Una cornucopia di addobbi di ogni genere e misura, una cascata di luci colorate ad accecare un intero sobborgo, una vastità esacerbante di atmosfere e cliché natalizi presentati in ogni salsa e condimento. Può bastare solo questo per fare un buon e convincente film di Natale?
Secondo Reginald Hudlin, a quanto pare, sì. Buon Natale da Candy Cane Lane è infatti l’ultimo lungometraggio diretto dal regista statunitense (noto per Il principe delle donne) e scritto dalla sceneggiatrice Kelly Younger, che per questo progetto ha tratto ispirazione dalla sua infanzia.
La trama di Buon Natale da Candy Cane Lane
Il periodo di Natale negli Stati Uniti è da sempre vissuto con il gusto per l’esagerazione e l’eccesso, messo in risalto da tutte quelle sfarzose, e talvolta mostruose, decorazioni che ricoprono gli esterni e le facciate delle abitazioni. Il pretesto perfetto per costruirci sopra una storia da proiettare sul grande schermo.
Chris Carver, impersonato da uno “sbiadito” Eddie Murphy (Il principe cerca figlio), è disposto a qualunque cosa per poter vincere il tradizionale concorso di Natale del suo quartiere, che premia la casa agghindata in modo più appariscente ed originale per l’evento, tanto da arrivare a stringere un accordo con Pepper (Jillian Bell, Fata madrina cercasi), una bizzarra individua che gestisce uno strano negozio a tema natalizio nella periferia della città. Ben presto però Chris si renderà conto di essersi imbattuto in una sorta di maledizione che, nel caso non venisse spezzata in tempo, potrebbe trasformarlo in un ornamento di Natale, come già accaduto a tanti altri poveri sventurati incappati prima di lui nella bottega di Pepper.
Un film tutt’altro che entusiasmante
Fatta eccezione per una buona CGI (computer-generated imagery), con cui sono animati i pupazzetti e le altre magiche creature che ad un certo punto irrompono sulla scena, Buon Natale da Candy Cane Lane è un’opera facilmente trascurabile e decisamente stucchevole, anche a causa dell’esagerata e assurda durata di due ore.
Completano il quadro una sceneggiatura che quasi sembra essere stata scritta da quel cuginetto di nove anni a cui viene fatto leggere il proprio pensierino sul Natale durante il cenone del 24 dicembre, dialoghi che spesso oscillano tra il patetico e l’imbarazzante, un Eddie Murphy spento, scialbo, anonimo, molto lontano dalla sua solita frizzantezza e contagiosa ironia. Nemmeno la buona ed esilarante interpretazione di Jillian Bell (unica nota positiva), nei panni della malvagia Elfa Pepper, riesce a conferire al film quella giusta e necessaria vivacità di cui avrebbe un disperato bisogno per potersi in parte risollevare.
Dietro al classico racconto di Natale, che dovrebbe concentrarsi su ben altre tematiche, il regista Reginald Hudlin, in realtà, pare aver voluto erigere una commedia fantastica basata sul black power, dove addirittura Babbo Natale, che fa la sua apparizione vestito come un damerino del primo Novecento scozzese, è nero. In varie sequenze del film, infatti, sono disseminati riferimenti, allusioni, battute, frecciatine e continui richiami alla cultura afroamericana, che tendono a rimarcare a più riprese questo concetto. Un concetto che, probabilmente, sarebbe stato opportuno tenere estraneo, essendo totalmente fuori luogo in un film sul Natale, il cui obiettivo principale dovrebbe essere intrattenere e divertire le famiglie senza velati (ma neanche troppo) secondi fini.
Una cornucopia di addobbi di ogni genere e misura, una cascata di luci colorate ad accecare un intero sobborgo, una vastità esacerbante di atmosfere e cliché natalizi presentati in ogni salsa e condimento. Può bastare solo questo per fare un buon e convincente film di Natale? La risposta, a questo punto, sembra essere piuttosto chiara: assolutamente no!