Il vampiro è una delle più importanti figure dell’immaginario orrorifico, protagonista di innumerevoli opere, come le seminali storie Carmilla di Sheridan Le Fanu e Dracula di Bram Stoker. Una creatura che, negli anni, è stata reinterpretata in tutte le salse e utilizzata anche come metafora di alcune piaghe sociali contemporanee, dalle malattie sessualmente trasmissibili (Rabid – Sete di sangue) alla dipendenza causata dall’eroina (The Addiction – Vampiri a New York). Un soggetto troppo affascinante e versatile perché fosse ignorato dalla serie di film horror e thriller Welcome to the Blumhouse; Black as Night – nuova pellicola dell’antologia, disponibile su Amazon Prime Video dal 1 ottobre – è incentrata proprio sui nostri amici succhiasangue.
L’accoppiata dietro questa produzione firmata Jason Blum è composta dalla regista Maritte Lee Go, con all’attivo diversi cortometraggi, e dallo sceneggiatore Sherman Payne, con diversi credit nell’ambito della serialità televisiva (Shameless ma anche, per rimanere in tema horror, la serie tv di Scream). Un team giovane che sta muovendo i suoi primi passi nel mondo della suspense; altra dimostrazione di come una delle finalità di questa serie antologica sia anche quella di scoprire e lanciare nuovi talenti, pronti ad ingrossare le fila delle menti della Blumhouse Productions.
I vampiri di Black as Night infestano l’Ombreux, fatiscente complesso di alloggi popolari di New Orleans, abitato dagli ultimi della città. Dopo la scioccante morte della madre Denise (Kenneisha Thompson), legata a questi eventi di origine vampiresca, l’adolescente Shawna (Asjha Cooper) deciderà di indagare sull’accaduto e provare a fermare l’avanzata della minaccia sovrannaturale con l’aiuto di uno sgangherato gruppo di amici.
Come avrete dedotto dalla sinossi, anche Black as Night, similmente alle pellicole succitate, punta sulla metafora sociale: una rivolta dei diseredati, trasformati in vampiri da un carismatico capo rivoluzionario, a tratti quasi “romeriana”. Un tema dichiarato sin dalla scelta dell’insieme di case popolari in rovina come setting principale; un posto pieno di disperazione, abitato prevalentemente da afroamericani che hanno perso tutto durante l’uragano Katrina. Un’ambientazione che ricorda il Cabrini-Green di Chicago del classico black horror Candyman – Terrore dietro lo specchio, riportato recentemente al cinema con un remake. Contesto perfetto in cui mettere in scena questa rivolta violenta di una minoranza emarginata, a cui si oppone la protagonista, anche lei afroamericana, proponendo l’alternativa di una lotta non-violenta, fatta di volantinaggio e raccolte firme.
Go e Payne incorporano questo sottotesto in un horror dai toni pulp, fortemente influenzato da tutto quel filone di cinema, prevalentemente anni ’80, che vede contrapposto un improbabile gruppo di adolescenti ai vampiri (Ammazzavampiri, Ragazzi perduti). Il personaggio di Granya (Abbie Gayle), presidente di un club del libro a tema vampiresco, richiama direttamente i fratelli Ranocchi, così come, nel suo complesso, tutta l’eterogenea compagnia di teenager (l’adolescente sfigata, il ragazzo popolare ecc.) i personaggi al centro dei film succitati (o anche la Scooby Gang di Buffy l’ammazzavampiri). In questo tributo cinefilo trova spazio anche l’attore Keith David, protagonista di cult come La cosa e Essi vivono.
Black as Night presenta tutte idee buone sulla carta, ma purtroppo la messa in pratica non è priva di difetti. La struttura drammaturgica ha alcune criticità, come una prima parte ingiustificatamente troppo prolissa, per poi arrivare ad un’ultima dove vengono presentati tantissimi nuovi elementi (un personaggio, mai visto prima, si palesa negli ultimi venti minuti per raccontare la backstory del cattivo e approfondire le regole legate ai vampiri di quel mondo). Una realizzazione che si rivela anche inefficace nella costruzione di momenti di tensione e suspense davvero riusciti.
La nuova pellicola di Welcome to the Blumhouse a tema vampiresco manca di “mordente”. Black as Night è sicuramente a tratti più interessante e divertente del precedente Bingo Hell, ma non riesce comunque a convincere fino in fondo. I temi sociali e le citazioni cinefile non colmano le lacune a livello di scrittura e regia.