Mancava dal mondo del cinema da ben sette anni David O. Russell, che dopo Joy del 2015 torna dietro la macchina da presa con un progetto che ricorda i grandi fasti di American Hustle, se non altro per la scelta di raccontare l’ennesima storia ambiziosa e di mettere insieme un cast a dir poco stellare (ancora più nutrito della black comedy uscita nel 2013) per portarla sul grande schermo.
Amsterdam, presentato in anteprima italiana alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma e in arrivo nelle sale dal 27 ottobre, racconta una storia ispirata alla presunta cospirazione politica del 1933 negli Stati Uniti nota come “Business Plot” – un capitolo oscuro della storia americana forse poco conosciuto -, il cui obiettivo era quello di rovesciare il governo del presidente Franklin D. Roosevelt, garantendo così l’insediamento di un dittatore.
Al centro della storia, il dottor Burt Berendsen (Christian Bale), l’avvocato Harold Woodsman (John David Washington) – entrambi veterani della Prima Guerra Mondiale – e l’infermiera Valerie Voze (Margot Robbie): i tre vengono coinvolti nel misterioso omicidio di un generale in pensione e di sua figlia, diventando i primi sospettati e restando coinvolti in un complotto segreto dai risvolti scioccanti.
Il nuovo film del regista di The Fighter e Il lato positivo, che fin dall’inizio dichiara esplicitamente la sua volontà di voler mescolare i fatti storici con la finzione, è una sorta di ibrido, di grande mash-up di diversi sottogeneri – il noir, il period drama, il mystery, la comedy thriller – che non riesce quasi mai a trovare quell’equilibrio necessario a unificare tanto la sobrietà quanto la stravaganza alla base del racconto.
Nel cercare di rispolverare la storia per muovere una critica neanche troppo velata all’America contemporanea, David O. Russell (che del film è anche sceneggiatore e produttore) fallisce miseramente il suo obiettivo, imbastendo un discorso che non è mai né troppo serio né troppo fatuo da poter assumere – in un senso e nell’altro – i contorni e le sfumature della satira tagliente o della farsa esuberante.
Uno spettacolo smorto che prometteva fuoco e fiamme
Come è sua abitudine, O. Russell affronta le storie in modo diretto, con decisione, trasportando lo spettatore in una dinamica che sembra già avviata e che a pochissimi minuti dall’inizio sembra già essere pronta ad esplorare: il risultato finale è un racconto dallo stile magniloquente e ricercato solo all’apparenza, che non ci mette neanche poi troppo a svelare tutte le fragilità di una struttura narrativa abbastanza confusionaria e mai davvero esauriente.
Nonostante il cast riesca a fornire delle prove tutto sommato convincenti – dopotutto, una delle più grandi doti di O. Russell è proprio quella di saper non solo scegliere gli attori giusti, ma anche di saperli dirigere -, nessuno dei personaggi viene mai delineato a sufficienza, neanche il trio protagonista composto da Bale, Washington e Robbie (bella, quest’ultima, come forse non lo è mai stata): Burt, Harold e Valerie sono tratteggiati in maniera sottile e approssimativa, come se al regista e sceneggiatore importasse soltanto una cosa, ossia mettere in mostra la loro sovrabbondanza di stranezze.
In un contesto simile, è chiaro che nemmeno i comprimari di lusso – pensate che il resto cast annovera star del calibro di Chris Rock, Anya Taylor-Joy, Zoe Saldana, Michael Shannon, Taylor Swift, Matthias Schoenaerts, Rami Malek e Robert De Niro (e non li abbiamo nemmeno citati tutti!) – riescono ad emergere, relegati a mere pedine in un gioco che non li offre mai la possibilità, indipendentemente dal minutaggio più o meno breve a disposizione, di risultare memorabili.
Amsterdam è cinema ambizioso, che si fregia delle abilità del suo regista, della presenza di un parterre di attori in grande spolvero e della competenza di un reparto tecnico di altissimo livello (la fotografia è di Emmanuel Lubezki, mentre le scenografie sono di Judy Becker), per camuffare un approccio al racconto fin troppo sconclusionato, incapace di tessere in maniera accurata e scrupolosa i fili delle sue numerose oscillazioni tematiche, risultando uno spettacolo smorto che sembrava promettere fuoco e fiamme.