Uno dei più grandi eventi della storia del tennis mondiale arriva al cinema con Borg McEnroe (qui il trailer), pellicola a tema sportivo incentrata sulla celebre finale di Wimbledon del 1979, che vide lo scontro all’ultimo colpo tra il gentleman svedese Björn Borg e l’enfant terrible americano John McEnroe.
Vera sorpresa di questa 12^ edizione della Festa del Cinema di Roma, il lungometraggio di Janus Metz Pedersen mette in scena con maestria uno scontro che travalica il semplice match, trasformandosi in un duello non solo esteriore ma anche interiore. Ciò che fin da subito colpisce è infatti l’estrema umanità delle due figure rappresentate, opposte l’una all’altra ma ugualmente scisse e fragili.
Borg McEnroe mette in scena con maestria uno scontro che travalica il semplice match, trasformandosi in un duello non solo esteriore ma anche interiore
Borg, con lo sguardo controllato ed una freddezza meccanica, si erge a emblema della superstar mancata, divisa tra il desiderio di vincere e la paura di perdere se stesso. Con un focus narrativo che spesso mette in ombra la sua controparte statunitense, lo svedese conquista grazie ad una caratterizzazione universale e coinvolgente, che restituisce il campione come riflesso di un uomo qualunque with a chance.
Ottima è chiaramente la performance di Sverrir Gudnason, che sorprende per l’estrema duttilità mimica del volto: il personaggio, emotivamente asettico, non si esprime infatti a parola, ma dialoga con microscopi movimenti del viso, che l’interprete nord europeo orchestra che impensata padronanza. Anche con Stellan Skarsgård, il quale veste i panni del suo allenatore, si crea una perfetta simbiosi affettiva e agonistica.
Borg McEnroe recensione del film con Shia LaBeouf
Accanto a Borg, eccezionale è anche la caratterizzazione di John McEnroe. Nonostante una partecipazione più circoscritta rispetto a quella del collega, il tennista a stelle e strisce diventa simbolo dell’imperfezione umana, della sua arroganza ma anche della sua forza. Confermandosi sempre un grandissimo – e da qualche anno sottovaluto – interprete, Shia LaBeouf convince pienamente incarnando una figura controversa ma multiforme.
Sebbene sia sminuente definire Borg McEnroe con la limitata etichetta di lungometraggio sportivo, il terzo grande protagonista non può che essere il tennis. Raccontato con una piacevolissima scioltezza dell’immagine, il torneo di Wimbledon diventa il terreno di una sfida annunciata e pronta ad essere intrapresa.
Borg McEnroe consacra il filone sportivo ad un livello più alto, sempre scenografico ma umanamente più sfaccettato
L’attesa della partita finale viene pertanto ripagata da un confronto conclusivo eccezionale e travolgente, nel quale il ritmo coinvolge lo spettatore e lo catapulta direttamente sulla scena: il trionfante intreccio tra narrazione, musica e favolosa fotografia produce difatti una tensione d’insieme raramente rintracciabile in produzioni di tale argomento.
La regia, curata come accennato da Janus Metz Pedersen, permette dunque alla pellicola di oscillare tra concretezza del racconto e significati più profondi, non abbandonando le logiche del vero spettacolo d’oltreoceano. Riprendo con un pizzico di autorialità l’insegnamento dei blockbusters hollywoodiani, Borg McEnroe consacra il filone sportivo ad un livello più alto, sempre scenografico ma umanamente più sfaccettato.