lunedì, Dicembre 4, 2023
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Alien: Covenant, recensione del film di Ridley Scott con Michael Fassbender

Alien: Covenant sta per arrivare ed è pronto a ricoprire, fino in fondo, il proprio ruolo di anello di congiunzione all’interno del mondo di Alien, riprendendo i fili della narrazione lasciati incompleti dal precedente Prometheus (2012) e anticipando il tradizionale primo capitolo diretto sempre da Ridley Scott nel lontano 1979, e che proprio quest’anno ha celebrato i suoi primi trentacinque anni.

Dopo gli eventi narrati in Prometheus, una nuova navicella è pronta a percorrere, silenziosamente, lo spazio siderale alla ricerca di Origea, un nuovo e ospitale pianeta adatto alla colonizzazione. Ma un accidentale guasto tecnico getta una lunga ombra di morte sul suo equipaggio, costretto ad accettare il nuovo capitano Christopher Oram (Billy Crudup) e la sua decisione di atterrare su uno sconosciuto pianeta, capace di ospitare forme di vita. Una volta sbarcato su di esso, il manipolo di “pionieri” tra i quali svettano Daniels (Katherine Waterston), vedova del precedente comandante, e Walter (Michael Fassbender), un androide, non sono però pronti ad accettare e ad affrontare le pericolose creature che abitano quel luogo.

Un cast stellare di altissimo livello, effetti speciali ineccepibili, la sapiente mano dello storico “papà” alla regia e uno struggente legame affettivo con la saga di partenza non bastano a rilanciare un franchise storico come Alien. Questo nuovo Alien: Covenant ha il sapore di un’abile manovra commerciale, di un ennesimo tassello per destare l’attenzione – sopita – dei fan dopo gli altalenanti esiti di sequel, prequel e spin-off. L’interesse più voyeuristico dello spettatore si legherà, sicuramente, alla sotto-trama più filosofica che permette di riprendere fiato, tra un guizzo gore e una serpeggiante inquietudine sci-fi, riflettendo sul dramma umano e morale degli androidi.

Echi di Blade Runner risuoneranno di sicuro nella mente del pubblico, lasciando correre la memoria ai gloriosi tempi in cui gli androidi sognavano pecore elettriche, frattali e percorrevano i bastioni di Orione; l’incontro tra Walter e David, uno il doppelgänger dell’altro, è un versione moderna del mito di narciso che rincorre sé stesso, nella rilettura “sci-fi post pop culture” che ne avrebbe potuto fare Philip K. Dick e che ne fa Scott.

Il ritorno, prepotente, dell’ambiguo personaggio di David (sempre interpretato da un impeccabile Michael Fassbender) contamina l’universo da blockbuster trasformandolo dall’ennesimo, eccessivo, catastrofico scenario spaziale in qualcosa di molto più pericoloso, subdolo e terribile, legando a doppio filo la genesi e la fine del genere umano alla follia di quest’ultimo e delle sue emanazioni (gli androidi, appunto).

Ancora una volta, al centro dell’azione, c’è una donna: come la Ripley di Sigourney Weaver, anche la Daniels di Katherine Waterston è capace di prevedere – e valutare – azioni e reazioni, fronteggiando un nemico orribile e letale ma senza mai perdere di vista il proprio lato fragile e umano, la vera e unica differenza che ci separa dagli androidi dalle forme umanoidi e dagli xenomorfi, abortiti esempi d’una umanità in fieri.

Alien: Covenant non fallisce le aspettative riguardo alla volontà di offrire un puro divertissement di fantascienza, nel quale Scott può riversare tutto il suo rinnovato amore per il genere splatter senza perdere di vista la saga originale che ha “battezzato”, ben trentacinque anni fa.

Allo stesso tempo, però, non segna uno spartiacque significativo e non si costituisce in quanto anello di transizione nella nascita degli xenomorfi; piuttosto somiglia ad un passaggio di testimone obbligato tra un vecchio modello e uno più aggiornato ai moderni gusti cinematografici degli spettatori medi.

Guarda il trailer ufficiale di Alien: Covenant

Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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