Dopo un frizzante ma non pienamente riuscito primo capitolo, il supereroe più sfacciato ed irriverente del grande schermo torna al cinema nell’attesissimo sequel Deadpool 2, diretto dalla new entry David Leitch – recentemente in sala con Atomica Bionda – ed interpretato come da tradizione dal convincente protagonista Ryan Reynolds.
Il lungometraggio continua naturalmente gli eventi raccontati in precedenza: Wade Wilson (Reynolds, appunto), la cui identità è celata dalla maschera di Deadpool, è ormai un supereroe affermato, che difende la città da criminali e malviventi. Innamorato della spogliarellista Vanessa Carlysle (Morena Baccarin) – ovvero la sua compagna fin dal precedente episodio – pianifica di creare una famiglia con lei, tentando di dare alla luce un figlio.
Le cose sembrano tuttavia non andare come desiderato e Wade vede la propria vita prendere una strada inaspettata, che lo porterà a collaborare anche con il misterioso Cable (Josh Brolin) e la sensuale Domino (Zazie Beetz). Naturalmente, in questa nuova disavventura non mancano le battute, i dialoghi e la meta-narrazione già visti nel primo capitolo, oltre che nel fumetto originale.
Proprio questa caratteristica, che differenzia la pellicola da qualsiasi altro cinecomic in circolazione, appare sicuramente come la più interessante, poiché riesce ad offrire un umorismo travolgente ed efficace, appetibile soprattutto agli amanti del cinema e delle trasposizioni Marvel e DC.
Così come nel primo lungometraggio diretto da Tim Miller, la vera forza della sceneggiatura è infatti rintracciabile nella capacità di introiettare e rielaborare la cultura pop correlata, non rinunciando ad omaggiare e scherzare con pellicole quali Avengers, Justice League o la tanto criticata Lanterna Verde, sempre con Reynolds.
Affine all’irriverente sceneggiatura, abbiamo poi una storia non particolarmente complessa che, seppur sorretta come si è detto da simpatici siparietti comici, non riesce a convincere pienamente, per eccessiva semplicità in certi frangenti e per mancanza di ritmo in altri. Anche i nuovi personaggi – i già citati Cable e Domino su tutti – non sono sviluppati in modo realmente approfondito, così da risultare bidimensionali.
La regia di David Leitch, che in Atomica Bionda appariva brillante e coraggiosa, in questo caso si allinea perfettamente alle regole degli studios, non riuscendo ad inserire alcun elemento estetico particolare o innovativo ed offrendo di conseguenza un’opera che – nonostante il testo irriverente – si prende pochi rischi nella messa in forma.
Ottima è infine la chimica tra i due protagonisti: la “vecchia gloria” Ryan Reynolds e il novello eroe Josh Brolin. Se quest’ultimo riesce infatti a arricchire un personaggio altrimenti piatto, il primo si conferma nuovamente un perfetto mattatore, capace di intrecciare una rappresentazione volutamente sopra le righe con accenti profondi ed emotivamente complessi.