martedì, Gennaio 21, 2025
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Ci sei Dio? Sono io, Margaret, recensione del film con Rachel McAdams

Diretto da Kelly Fremon Craig e interpretato anche da Kathy Bates, Ci sei Dio? Sono io, Margaret è disponibile su Prime Video.

Scegliere di dare un’opportunità a Ci sei Dio? Sono io, Margaret, commedia adolescenziale disponibile su Prime Video dal 2 marzo, potrebbe rappresentare un gesto rivoluzionario. Adattamento dell’omonimo romanzo di Judy Blume, l’opera scritta e diretta da Kelly Fremon Craig è ben lontana tanto dallo sfarzo delle megaproduzioni hollywoodiane quanto dall’ingegno di opere autoriali più umili, ma comunque in grado di scuotere lo spettatore nel profondo. In questo caso, l’interesse è più che altro legato alla fonte letteraria del lungometraggio: l’opera di Blume, pubblicata negli Stati Uniti nel lontano 1970 (e ambientata nello stesso anno), fu un vero e proprio caso editoriale.

Soggetta a numerose censure e limitazioni, Ci sei Dio? Sono io, Margaret venne guardato con sospetto per molti anni a causa della sua scelta di trattare in maniera esplicita il tema della pubertà femminile (e in particolare l’avvento della prima mestruazione, agognata da una protagonista ansiosa di poter essere finalmente definita donna) intrecciandola con una serie di riflessioni di stampo religioso. La dodicenne Margaret (Abby Ryder Fortson) è a dir poco confusa su entrambi gli argomenti, e in parte per responsabilità dei suoi stessi genitori: numerosi non detti, poi esplicitati nel corso del racconto, sono principalmente legati alla decisione dei cristianissimi nonni materni di “rinnegare” la figlia Barbara (Rachel McAdams), colpevole di aver scelto di sposare un uomo ebreo, Herb (Benny Safdie).

Il dialogo con Dio che dà il titolo a libro e film non è altro che uno strumento di auto-analisi in mano alla giovanissima protagonista, un escamotage usato per affrontare a modo suo svariate pressioni sociali e familiari con cui si trova ad avere a che fare nel corso del racconto. Margaret, per motivi del tutto anagrafici, è infatti sprovvista degli strumenti per analizzare razionalmente le sue difficoltà. Difficoltà che hanno inizio quando la famiglia prende armi e bagagli e si trasferisce da New York City al New Jersey a causa del nuovo (misterioso) impiego del padre. La ragazzina, oltre a soffrire per l’allontanamento dall’amata nonna paterna (Kathy Bates), si trova alle prese con la necessità di integrarsi in un nuovo contesto, esattamente come la madre Barbara: la donna ha infatti scelto di abbandonare la professione di insegnante di storia dell’arte per fare la casalinga.

Una storia gradevole ma poco avvincente

Fatta questa premessa, entriamo nel merito del film: Ci sei Dio? Sono io, Margaret è uscito negli Stati Uniti nel 2023 e giunto in Italia direttamente in streaming, bypassando a piè pari il passaggio in sala. Fino all’altro giorno era comunque possibile noleggiarlo: la differenza rispetto a prima è che adesso il lungometraggio è incluso nell’offerta della celebre piattaforma. Un arrivo in sordina, di cui si possono in parte intuire le ragioni guardando soltanto all’incipit del film: quest’ultimo rievoca e allo stesso tempo aderisce in toto al genere a cui appartiene, privandolo però di qualsiasi forza e interesse. Caratteristica che ammanta dall’inizio alla fine un’opera priva di climax o colpi di scena e fondamentalmente dominata dalla noia più totale.

Niente a che vedere con i film di Linklater, ad esempio, o con i numerosi esponenti del genere coming-of-age che sono emersi a partire soprattutto dagli anni ’80-’90. Ci sei Dio? Sono Io Margaret è l’apoteosi del linguaggio codificato che non concede agganci all’entusiasmo dello spettatore: una storia gradevole, deliziosa, ben scritta, ben girata e ben recitata, ma di cui è facile fare a meno. La riprova, insomma, che fare “tutto per bene” non equivale necessariamente ad un risultato soddisfacente. Se una sceneggiatura fedele all’opera letteraria originale a poco serve se quest’ultima è ignota a chi sta guardando (in America, dove il film è stato in generale apprezzato da pubblico e critica, forse la faccenda è diversa), allo stesso modo il tentativo di descrivere una precisa epoca storica, anche se riuscito, si traduce in un nulla di fatto se si sceglie di farlo filtrare attraverso un chiacchiericcio poco rilevante tra ragazzini. Di conseguenza, non solo uno spettatore adulto, ma anche un giovane corre il serio rischio di annoiarsi a morte: ignoti a chi scrive sono, infatti, i motivi per cui un 12enne dovrebbe essere interessato a questa storia, quando avrebbe a portata di mano una vagonata di opere narrativamente e visivamente più emozionanti di questa.

