La commedia romantica è probabilmente uno dei generi più apprezzati dal grande pubblico. Nonostante l’enorme successo riscontrato nel corso dei decenni, però, non si può certo parlare di un genere propriamente “inclusivo”, dal momento che quasi tutte le storie d’amore cinematografiche che sono state portate sul grande schermo negli anni (o almeno, le più famose!), hanno sempre avuto come protagonisti un uomo e una donna.
C’era quindi bisogno di una doverosa inversione di marcia che, dopo oltre un secolo di film incentrati su equivoci, allontanamenti e riappacificazioni ad appannaggio esclusivo del più tradizionale “lui e lei”, provasse a restituire dignità anche alle relazioni romantiche tra persone dello stesso sesso, esplorando – e al tempo stesso scardinando – l’universo amoroso a tinte LGBTQ+. A scanso di equivoci, di commedie romantiche che raccontano di due uomini gay ne esistono eccome, ma fino ad oggi nessuna, grazie alla distribuzione di una grande major, aveva mai avuto la possibilità di arrivare ad un pubblico decisamente più ampio e potenzialmente eterogeneo.
Così entra in gioco la Universal Pictures, che lo scorso 30 settembre ha portato nelle sale americane Bros, che arriva finalmente anche nei nostri cinema da oggi 3 novembre, dopo essere stato presentato in anteprima italiana alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma ad ottobre. Il film, diretto da Nicholas Stoller (Cattivi vicini e Cattivi vicini 2), nasce da un’idea partorita dalla mente di quest’ultimo insieme al comico e attore statunitense Billy Eichner, che del film è non solo co-sceneggiatore (insieme a Stoller), ma anche interprete principale. Al suo fianco, un cast di attori tutti appartenenti alla comunità LGBTQ+, tra cui l’attore canadese Luke Macfarlane, che veste i panni del co-protagonista della storia.
In Bros, Eichner veste i panni di Bobby Lieber, il conduttore di un podcast/radio show a tema gay, che viene incaricato di inaugurare a Manhattan il primo museo interamente dedicato alla storia e alle battaglie della comunità LGBTQ+. Bobby è orgoglioso di essere single e non si riconosce in molti degli stereotipi che, dal suo punto di vista, caratterizzano il mondo omosessuale. Bobby non è disposto a cambiare sé stesso e il suo modo di essere per compiacere a tutti i costi un eventuale partner. Tuttavia, quando incontrerà Aaron Shepard (Macfarlane), che ai suoi occhi rappresenta quanto di più fisicamente e intellettualmente “noioso” possa esistere all’interno dell’ambiente e della cultura gay, si ritroverà invischiato in una relazione dove entrambi saranno costretti ad abbassare le proprie difese, a mettere a nudo le proprie paure e a rinunciare ad ogni forma di pregiudizio.
Una storia universale, ma anche specifica e autentica
L’obiettivo principale di dare vita ad una commedia il più esilarante ed onesta possibile si sposa, nell’operazione firmata da Stoller ed Eichner, con la necessità di realizzare una sorta di spartiacque in merito alla rappresentanza LGBTQ+ sul grande schermo. Non possiamo prevedere quanti passi in avanti verranno effettivamente fatti da ora in poi, né se ci saranno altre pellicole che seguiranno la scia tracciata da Bros e altrettante major disposte a distribuirle, ma è innegabile che un progetto del genere, proprio nel suo essere così aderente ad una specifica realtà, rappresenti un’ottima occasione per parlare senza alcun tipo di filtro, in maniera brillante, genuina e spesso sorprendente, di relazioni umane, di emozioni e di sentimenti che in fin dei conti, al di là dell’orientamento sessuale di ciascuno, sono banalmente aspecifici, nonostante c’è chi si ostini spudoratamente, ancora oggi, a sostenere il contrario.
La forza dirompente di Bros risiede proprio nella lealtà attraverso cui descrive, senza nascondersi dietro a certe ipocrisie e a certi luoghi comuni – che altro non sono che il frutto di un’idealizzazione palesemente inattendibile da parte di coloro che osservano la comunità LGBTQ+ da lontano -, quello che succede effettivamente in una relazione tra due persone dello stesso sesso, fatta di tappe e dinamiche “obbligate” esattamente come accadrebbe tra due persone di sesso opposto. I personaggi di Bobby e Aaron condividono l’appartenenza ad una realtà di cui viene finalmente restituito un ritratto preciso e puntuale che si assume il rischio di risultare scomodo andando a toccare dei nervi potenzialmente scoperti, senza accentuare mai, neanche una volta, tutti quegli aspetti più stereotipati che l’industria di Hollywood ha più e più volte rimarcato (e di cui spesso sono vittima e carnefice insieme gli stessi omosessuali).
In questo senso Bros, complice anche l’esperienza di vita di Eichner (quanto mai lucida), si fa specchio di modi di pensare e di agire che sono sì universali, ma che al tempo stesso attengono alla sfera della mascolinità e della percezione che ogni ragazzo gay ha di sé stesso. C’è un tempo per ridere e un tempo per emozionarsi nella storia Bobby e Aaron, ma c’è anche un tempo per riflettere, satireggiando, su quei numerosi aspetti della cultura gay che innalzano gli standard predisposti della mascolinità, impedendo agli uomini di mostrare la loro vulnerabilità, di sentirsi a proprio agio con la loro immagine e di rivelare ciò che davvero provano.
Bros – prodotto tra gli altri da Judd Apatow (regista di Questi sono i 40 e Un disastro di ragazza) – è quindi una storia che parla di emozioni e sentimenti universali, ma che al tempo stesso risulta specifica e autentica rispetto a tutta una serie di dinamiche, anche disfunzionali, in cui tutti gli uomini gay potranno sicuramente riconoscersi. Ed è proprio in questa armoniosa dualità che è possibile riscontrare la sua riuscita indiscussa.