martedì, Settembre 26, 2023
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Encounter, recensione del film con Riz Ahmed

La recensione di Encounter, film di fantascienza con protagonista Riz Ahmed. Disponibile su Amazon Prime Video dal 10 dicembre.

La prima sequenza di Encounter ci prepara all’ennesima variazione sul tema dell’invasione aliena, rappresentata stavolta da subdoli micro-organismi in grado di manipolare il comportamento umano. Al centro del film diretto da Michael Pearce (Beast) sembra esserci il tema della profanazione del corpo, non più tempio sacro ed inviolabile, ma luogo infetto, sede prescelta da forme di vita sconosciute per aggredire “dall’interno” un’ignara comunità. Si tratta dello stesso filone horror-fantascientifico cui appartengono classici come Alien e La mosca, dove i protagonisti si trovavano privati della loro umanità da esseri parassitari e infestanti, con tutte le ripercussioni morali e biologiche del caso.

Nel corso della visione, tuttavia, ci rendiamo conto che Encounter – disponibile su Amazon Prime Video dal 10 dicembre – abbraccia uno specifico genere cinematografico per poi distanziarsene quasi immediatamente: quel che resta, una volta compresi i motivi di una serie di scelte narrative all’apparenza banali, è un senso di sbigottimento e ammirazione, che configura il film come un’opera inedita, diversa da ciò che ci saremmo aspettati in prima battuta, e per questo degna di lode.

Un esercito di parassiti alieni, che usano come tramite le punture di insetto per infestare il corpo umano, sta mettendo a repentaglio le sorti dell’umanità. Dopo due anni di separazione, l’ex marine Malik Khan (Riz Ahmed) si presenta a casa dell’ormai infetta ex moglie (Janina Gavankar) per trarre in salvo i due amati figlioletti Jay (Lucian-River Chauhan) e Bobby (Aditya Geddada). Ha inizio un tortuoso viaggio on the road, dove i tre si troveranno costretti a fronteggiare un nemico tanto invisibile quanto minaccioso.

In Encounter appare chiaro il rimando metatestuale tra la trama dell’opera e l’invenzione narrativa orchestrata dagli sceneggiatori Michael Pearce e Joe Barton: il dubbio, come un parassita, viene insinuato nella mente dello spettatore, che si interroga fin da subito sulle vere ragioni del comportamento del protagonista. Un’impostazione, questa, che porta il film a slittare continuamente da un genere all’altro: la più canonica delle atmosfere da film fantascientifico, che rievoca non troppo velatamente certe opere di M. Night Shyamalan (prima tra tutte Signs), viene ibridata con i topoi di altri generi all’apparenza incompatibili tra di loro.

Questo approccio non convenzionale, che rivela le grandi ambizioni del film, porta a “switchare” con candida nonchalanche dalla fantascienza, al road movie, fino addirittura al dramma psicologico e al thriller. Il rischio, soltanto sfiorato, poteva essere quello di trasformare Encounter in un’accozzaglia confusionaria di elementi fin troppo differenti tra loro. E invece si riesce, in maniera forse casuale, ad ottenere un equilibrio tanto precario quanto perfetto, mettendo miracolosamente in salvo la sospensione dell’incredulità.

encounter

La credibilità di Encounter è assicurata dalle ottime performance degli attori protagonisti, investiti del non facile compito di sostenere un film con una buona idea di partenza ma privo della solidità necessaria a portarla avanti, con coerenza, dall’inizio alla fine. Nel ribadire le qualità che aveva già dimostrato nei lavori precedenti, Riz Ahmed si conferma definitivamente come attore da tenere d’occhio.

