venerdì, Marzo 31, 2023
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Bussano alla porta, recensione del film di M. Night Shyamalan

La recensione di Bussano alla porta, il nuovo film di M. Night Shyamalan con protagonisti Dave Bautista e Jonathan Groff. Dal 2 febbraio al cinema.

Ci eravamo illusi che la pandemia di Covid-19, al di là degli strascichi a dir poco tragici, fosse in qualche modo riuscita a renderci più indulgenti nei confronti del prossimo, ma come hanno ben dimostrato questi ultimi folli anni, non c’è emergenza sanitaria che regga di fronte ad un perpetrato atteggiamento di velata ostilità verso l’altro; atteggiamento che tendiamo puntualmente a voler mascherare, ma che in un attimo è pronto ad esplodere attraverso le forme più disparate e i modi più violenti (ne sono un esempio tutte le posizioni negazioniste e antivacciniste che abbiamo dovuto sopportare – almeno dalla prospettiva di chi scrive – a seguito dell’esplosione del cosiddetto “nemico invisibile”).

In un mondo in lenta ed incerta ripresa, dove è più facile imbattersi in un miraggio che in un’opportunità concreta, a restare come accasciati al suolo, relegati nell’angolo più buio della nostra anima, quasi a vergognarsene, sono quei sentimenti pacifici che tutti dovremmo essere in grado di provare (il condizionale è d’obbligo!), ma che oggi facciamo sempre più fatica a professare, avvizziti ormai di fronte ad una realtà che realtà non sembra essere più, incapace di offrire delle possibilità di redenzione tangibili di fronte a tutto l’orrore di cui ogni giorno ci rendiamo complici silenziosi (in maniera spesso inconsapevole, ma non per questo meno subdola). L’ultima fatica di M. Night Shyamalan sembra essere stata partorita proprio in seno a tutte queste profonde riflessioni, nonostante il materiale di partenza sia in realtà un romanzo (scritto peraltro nel 2018, quindi prima della diffusione del Coronavirus).

Eppure, forse non poteva esserci momento storico migliore per affrontare di petto una storia come quella narrata nelle pagine dello scrittore statunitense Paul G. Tremblay, cercare in tutti i modi di farla propria e insieme riuscire a piegarla non solo alle proprie esigenze di abile e scrupoloso narratore del presente (cosa che Shyamalan ha sempre dimostrato di essere), ma anche a quelle indiscutibili del grande schermo, offrendo ancora una volta allo spettatore la possibilità di interrogarsi su di sé attraverso una rapida sequela di avvenimenti destinata ad essere costantemente arricchita da una tensione pura, palpabile. Tuttavia, al di là di quanto la costruzione di certi meccanismi possa essere ritenuta impeccabile o meno, questa volta è ciò che si vuole dire ad assumere un valore quasi inestimabile.

Non riteniamo che sia fondamentale soffermarsi più di tanto sulla trama di Bussano alla porta: l’intento di questa recensione vorrebbe provare ad essere un altro (nella speranza di riuscirci, ovviamente!). Perché di fronte ad un’opera che all’occhio dello spettatore più ingenuo e svogliato potrebbe apparire come l’ennesimo thriller/horror da gustarsi senza troppe aspettative, è importante provare a compiere uno sforzo di tastiera ulteriore – che è poi quello che dovrebbero fare tutti quelli che si cimentano con la critica… – e cercare di far comprendere a chi si imbatte per caso o per scelta nelle nostre parole che quando si guarda un film è spesso fondamentale riuscire a squarciare quell’ingombrante velo dell’apparenza che si limita a farci vedere soltanto la superficie delle cose, azzerando qualsiasi naturale capacità di giudizio.

Provare a non arrendersi all’incapacità della nostra mente di reagire e rielaborare, ma soprattutto di interrogarsi su quello che si osserva, è fondamentale per cogliere tutta la complessità e la stratificazione che si celano dietro un’opera come Bussano alla porta, in cui l’apparente banalità di una storia che fin dall’inizio sembra promettere di voler andare a scomodare tutti i cliché del tradizionale home invasion, nasconde in realtà una riflessione lungimirante, quanto mai attuale, su quale sia il nostro ruolo nel mondo, su quanto le nostre decisioni siano in grado di influenzare gli eventi che accadono e di cui crediamo di non essere minimamente responsabili, ma soprattutto su quanto sia difficile oggi riuscire a sviluppare e di conseguenza a provare forse il sentimento pacifico per eccellenza: l’empatia.

Catturare un assurdo presente, vuoto di empatia

In una società che ogni giorno ci sottopone ad un vero e proprio bombardamento di immagini (e non solo), minando costantemente la nostra capacità di elaborare un pensiero critico, è impossibile riuscire davvero a mettersi nei panni dell’altro, a comprendere da che parte stare, ad essere realmente coscienti della direzione in cui il mondo ha deciso di andare, inerti e noncuranti in attesa, probabilmente, della prossima incontrovertibile catastrofe (come se tutto quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni non fosse già stato abbastanza… ma si sa, ce lo siamo ampiamente lasciato alle spalle).

