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Benvenuti a Marwen, recensione del film di Robert Zemeckis

Benvenuti a Marwen (Welcome to Marwen) segna il ritorno dietro la macchina da presa del pluripremiato cineasta Robert Zemeckis. L’autore di Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988) e Forrest Gump (1994) si trova stavolta alle prese con l’adattamento cinematografico del documentario Marwencol del 2010 basato sulla vita e la ricerca artistica del fotografo americano Mark Hogancamp.

In Benvenuti a Marwen la tragica vicenda di Hogancamp, interpretato da Steve Carell, trova spazio nel mondo del cinematografico con una narrazione a metà tra verosimiglianza e performance capture, tecnica cara al regista a partire da A Christmas Carol (2004).

Zemeckis decide infatti di raccontare la storia del fotografo, privato della memoria a causa di un brutale pestaggio da parte di un gruppo di neo-nazisti, partendo proprio dall’universo parallelo creato da Hogancamp stesso: la piccola cittadina Belga – e inventata – di Marwen, in pieno Secondo Conflitto Mondiale.

L’esistenza di Mark è un immenso e profondo buco nero da colmare a cui solo Marwen ed i suoi abitanti saranno in grado di trovare un lieto fine salvandolo dalla totale distruzione. Mark proietta nelle sue bambole se stesso e le sue “donne”, un gruppo di vivaci e scaltre soldatesse pronte a tutto pur di affiancare il Mark nelle sue scorribande contro i nazisti.

Benvenuti a Marwen diventa così il racconto di una resurrezione personale, la traslazione dei desideri più viscerali di un uomo che lotta per trovare una possibile restituzione nella realtà. L’interpretazione di Steve Carell si interseca perfettamente con la personalità rappresentata da Mark Hogancamp, riuscendo a creare il ritratto di una persona in balia dei propri mostri.

Accanto a Carell sfilano le multiformi personalità di Nicol (Leslie Mann) il grande e impossibile amore di Mark, la collega di lavoro Carlala (Eliza Gonzalez), l’apprensiva Roberta (Merritt Wever), le dinamiche Anna (Gwendoline Christie) e GI Julie (Janelle Monàe) e la perfida Deja Thoris (Diane Kruger) nella personificazione della dipendenza di Mark per gli antidepressivi.

In questo modo ogni personaggio finisce per ruotare intorno alla duplice figura di Mark/Cap’n Hogie, così da far risaltare ancora di più il suo processo di trasformazione e presa di coscienza. Così facendo Robert Zemeckis centra il punto peccando, tuttavia, di una deriva eccessivamente romantica e trascinata nelle scene girate in performance capture, quasi non fosse in grado di trovare il coraggio per porre una conclusione al lungometraggio.

Benvenuti a Marwen (qui il trailer italiano ufficiale) permette allo spettatore di soffermarsi per un momento sui propri limiti e le proprie reticenze, usando la storia di Mark Hogancamp come presupposto per la riappropriazione della parte più surreale e vera di ognuno di noi. Il film uscirà nelle sale il prossimo 10 gennaio, distribuito dalla Universal Pictures.

Guarda il trailer ufficiale di Benvenuti a Marwen

Carlotta Guido
Carlotta Guido
Dopo la visione de Il Padrino Parte II capisce che i suoi film preferiti saranno solo quelli pari o superiori alle tre ore | Film del cuore: Il Padrino | Il più grande regista: Aleksandr Sokurov | Attore preferito: Marlon Brando | La citazione più bella: "Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me" (Frankenstein Junior)

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