Il ritratto di Malik Khan è, per certi versi, speculare a quello del protagonista di Sound of Metal: se, in quel caso, l’attore aveva lavorato principalmente sulla sottrazione, con un’abilità fuori dal comune di esplicitare una rabbia silenziosa e potenzialmente distruttiva, in Encounter si cimenta in un ruolo altrettanto impegnativo. Le qualità mimetiche dell’attore consentono allo spettatore di fiutare la (non immediata) complessità del personaggio, nascosta nei piccoli gesti e nei silenzi carichi di pathos, al di sotto della superficie di parole straripanti e scelte discutibili. Ma un personaggio del genere, per come è stato scritto, difficilmente avrebbe potuto brillare di luce propria; è nei momenti condivisi con i figli, infatti, che l’umanità di Malik si estrinseca con maggiore forza.

La spontaneità dei due piccoli attori non può essere scambiata per mera improvvisazione. Nonostante la giovane età, Chauhan e Geddada dimostrano di essere padroni dei propri personaggi: la caratterizzazione di Jay e Bobby è misurata e il pericolo (concreto, vista la situazione descritta) di calcare troppo la mano, presentando i due bambini come macchiette piagnucolose, viene ampiamente evitato. L’alchimia tra i tre attori è indiscutibile e fa sì che ciascun personaggio trovi la sua piena ragion d’essere nel legame con gli altri due: il rapporto d’amore tra i “Tre Moschettieri” è ciò che salva il film, generando nello spettatore un’empatia che rende assai più tollerabili le evidenti pecche della sceneggiatura.

I due sceneggiatori, nel tentativo di mescolare i generi, mettono in campo numerose linee narrative ed evitano di soffermarsi sul punto di vista di un unico personaggio. Encounter, a dispetto dell’oggettiva semplicità della storia, mette troppa carne al fuoco (si trova addirittura il tempo di imbastire una tenue riflessione sociale sull’America rurale) e risulta alla fine troppo macchinoso. I personaggi di contorno, tra cui la bravissima Octavia Spencer (il cui ruolo avrebbe potuto fungere da collante tra le varie parti in gioco), risultano quindi opachi, al servizio di un racconto privo di focus, che devia continuamente dalla strada tracciata.

Questo ping pong di prospettive diverse complica inutilmente l’intreccio e, prevedibilmente, porta a tralasciare qualcosa al momento di tirare le fila del racconto, dando allo spettatore una spiacevole sensazione di incompiutezza. Quest’ultima viene parzialmente attenuata dalla toccante scena finale che, se da un lato riesce a riportare il film in carreggiata, ribadendo quale sia il vero cuore della vicenda, dall’altro ci lascia con il rammarico tipico delle buone occasioni perse. Sarebbe bastato un approccio più misurato e lineare per fare di Encounter un ottimo film, anziché un’opera dignitosa e piacevole, ma comunque destinata a non lasciare alcun segno.

Guarda il trailer ufficiale di Encounter

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Nel corso della visione, ci rendiamo conto che Encounter abbraccia uno specifico genere cinematografico per poi distanziarsene quasi immediatamente: quel che resta, una volta compresi i motivi di una serie di scelte narrative all’apparenza banali, è un senso di sbigottimento e ammirazione, che configura il film come un’opera inedita, diversa da ciò che ci saremmo aspettati in prima battuta, e per questo degna di lode.
Annalivia Arrighi
Annalivia Arrighi
Appassionata di cinema americano e rock ‘n’ roll | Film del cuore: Mystic River | Il più grande regista: Martin Scorsese | Attore preferito: due, Colin Farrell e Sean Penn | La citazione più bella: “Questo non è volare! questo è cadere con stile!” (Toy Story)

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Nel corso della visione, ci rendiamo conto che Encounter abbraccia uno specifico genere cinematografico per poi distanziarsene quasi immediatamente: quel che resta, una volta compresi i motivi di una serie di scelte narrative all’apparenza banali, è un senso di sbigottimento e ammirazione, che configura il film come un’opera inedita, diversa da ciò che ci saremmo aspettati in prima battuta, e per questo degna di lode.Encounter, recensione del film con Riz Ahmed