La partecipazione emotiva ha smesso di essere un processo immediato e l’egoismo, quello che troppo spesso si spaccia per amore proprio, alla fine ci impedisce di comprendere il peso e la gravità di quanto accade attorno a noi e, soprattutto, di quello che facciamo. Nella spazio claustrofobico in cui si dipana l’intrica matassa di Bussano alla porta, in cui l’elemento disturbante arriva per compromettere l’imperturbabilità d’animo, tutte queste considerazioni ci vengono poste da M. Night Shyamalan seguendo una logica quasi aristotelica, facendoci prendere consapevolezza di quello che sta accadendo – e che potrebbe accadere – ai personaggi coinvolti in maniera lenta e graduale.

Predestinazione, apocalisse, libero arbitrio, fede: in Bussano alla porta il basso si fonde con l’alto, l’irrazionale si scontra con il razionale, la paura della fine incontra la difficoltà – che all’occorrenza è capace di trasformarsi in bisogno – di credere necessariamente in qualcosa (soprattutto in qualcosa più grande di noi); la cornice da thriller – con tutta la suspence, la tensione e l’eccitazione che ne derivano – è solo un affascinante pretesto per sondare qualcosa di molto più spaventoso ed inquietante di quattro sconosciuti – o sarebbe meglio dire “quattro Cavalieri” (tra cui spicca un sorprendente Dave Bautista, bravissimo nel far emergere un inedito talento drammatico) – che improvvisamente si presentano sull’uscio di casa minacciando di stravolgere completamente la tua vita.

Così, Shyamalan ci mette di fronte ad una realtà sconcertante: presi dai nostri obblighi, dalle sofferenze e dalle gioie, annebbiati dalle continue delusioni, focalizzati sui nostri obiettivi di vita, abbiamo dimenticato che esiste – e continuerà sempre ad esistere – un legame tra noi e il resto del mondo: chi siamo dipende esclusivamente dalle nostre scelte e sono proprio queste ultime, se guidate dall’amore e votate al sacrificio, a determinare non solo il nostro destino ma anche quello delle persone che abitano questo pianeta insieme a noi, e che ormai siamo abituati a vedere e percepire soltanto come nemici.

Bussano alla porta presenta un’ossatura profonda e sfaccettata. Indubbiamente, è uno dei film più densi e rilevanti mai realizzati da M. Night Shyamalan – come forse non se ne vedevano da un po’ all’interno della sua filmografia -, ma anche uno dei più spaventosi: ancora una volta, infatti, la mentre creativa dietro The Sixth Sense e Unbreakable (un regista a cui Hollywood dovrebbe una certa dose di scuse!) ci mette di fronte alle nostre paure collettive e, soprattutto, alle nostre responsabilità individuali, filtrandole attraverso il punto di vista di persone comuni che scoprono di essere dotate di capacità incredibili, che vorrebbero fuggire dal proprio destino ma che alla fine scelgono di abbracciarlo; persone ordinarie che diventano improvvisamente straordinarie, realizzando di poter avere un ruolo fondamentale nel più grande gioco di tutti: quello della vita.

Con sguardo quanto mai attento e lucido, paragonabile a quello perfettamente chiaro e distinto che anni fa ci regalò altre importanti riflessioni sulla società mascherate da favole nere (si pensi a Signs, The Village e Lady in the Water), Bussano alla porta cattura il presente, l’epoca folle, carica d’odio, paranoica, affatto empatica in cui viviamo e la incastona in un’atmosfera suggestiva, inquietante, lontana dalla fantasia e terribilmente vicina alla realtà, spingendoci a ribaltare la prospettiva e a riflettere sulle nostre azioni, sulle nostre scelte, sul nostro modo di vedere l’altro e di relazionarci con lui, ma soprattutto sulla possibilità di ricambiare tutto il male ricevuto facendo soltanto del bene, per quanto assurdo e impensabile possa sembrarci.

LEGGI ANCHE: M. Night Shyamalan racconta Bussano alla porta: “Credere è una scelta. Siamo tutti vulnerabili”

Guarda il trailer ufficiale di Bussano alla porta

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Bussano alla porta cattura il presente, l’epoca folle, carica d’odio, paranoica, affatto empatica in cui viviamo e la incastona in un’atmosfera suggestiva, inquietante, lontana dalla fantasia e terribilmente vicina alla realtà, spingendoci a ribaltare la prospettiva e a riflettere sulle nostre azioni, sulle nostre scelte, sul nostro modo di vedere l'altro e di relazionarci con lui, ma soprattutto sulla possibilità di ricambiare tutto il male ricevuto facendo soltanto del bene, per quanto assurdo e impensabile possa sembrarci. 
Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

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Bussano alla porta cattura il presente, l’epoca folle, carica d’odio, paranoica, affatto empatica in cui viviamo e la incastona in un’atmosfera suggestiva, inquietante, lontana dalla fantasia e terribilmente vicina alla realtà, spingendoci a ribaltare la prospettiva e a riflettere sulle nostre azioni, sulle nostre scelte, sul nostro modo di vedere l'altro e di relazionarci con lui, ma soprattutto sulla possibilità di ricambiare tutto il male ricevuto facendo soltanto del bene, per quanto assurdo e impensabile possa sembrarci. Bussano alla porta, recensione del film di M. Night Shyamalan