domenica, Marzo 26, 2023
HomeFestivalFesta del Cinema di RomaDetroit recensione del nuovo film di Kathryn Bigelow

Detroit recensione del nuovo film di Kathryn Bigelow

A cinque anni di distanza da Zero Dark Thirty, Kathryn Bigelow torna finalmente dietro la macchina da presa con Detroit, film presentato nella Selezione Ufficiale della 12^ edizione della Festa del Cinema di Roma.

Per il suo ritorno alla regia, l’unica donna ad aver vinto l’Oscar come Miglior Regista (nel 2010 con The Hurt Locker) sceglie di raccontare una storia ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967, trascinando lo spettatore in uno degli episodi più violenti della moderna storia americana.

La forza di Detroit sta tutta nella potenza della messa in scena e nell’abbandono totale di qualsiasi punto di vista: quella della Bigelow non è una ricostruzione drammatica degli scontri avvenuti tra il 23 e il 27 luglio del ’67,  ma un film che attraverso la forma filmica del semi-documentario si pone come obiettivo quello di raccontare senza per forza giudicare, senza schierarsi né dalla parte dei carnefici né dalla parte delle vittime.

La macchina da presa della Bigelow ci trascina al centro degli eventi, regalando al pubblico la sensazione di essere nel bel mezzo delle rivolte e dei disordini

La macchina da presa della Bigelow ci trascina al centro degli eventi, regalando al pubblico la sensazione di essere nel bel mezzo delle rivolte e dei disordini. Lo spettatore è consapevole di essere estraneo a quei terribili fatti, ma a mano a mano che si passa da un atto all’altro del film (idealmente suddiviso in tre blocchi narrativi interconnessi), prende sempre più coscienza di quanto accaduto durante quelle ignobili notti di cinquant’anni fa (in particolare durante la seconda parte, quella che ricostruisce le torture subite da un gruppo di ragazzi di colore da parte di alcuni poliziotti razzisti all’Algirs Motel).

detroit

Detroit recensione del nuovo film di Kathryn Bigelow

La Bigelow osserva, sbircia, cattura e rivela senza bisogno di ricorrere ad alcuna velatura morale, ma esponendo tutta la violenza così ingiustificata di quelle ore interminabili attraverso movimenti di macchina ponderosi e sequenze ad altissima tensione che rendono il film un prodotto sintopico capace di catturare lo spettatore e di farlo sentire parte integrante di quei tragici avvenimenti.

La regista statunitense non si risparmia in nessun frangente, esponendo la sua versione dei fatti senza alcun tipo di estremismo, puntando ad una ricostruzione spietata e brutale che si avvale della fotografia nevrotica e smaniosa di Barry Ackroyd e della sceneggiatura dura ma imparziale di Mark Boal, che punta semplicemente a narrare gli eventi e a tratteggiare personaggi monodimensionali, uomini e donne vittime di un sistema giudiziario fortemente razzista e sessista.

Detroit è a tratti spaventoso per la dirompenza con la quale sussurra allo spettatore che determinate questioni legate all’odio e alla violenza non si sono ancora risolte

Come un pugno diretto allo stomaco, Detroit è un film che parla sì del passato, ma di un passato fortemente ancorato all’attuale società americana, una società ancora flagellata dalla discriminazione razziale nei confronti del popolo afroamericano. In questo senso, il lato più sadico e sporco della violenza ha il volto del giovane Will Poulter (visto in Maze Runner – Il Labirinto e Revenant – Redivivo), attore dotato di una notevole presenza scenica, capace con sguardo lucido di catturare e restituire il lato più spregevole di un’umanità che non accetta e non tollera.

Detroit di Kathryn Bigelow (girato principalmente con camera a mano) è adrenalinico, nervoso, disturbante e a tratti spaventoso per la dirompenza con la quale sussurra allo spettatore che determinate questioni legate all’odio e alla violenza non si sono – purtroppo – ancora risolte. Un’esperienza cinematografica che non si esaurisce in soli 143 minuti (la durata del film), ma che accompagnerà lo spettatore anche dopo l’uscita dalla sala.

detroit

Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

RECENTI

- Advertisment -