Edhel è l’affascinante titolo del debutto di Marco Renda che, dopo tre premiati cortometraggi, sceglie di contaminare le contraddizioni della realtà con le sfumature del fantasy per il suo primo film d’esordio, in uscita nelle sale il prossimo 25 gennaio.
Edhel (Gaia Forte) è una bambina nata con una malformazione del padiglione auricolare che rende le sue orecchie letteralmente “a punta”, proprio come quelle di un elfo. La ragazzina affronta il disagio chiudendosi in se stessa e cercando di evitare qualunque rapporto umano, soprattutto quelli con i compagni di scuola. L’unico posto nel quale si sente al sicuro è il maneggio dove può cavalcare Caronte, il suo cavallo, lo stesso che prima apparteneva a suo padre, morto proprio lì in seguito a un banale incidente di gara.
Edhel vive con la madre Ginevra (Roberta Mattei) un rapporto difficile e conflittuale, basato spesso sullo scontro e sull’incomprensione; dal canto suo, la madre preme affinché la figlia si operi al più presto, correggendo quel difetto che la allontana dalla normalità.
Ma quando Edhel incontra il bidello Silvano (Nicolò Ernesto Alaimo), bizzarro fumettista appassionato del mondo nerd e fantasy, si lascia lentamente convincere di essere davvero un elfo, e che quelle orecchie siano il chiaro segno della sua appartenenza alla loro nobile stirpe. Da quel momento in poi, Edhel inizierà a credere nella magia di poter essere finalmente se stessa.
Edhel ha raccolto numerosi premi durante la propria corsa festivaliera, divisa tra il Giffoni e il Los Angeles Film Awards: riconoscimenti lusinghieri per un piccolo film coraggioso, ostinato, girato in soli 18 giorni di riprese con un budget contenuto e con protagoniste delle giovani promesse, accompagnate da alcuni volti più noti come la Mattei, Mariano Rigillo, Fioretta Mari e ietro De Silva presenti in ruoli di supporto.
Il lungometraggio è un bizzarro tentativo di analizzare un tema scottante come quello del bullismo e del disagio giovanile filtrandolo, però, attraverso l’occhio onirico e sospeso del linguaggio tipico del cinema fantasy: una curiosa contaminazione che porta Renda a collezionare un risultato insolito che si distingue dai prodotti che si muovono nell’insidioso ambito del “romanzo di formazione” sul disagio giovanile.
Edhel recensione del fantasy drama diretto da Marco Rend
Edhel ha un nome che appartiene di diritto all’universo tolkieniano, un nomen omen che segna il suo destino, il suo ruolo unico nell’economia del creato. La sua malformazione è il proprio punto di forza: perderla, operandosi, significherebbe cancellare l’essenza stessa di questa “creatura bambina” unica come il dettaglio che la rende freak agli occhi del mondo. Un mondo che teme la diversità e accogliente invece a braccia aperte tutto ciò che è quotidiano e rassicurante. Edhel è un unheimlich, un perturbante freudiano che destabilizza le certezze di un mondo che si sente attaccato dal diverso.
Complice una fotografia nitida e brillante, capace di sottolineare gli aspetti più insoliti del mondo che ci circonda e che ben conosciamo, facendone affiorare dettagli nascosti, Edhel è capace di trasportare lo spettatore in una realtà alternativa, in bilico tra la piatta quotidianità sporcata dal cinismo e un universo fiabesco, magico, dove forse niente è davvero come sembra e ognuno è destinato a compiere qualcosa di più grande.
La regia di Renda pone lo spettatore curioso di fronte a una domanda scomoda: in cosa è pronto a credere? Nella realtà fenomenica, nell’evidenza che condanna una ragazzina con un doloroso passato alle spalle e un presente segnato da una malformazione a evadere in un mondo immaginario fatato; oppure in una realtà collocata ben oltre i rassegnati confini fisici, una dimensione dove è possibile compiere il proprio destino e ogni coincidenza trova la propria logica spiegazione? Solo vedendo Edhel sarò forse possibile trovare la risposta più adatta.