Etere (Eter) è il titolo del nuovo film che segna il ritorno, sul grande schermo di una kermesse festivaliera, del maestro del cinema polacco Krzysztof Zanussi. Per sancire il proprio ritorno il regista sceglie la cornice di RomaFF13, facendo soffiare sulla seconda giornata della Festa del cinema il vento della Storia e delle umane contraddizioni che da sempre dilaniano gli animi.
Russia, 1912. Un medico è convinto che attraverso l’etere si possa gestire il dolore e arrivare a manipolare il comportamento umano. Per provare la propria tesi, somministra una dose che si rivela letale alla giovane donna di cui è innamorato. Rimasto impunito, trova lavoro come medico nelle file dell’esercito imperiale austro-ungarico, dov’è libero di proseguire la propria sperimentazione. Tutte le sue azioni sembrano dettate da una spregiudicata assenza d’umanità, che sfocia nel desiderio di decidere della vita e della morte dei propri pazienti, almeno finché un evento improvviso non gli fornirà un buon motivo per provare a redimersi.
Etere (Eter) è un film affascinante, che riflette la regia altrettanto affascinante, raffinata ed essenziale del grande cineasta; apparentemente sembra di assistere alla visione di un meticoloso affresco storico, una babelica ed inquietante tela fiamminga che riflette le contraddizioni e le incertezze di un’Europa che, di lì a breve, sancirà la fine di un’epoca luminosa avviandosi lungo il crinale del primo, sanguinoso, conflitto mondiale.
Sullo sfondo di un vecchio continente dove i totalitarismi cominciano ad emergere con prepotenza e viene rivendicata – con armi, terrore e violenza – la potenza distruttiva delle singole entità nazionali sul campo di battaglia, si muovono le sorti e i destini di esseri umani alla deriva che cercano di ottenere ciò che non possono, neanche lontanamente, avere: potere, soldi, amore.
Ma il parallelismo con la tela fiamminga non è casuale, perché basta soffermarsi sui dettagli per rendersi conto che i personaggi dipinti non sono altro che dannati, trascinati fin nelle viscere dell’Inferno da demoni dal macabro aspetto. E il paragone richiama, prontamente, l’essenza di Etere (Eter): il film si trasforma da semplice riflessione su scienza e filosofia in un’allegoria di uno degli archetipi più antichi, il patto diabolico.
Ispirandosi tanto all’immortale Faust di Goethe quanto a Il Maestro e Margherita di Bulgakov, Zanussi articola la propria riflessione sull’eterno conflitto tra bene e male, con il secondo che esiste e continua a sedurre gli uomini, nei quali forse si annida inconsciamente fin dal peccato originale.
La regia precisa, elegante e attenta ai particolari riflette in pieno quel gusto tipico della cinematografia dell’Europa dell’Est e della Russia, dimostrandosi ricca e barocca, attenta a colmare ogni horror vacui sulla scena e nella sceneggiatura; i 118 minuti della narrazione scorrono lenti, sancendo il ritmo di questa discesa al ralenti nel maelstrom infernale nel quale scivola il dottore protagonista.
Il regista stesso, condividendo un punto di vista esterno ed onnisciente, sfrutta l’occhio della propria MdP per mostrare il destino “romantico” – nel senso tedesco e letterario del termine – dell’inquietante (anti)eroe protagonista, un dottore accusato d’omicidio, un novello Frankenstein ossessionato dal mito della scienza e dalla volontà di possedere il potere assoluto, forse anche per infrangere i limiti stessi di quest’ultima.
Il risultato finale di Etere (Eter) è un raffinato confronto d’autore con l’oscurità corrotta dell’animo umano; un lato talmente torbido che sarebbe capace di qualunque azione – o menzogna – pur di perpetuare uno scopo, tanto in nome di una causa quanto di un’altra. Un lato pronto perfino ad accettare uno (s)vantaggioso patto pur di assaporare il sapore di ciò che è proibito.