domenica, Giugno 4, 2023
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Boy from Heaven, recensione del film di Tarik Saleh

La recensione di Boy from Heaven, il nuovo film scritto e diretto dal regista svedese Tarik Saleh. Prossimamente al cinema.

Dopo il successo per la vittoria del premio per la miglior sceneggiatura al 75° Festival di Cannes e la candidatura come rappresentante della Svezia alla novantacinquesima cerimonia dei premi Oscar, il nuovo lungometraggio di Tarik Saleh dal titolo Boy from Heaven (Walad Min Al Janna, in originale) arriva in anteprima italiana alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma (in programma dal 13 al 23 ottobre).

Saleh, che firma anche lo script del film, ritorna per la seconda volta nello stesso anno sugli schermi – uscito sempre nel 2022 è il suo The Contractor con Chris Pine (disponibile su Prime Video) -, dopo l’interdizione ricevuta dall’Egitto conseguente l’uscita del celebre Omicidio al Cairo (2017), grande affresco del periodo antecedente alla rivoluzione egiziana del 2011, vincitore del premio Guldbagge per il miglior film.

Adam Tala (Taawfeek Barhom) è un ragazzo che si divide tra il lavoro come pescatore assieme al severo padre e ai suoi fratelli e gli studi coranici. Dopo qualche tempo viene a saper di aver vinto una borsa di studio per l’Università al-Azhar, centro nevralgico non solo di studi ma anche di direttive politiche. Alla morte del Grande Imam, i servizi segreti cominciano una caccia alla talpa così da poter farne eleggere uno molto più vicino alle proprie inclinazioni. Dopo l’uccisione dell’infiltrato, il colonnello Ibrahim (Fares Fares) recluta proprio il giovane Adam per scoprire i segreti che hanno portato all’omicidio, mettendone così a rischio la vita.

Spingersi ben oltre il velo della finzione

È indubbio che non si possa leggere un’opera come Boy from Heaven senza mettere in conto la precedente produzione di Tarik Saleh. Dopo l’opera prima di stampo fantascientifico Metropia (2009), il regista svedese prende le redini del thriller e del giallo socio-politico per raccontare e decostruire il vuoto informativo di un paese complesso quale è l’Egitto allo stato attuale.

Filtrare eventi così intricati tramite l’occhio di un ragazzo è sicuramente il punto di forza dell’intera narrazione. Adam si muove sicuro tra le masse di copricapi rossi che fungono da leitmotiv visivo, ma è di certo meno cosciente di tutto il contesto che si muove sopra e sotto di lui. Nella grammatica di Boy from Heaven è come se il ruolo di Adam ricoprisse la funzione di punto fermo all’interno di un’elencazione di moltissimi e molteplici enunciati – a tratti riferibili allo stile dell’inchiesta, a tratti a quelli più classici dl thriller politico. Funzionali a questo ritmo di generi così variegati anche gli interpreti, a partire dal protagonista Taawfeek Barhom fino a Fares Fares, ormai presenza irrinunciabile nei film di Saleh da Omicidio al Cairo in poi.

Boy from Heaven è un lungometraggio che si spinge ben oltre il velo della finzione, andando a toccare delle corde molto vicine alla contemporaneità con un taglio molto deciso che, probabilmente, potrebbe lasciare a bocca asciutta quel pubblico più affezionato alla “sottigliezza” del racconto cinematografico.

Guarda il trailer ufficiale di Boy from Heaven

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Boy from Heaven è un lungometraggio che si spinge bel oltre il velo della finzione, andando a toccare delle corde molto vicine alla contemporaneità con un taglio molto deciso che, probabilmente, potrebbe lasciare a bocca asciutta quel pubblico più affezionato alla “sottigliezza” del racconto cinematografico. 
Carlotta Guido
Carlotta Guido
Dopo la visione de Il Padrino Parte II capisce che i suoi film preferiti saranno solo quelli pari o superiori alle tre ore | Film del cuore: Il Padrino | Il più grande regista: Aleksandr Sokurov | Attore preferito: Marlon Brando | La citazione più bella: "Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me" (Frankenstein Junior)

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Boy from Heaven è un lungometraggio che si spinge bel oltre il velo della finzione, andando a toccare delle corde molto vicine alla contemporaneità con un taglio molto deciso che, probabilmente, potrebbe lasciare a bocca asciutta quel pubblico più affezionato alla “sottigliezza” del racconto cinematografico. Boy from Heaven, recensione del film di Tarik Saleh