Un racconto “fuori tempo massimo”

L’impressione è che questo film sia stato realizzato “fuori tempo massimo” e non si sia cercato in alcun modo di attualizzare il racconto né di renderlo anche solo vagamente accattivante per un giovane di oggi. In ultima analisi, Ci sei Dio? Sono io, Margaret potrebbe entusiasmare giusto ad un adulto nostalgico del passato ed erroneamente convinto che questa storiella possieda davvero le potenzialità per raccontare qualcosa di inedito al giovane pubblico, che a questo giro si troverà di fronte ad un racconto già visto sulla scoperta dell’acqua calda.

Un cast di tutto rispetto (capitanato dall’espressiva Abby Ryder Fortson), insomma, poco aiuta se dei personaggi e delle loro peripezie ce ne importa il giusto. Ed è un peccato poiché, ad essere completamente onesti, l’arco narrativo affidato in particolare a Barbara non è privo di interesse: è in relazione proprio a questa figura che la regista sceglie di deviare in parte dal libro, aggrappandosi ad un’ottima performance di Rachel McAdams, assai abile nel tratteggiare le contraddizioni e le difficoltà della figura che interpreta e, di rimando, nell’alludere alle modalità con cui queste si riflettono sulla figlia. Eppure, resta la sensazione che pur essendo approfonditi a dovere, questi personaggi non possiedano l’attrattiva sufficiente per catturare uno sguardo che non sia distratto.

Grazioso, adorabile, carino: sono questi gli unici aggettivi a cui pensiamo mentre vediamo gli attori in scena, non esattamente le parole che normalmente assoceremmo alla stessa Rachel McAdams, a Kathy Bates o a Benny Safdie. La visione di quest’ultimo nei panni del buon Herb, in particolare, lascia un po’ interdetti, specialmente se si è reduci dalla visione di un’opera dissacrante come The Curse, di cui Safdie è sia creatore che attore protagonista. In altre parole, serve un notevole sforzo anche solo per capire che a recitare sia proprio lui, cosa che se da un lato ci induce a considerare il talento mimetico dell’attore, dall’altro ci porta a pensare che Safdie abbia preso parte ad opere ben più rilevanti di questa.

In tal senso parlavamo, ad inizio recensione, di “gesto rivoluzionario” da parte del pubblico: quando l’attesa principale del racconto si risolve nell’avvento della prima mestruazione della protagonista, sorge il vago dubbio che avremmo potuto scegliere di vedere qualcosa di più stimolante. Per tutti i motivi elencati, Ci sei Dio? Sono io, Margaret non merita una stroncatura ma neanche un vero e proprio elogio, il che è forse peggio. Ancora una volta, si ha l’impressione che il cinema cosiddetto “per famiglie” si rivolga ad un pubblico giovane senza conoscerlo veramente. Invece, un plauso va allo spettatore, di qualsiasi età egli sia, qualora avesse avuto la pazienza di seguire il tutto dall’inizio alla fine senza distogliere lo sguardo neanche un attimo.

Guarda il trailer di Ci sei Dio? Sono io, Margaret

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Un buon cast e una sceneggiatura fedele al romanzo originario non bastano a sollevare Ci sei Dio? Sono io Margaret dai suoi numerosi limiti. Il film diretto da Kelly Fremon Craig sembra essere destinato a non spiccare tra gli innumerevoli esponenti del genere coming of age, rischiando di passare inosservato persino all’interno della piattaforma streaming che l’ha reso disponibile. Un vero peccato, perché la scelta di adattare il romanzo di Judy Blume per il grande schermo poteva essere di per sé motivo di interesse, vista la particolarissima storia editoriale del libro. Una narrazione fin troppo tradizionale, unita alla scelta di non attualizzare i temi affrontati a suo tempo da Judy Blume, è forse la causa principale della noia che domina la visione sin dalla prima sequenza del film.
Annalivia Arrighi
Annalivia Arrighi
Appassionata di cinema americano e rock ‘n’ roll | Film del cuore: Mystic River | Il più grande regista: Martin Scorsese | Attore preferito: due, Colin Farrell e Sean Penn | La citazione più bella: “Questo non è volare! questo è cadere con stile!” (Toy Story)

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Un buon cast e una sceneggiatura fedele al romanzo originario non bastano a sollevare Ci sei Dio? Sono io Margaret dai suoi numerosi limiti. Il film diretto da Kelly Fremon Craig sembra essere destinato a non spiccare tra gli innumerevoli esponenti del genere coming of age, rischiando di passare inosservato persino all’interno della piattaforma streaming che l’ha reso disponibile. Un vero peccato, perché la scelta di adattare il romanzo di Judy Blume per il grande schermo poteva essere di per sé motivo di interesse, vista la particolarissima storia editoriale del libro. Una narrazione fin troppo tradizionale, unita alla scelta di non attualizzare i temi affrontati a suo tempo da Judy Blume, è forse la causa principale della noia che domina la visione sin dalla prima sequenza del film. Ci sei Dio? Sono io, Margaret, recensione del film con Rachel McAdams