Dopo tre film di cui in pochi si ricorderanno qualcosa, usciti nel 2000, 2005 e 2012, la Paramount e la Hasbro provano a far ripartire al cinema il brand Dungeons & Dragons, storico gioco di ruolo, con un reboot in grande stile dal costo di oltre 150 milioni di dollari.
Alla regia il talentuoso duo di co-sceneggiatori e co-registi John Francis Daley e Jonathan Goldstein (Come ammazzare il capo… e vivere felici, Come ti rovino le vacanze, Spider-Man: Homecoming, Game Night – Indovina chi muore stasera), affiancato da un nutrito e ben amalgamato cast di attori: Chris Pine, Michelle Rodriguez, Regé-Jean Page, Justice Smith, Sophia Lillis e Hugh Grant.
Scommessa vinta: Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è senza ombra di dubbio il nuovo punto di riferimento di quello che dovrebbe essere oggi il cinema di intrattenimento. Nonostante nel film ci sia una amalgama di tante pellicole degli scorsi due decenni, da Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit a Indiana Jones, da Hunger games a The Avengers, quel che viene fuori è una equilibrata avventura in cui storia, effetti speciali, azione e divertimento hanno uguale peso.
La sceneggiatura, soprattutto, è l’asso vincente di questo nuovo Dungeons & Dragons: scritta a otto mani dai due registi assieme a Chris McKay e Michael Gilio, è un susseguirsi di rocambolesche situazioni, trovate intelligenti e snodi narrativi semplici e verosimili, nel quale trovano posto dialoghi finalmente ben pensati, una moderata dose di humour dal sapore british e personaggi dotati di carattere.
Tutti i protagonisti, nessuno escluso, sono infatti ben caratterizzati, cosa che crea immediatamente empatia con lo spettatore, rappresentato da una pluralità di tipizzazioni naturalmente inclusiva: c’è il padre furfante, un po’ egoista e spesso fuori luogo ma dal cuore d’oro (un efficace Chris Pine, qui chiamato a resuscitare un altro franchise dopo Star Trek), la guerriera tutta muscoli ma di buoni sentimenti (una Michelle Rodriguez perfettamente in parte), il giovane mago che stenta a credere in se stesso (Justice Smith), la druida sveglia che tira tutti fuori dai guai (la giovane e promettente Sophia Lillis), il gentlemen taciturno e senza macchia (Regé-Jean Page), la strega spietata (interpretata da una perfetta Daisy Head) e il politico avido (un grandissimo Hugh Grant). Di nessuno sappiamo niente quando inizia il film, dopo 134 minuti ne conosciamo vita, morte e soprattutto miracoli.
Come ogni film d’avventura dovrebbe essere…
Cosa interessante e affatto scontata, c’è anche una bella morale, quella del “non importa se fallisci o non sei in grado di fare qualcosa, si va avanti lo stesso”. Non si tratta, come spesso accade, di un elogio al fallimento in quanto parte inevitabile di un processo che condurrà poi alla vittoria, ma di una diversa celebrazione dell’amicizia: insieme, a prescindere dai limiti di ciascuno, si può trovare un modo di arrivare dove si vuole.
Da questo punto di vista è molto interessante (oltre che magnificamente reso) il “piano B” che a un certo punto gli improbabili eroi mettono a punto per raggiungere l’obiettivo, dando a uno dei personaggi la possibilità di sentire meno pressione sulle proprie spalle. Compagnie analoghe sono piuttosto comuni nel cinema fantastico recente (si pensi a Guardiani della Galassia), eppure la sensazione è che in questo film il gruppo sia decisamente più umano, fallibile e interessante che in passato, senza l’aggiunta di troppa retorica o momenti di buonismo a tutti i costi.
Sospinto dall’ottima musica a tema di Lorne Balfe, il ritmo di Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è incalzante, con splendide ambientazioni che si alternano una dopo l’altra e una piacevole varietà di creature e artefatti magici, in perfetto stile D&D. Non ci sono probabilmente momenti che si imprimeranno a fuoco nella memoria degli spettatori (salvo un divertentissimo dialogo con dei soldati morti, forse la punta di diamante del film), ma tutte le sequenze contribuiscono a consolidare nella mente dello spettatore l’idea di aver fatto un bel viaggio, da ricordare e soprattutto rifare con piacere.
L’unica nota dolente in questo quadretto idilliaco è qualche sbavatura in ambito CGI: in un paio di momenti gli effetti speciali sono meno fluidi di quello che dovrebbero essere, e aprono una piccola breccia in una sospensione dell’incredulità altrimenti perfetta. Onore al merito: John Francis Daley e Jonathan Goldstein sono riusciti a portare su grande schermo un brand difficile, confezionando un prodotto impeccabile, che cancella anni di brutti film Marvel per tornare all’intrattenimento puro, intelligente e di qualità.