Il racconto della realtà, attraverso le sue molteplici sfumature, è sempre stato ad appannaggio dei generi, capaci di trasformarsi in lenti deformanti che enfatizzano, rielaborano e trasformano la narrazione del mondo che ci circonda. Ma anche la commedia, sorta di macro-genere contenitore (con funzione “d’ombrello”, sintattico e semantico) ha rivestito e continua a ricoprire questo ruolo.
Ne sono una dimostrazione i film della nostra stagione migliore – quella degli anni ’60-’70 -, ma anche una romcom atipica di prossima uscita, Beata te, un prodotto Sky Original che approderà direttamente su Sky Cinema e in streaming su NOW dal 25 dicembre. Protagonisti di quest’opera pop intelligente e brillante, diretta da Paola Randi (La Befana vien di notte – Le origini) sono Serena Rossi (Diabolik) e Fabio Balsamo ((Im)perfetti criminali), rispettivamente nei ruoli di una regista teatrale single, giovane, carina (ed occupata) e… in quelli eccentrici di un Arcangelo.
Marta (Rossi) è una regista di teatro, single e tutto sommato soddisfatta della sua vita, a un passo dal debutto del suo Amleto. Al suo 40esimo compleanno riceve una visita inaspettata: l’Arcangelo Gabriele (Balsamo), che vorrebbe annunciarle la nascita di un figlio. Ma Marta non è sicura di volere un figlio “in dono” e chiede tempo per pensarci. Preso alla sprovvista da questa richiesta, costretto a fermarsi sulla Terra più del previsto, Gabriele si trasferirà a casa sua e le starà accanto per le due settimane che a Marta serviranno per capire cosa vuole per se stessa e per essere felice.
Non fermiamoci all’apparenza: non tutte le commedie sono uguali. E, di sicuro, non lo è Beata te, che non somiglia a niente di ciò che abbiamo visto di recente al cinema, ma è anzi in grado di trovare una chiave personale per riflettere su ciò che ci circonda senza mai cadere nella banalità, nel cliché vuoto e privo di mordente, afflitto da una lacunosa mancanza di idee e intelligenza. Au contraire, la commedia della Randi – che nasce a teatro, scritta da Luisa Merloni e intitolata Farsi Fuori – è un concentrato di arguta ironia e sottile divertimento, manifesto delle inner voices e dei pensieri più intimi di una generazione – quella dei Millennials e, in particolare, dei quarantenni – spesso dimenticata al cinema, ad appannaggio di fruitori più giovani (Generazione Z) o più maturi (Boomer).
Marta, interpretata da un’irresistibile Serena Rossi, energica, brillante e irresistibile, è una donna indipendente che cerca di affermarsi nel mondo del teatro: pone al centro del proprio microcosmo la realizzazione di sé, che non passa per ataviche convinzioni borghesi (casa, matrimonio, famiglia) ma per la creatività e l’amore che nutre nei confronti del teatro.
La commedia brillante che non ti aspetti!
La giovane donna, alla quale viene proposta questa “temporanea elargizione di grazia” dall’Arcangelo Gabriele, incarna un prototipo moderno ed attuale di un complesso femminino alla ricerca di un’indipendenza perduta (o comunque difficile da conquistare): liberarsi dallo stigma sociale si rivela più complesso del previsto, anche se in realtà Marta è già madre, amorevole e coraggiosa, di ogni sua creatura teatrale; un aspetto interessante che spesso si tende a trascurare, soprattutto nella rappresentazione più mainstream.
Come pure sembra quasi un azzardo (ben riuscito) quello di costruire una commedia sentimentale/romantica senza inserire un’effettiva storia d’amore convenzionale, che viene sempre auspicata ed evocata nel corso del film, senza mai concretizzarsi. Le direttive emotive lungo le quali si sviluppano i personaggi attraversano un arco narrativo che ruota intorno ad un concetto universale di amore, declinato in ogni singola sfumatura: genitori, amici, partner in crime dei quali fidarsi e ai quali affidarsi, opere d’arte e creature artistiche nate dal parto dell’immaginazione; All you need is love/ Love is all you need cantavano I Beatles, preconizzando le moderne evoluzioni ed implicazioni.
Dal punto di vista tecnico, per sviluppare un film come Beata te lungo questi parametri c’era bisogno di una regia accurata, funzionale al racconto per immagini proposto: lontano dalla ferita tragica della didascalia/“spiegone”, l’occhio meccanico di Paola Randi è ben riconoscibile ed evidente, forte di un carattere determinato che traspare dietro ogni singola scelta compiuta, nei movimenti di macchina elaborati, nell’uso grafico degli split screen, nei flashback incalzanti e ritmati che permettono – allo spettatore – di sprofondare nell’esistenza di Marta.
Se nella commedia cinematografica la tendenza comune è quella dare risalto alle parole, ai ritmi e ai tempi delle battute mettendo l’estetica del film in secondo piano, la Randi – con le sue indiscutibili peculiarità ed abilità – sovverte questa regola non scritta, mostrando la propria abilità e versatilità (soprattutto, nel maneggiare gli elementi fantastici) in particolar modo nei momenti in cui lascia il percorso tracciato del mainstream, della commedia natalizia da piattaforma, svelando il proprio particolare feeling con la macchina da presa, la grammatica del film e un virtuosismo unico da vera fantasista.
Beata te è, quindi, il prodotto che non ti aspetti: una commedia intelligente dalle battute brillanti, che dietro la risata cerca di indurre lo spettatore alla riflessione, esorcizzando un grande tema attuale – uno dei tanti disseminati nello script: il dramma della maternità ad ogni costo – che è un retaggio dei valori di una società borghese archetipica e datata, forse non ancora pronta ad essere traghettata nel futuro e nella modernità.
E per riflettere su ciò che siamo e ciò che potremmo diventare, quale arma migliore se non la risata di qualità, conscia della premessa di un What if …? dirompente (“e se una donna comune fosse protagonista di una moderna Immacolata Concezione?) in bilico tra fantasy, romcom e realismo magico, che trasforma il mondo in un posto dove tutto può succedere… anche l’impossibile?