene quello spazio ideale per collocare un ripetitore che porterà il progresso non solo a Sofia ma a tutta la zona, rompendo un equilibrio naturale e familiare. Come far convivere antiche usanze, ricette e silenzi con un inevitabile approccio alle nuove tecnologie, le uniche in grado di migliorare la nostra vita?
Tirando i fili di tante suggestioni – cinematografiche, letterarie e in generale artistiche – che hanno influenzato il proprio immaginario, Anna Di Francisca realizza un film delicato e atipico per il nostro mercato italiano, collocandosi infatti in un limbo – ancora da costruire – tra la commedia più autoctona e quella che guarda, invece, ad un gusto internazionale.
Ispirata dall’umorismo che pervade alcune opere francesi e inglesi (come Calendar Girls, L’erba di Grace o La famiglia Bèlier, con il suo remake statunitense I segni del cuore – CODA), Evelyne sulle nuvole trasporta sulla scena un immaginario bucolico e poetico, nel quale le mucche possono volare (grazie ad un elicottero, ovviamente), esistono delle streghe della porta accanto e si può vivere un rapporto meno conflittuale e tossico con la tecnologia, senza dipendere in modo ossessivo da quest’ultima.
Perché l’opera non è tanto un invito secco ad invertire la rotta, riscoprendo una realtà più raccolta e vicina alla terra a discapito del nuovo che avanza e dei ritrovati tecnologici che permettono di vivere meglio, quanto un consiglio su come trovare un compromesso pronto a migliorare la qualità dell’esistenza di ognuno di noi.
Una fiaba moderna, intrisa di realismo magico
“Alla ricerca del welfare perduto”, quindi, o di un baricentro che si è spostato bruscamente: Evelyne tra le nuvole mette in scena – grazie ai dettagli scenografici e ai costumi ideati da Marianna Sciveres e Donatella Cianchetti – un micro-cosmo più slow nel quale si muove un’umanità alla ricerca di un tenore di vita più eco-compatibile, che guarda alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia di quest’ultimo, dipingendo un contesto sociale nel quale è possibile tornare a coltivare i rapporti umani, spesso sacrificati in nome della grigia – e frenetica – quotidianità.
La protagonista Sofia non rifiuta la tecnologia (anzi, è la prima ad usarla per documentarsi) ma la schiavitù che da essa può derivare, costruendo quindi un piccolo mondo a misura “di respiro” interiore, nel quale poter recuperare la tranquillità e una dimensione più umana e naturale degli affetti. Anche altri personaggi finiscono per trasformarsi in allegorie di questo tema portante, come l’allevatore di lumache italo-americano interpretato da Antonio Catania, che già nel lavoro che svolge mostra quest’invito a rallentare.
Rallentare, appunto, per ritrovare infine se stessi, lontani dalla routine e dai ruoli sociali che si finisce per ricoprire necessariamente: ogni personaggio del cast – composto da Eleonora Giovanardi, Gilbert Melki, Violante Placido, Claire Nebout, Marco Maccieri e Andrea Roncato – non fa altro che segnare un’ulteriore anomalia del sistema, prediligendo i volti giusti ai più noti, scegliendo di ibridare i talent italiani con quelli d’Oltralpe per un risultato dal sapore ancor più internazionale, nonostante le ambizioni locali.
Evelyne tra le nuvole racconta di noi, degli esseri umani del XXI Secolo alle prese con la frenesia, le aspettative da rispettare e gli obiettivi da soddisfare in ogni modo, pena l’esclusione da un circuito competitivo: ma basta poco per recuperare del tempo necessario, assaporare il respiro più lento dell’esistenza e ritrovare se stessi, fermando la forsennata corsa dell’auto – sulla quale siamo saliti entrando nell’età adulta – che è lanciata a folle velocità come il muro del quotidiano.
Un tocco naif pervade la scelta delle immagini, dei luoghi ricreati e dei riturali messi in scena; la semplicità sembra essere la cifra distintiva del film tanto che il contrasto tra mondo rurale e bisogni iper-tecnologici finisce per ammiccare all’universo alleniano de Il dormiglione, surreale (e comico) nella sua essenzialità naive e degno erede di una specifica tradizione comica, mentre la colonna sonora (onnipresente) firmata da Paolo Perna sottolinea, come un tappeto sonoro complesso, le variazioni d’animo e i bruschi cambi emotivi che vivono i protagonisti sullo schermo, provando forse anche a riempire quei vuoti di una comunicazione interrotta che finisce per trasformarsi nell’essenza stessa del film.
Perché Evelyne tra le nuvole è una fiaba moderna, intrisa di realismo magico, che guarda al dialogo come ponte tra mondi, culture e differenze: solo attraverso la comunicazione si possono superare le barriere e le difficoltà, rendendo possibile l’impossibile e permettendo, così, ad un mondo arcaico di dialogare con la modernità, ma anche ad una mucca di volare nel cielo terso.